SENZA PENTECOSTE NON SI VINCE LA PAURA

SOLENNITA’ DI PENTECOSTE

anno C (2022)

At 2,1-11; Rm 8,8-17; Gv 14,15-16.23-26

 

Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre. Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

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Un sant’uomo ortodosso ha definito la vita cristiana come la vita nuova che si manifesta nella scoperta continua dello Spirito di Dio in noi (Simeone il nuovo teologo). Mi sembra una sintesi felice, una specie di titolo da dare alla liturgia della parola in questa solenne festa di Pentecoste. Difatti, la 1a lettura ci ricorda l’evento fondante che realizza la promessa di Gesù. Nella loro fiduciosa e obbediente attesa, i discepoli hanno permesso allo Spirito Santo di irrompere nella loro vita, destando uno straripante stupore tra la folla di giudei accorsa dai dintorni (At 2,5-7). L’espressione “furono colmati di Spirito Santo” (At 2,4) poi, esprime bene l’esperienza su cui S.Paolo (2a lettura) riflette teologicamente, parlando dell’inabitazione dello Spirito di Dio nell’uomo credente. Per ben 3 volte in 2 versetti l’apostolo rimarca la nuova condizione del credente, perché abitato dallo Spirito Santo (Rm 8,9-11). Le parole di Gesù nel vangelo sigillano questo grande mistero di salvezza: con lo Spirito Santo che ci è stato dato in dono, Gesù e il Padre prendono dimora nel nostro cuore (Gv 14,23). Dio si è come “cronicizzato” nella nostra carne, in un modo tale che ogni uomo che risponde al suo amore diventi una finestra che si apre sulla vita eterna.

Pentecoste

Le parole di Gesù comunicano l’ardente desiderio di Dio: darci il suo Spirito è la sua volontà, la sua gioia, la verità che ci insegna e ci ricorda ogni parola del Signore. Perciò per noi credenti pregare/invocare lo Spirito Santo dovrebbe essere pane quotidiano, dovrebbe essere un’abitudine stabile, come l’aria che respiriamo o l’acqua che beviamo: sarebbe la prova inconfutabile della nostra convinzione che senza di Lui non possiamo fare nulla (Gv 15,5). Ma siamo davvero convinti che sia così? Tanti secoli fa, le persecuzioni costringevano i cristiani a riunirsi nelle catacombe, perché la loro vita “parlava” di Dio e smascherava la menzogna del mondo che li rifiutava. Affidati e sostenuti dallo Spirito, affrontarono torture e morte per il nome di Gesù. Invece oggi vediamo tanti cristiani chiudersi da soli nelle loro case, come fossero delle catacombe per stare alla larga dagli altri. Li vediamo chiudersi alle relazioni con persone che vengono da popoli diversi, chiudersi davanti alle molteplici sfide di cambiamento che giungono dalla realtà che li circonda. Diciamocelo francamente: non la fede, ma la paura sembra regnare incontrastata in noi e attorno a noi. Come uscire da una vita segnata e guidata dalla paura?

Gesù nel vangelo ci dice che con l’invio dello Spirito Santo avverrà che ci ricorderà quanto ci ha detto (Gv 14,26) e che i suoi discepoli lo testimonieranno (Gv 15,26-27). Se migliaia e migliaia di uomini e donne in passato giunsero a testimoniare tra indicibili sofferenze e persino fino a spargere il loro sangue, tutto ciò è un primo, inconfondibile segno della presenza e dell’azione dello Spirito nei credenti. Ma io amo soffermarmi come il nostro caro papa Francesco (cfr. il primo capitolo di Gaudete et exsultate), su segni ancora più piccoli. Qualche tempo fa mi toccò nel profondo leggere la notizia di un uomo, autista di una azienda di trasporto pubblico, che stava alla guida di un autobus con dei bambini che rientravano da scuola. Ebbe un grave malore ma, prima di perdere i sensi, ha rallentato, ha accostato il pullman al bordo della strada, è riuscito a fermarlo e poi è morto mettendo al sicuro i bimbi. Ecco, credo che questi ultimi, brevi secondi che lo hanno separato dalla morte, siano stati un segno dello Spirito Santo e, naturalmente, di un uomo che gli ha permesso di agire. La strada per uscire da una vita dominata dalla paura c’è: obbedire all’azione dello Spirito Santo.

S.Paolo nella seconda lettura ci dice che non abbiamo ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura perché siamo figli e possiamo gridarlo apertamente (Rm 8,15). Ci invita a camminare secondo lo Spirito, perché siamo entrati in un’era nuova sotto il suo dominio (Rm 8,9). Ma questa libera decisione è per sé stessa fonte di un conflitto: noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete (Rm 8,12-13). Perciò anche i loro frutti sono diametralmente opposti (cfr. Gal 5,19-22). Anche se questa dimensione di lotta non sarà mai estinta finché camminiamo sulla terra, possiamo tuttavia esser certi: chi si lascia guidare dallo Spirito appartiene a Gesù Cristo (Rm 8,11), dunque a Colui che ha già vinto il mondo e dona la sua vittoria a chi gli si affida.

Qualcuno si chiederà: come fare per obbedire allo Spirito Santo? Come poter riconoscere la sua voce? Come vivere dello Spirito, cioè, come lasciarsi guidare da Lui? Non ho alcuna pretesa di dare indicazioni puntuali in merito, soprattutto se consideriamo quello che Gesù stesso dice in proposito, come riferisce il vangelo di Giovanni in un colloquio con Nicodemo: il vento soffia dove vuole, e tu ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va (Gv 3,8). Queste “coordinate” ci dicono quanto sia più fondamentale, prima di cercare la risposta a quelle domande, trovare in sé stessi una disponibilità sempre più totale per essere docili alle ispirazioni dello Spirito. Chi vuol seguire il Signore infatti, deve essere disposto a tutto. E qui viene il difficile e il bello. Difficile, perché lo Spirito Santo è l’Amore che ti chiede di perdere il tuo “io” così inclinato ad essere sempre al centro, così interessato a tenere sotto controllo tutto e tutti, e questo non è indolore. Bello, perché lo Spirito è la verità/amore che ti libera da te stesso, dai tuoi capricci, dalle tue false sicurezze, dalla tua voglia di essere quello che non sei. E ti libera per farti un dono più grande, l’unico in grado di dare una gioia vera all’uomo: quello di amare, cioè di fare degli altri e di Dio il centro della vita. Allora vieni ancora oggi, Spirito creatore, e donaci un cuore nuovo!

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SIN PENTECOSTES NO SE VENCE EL MIEDO

Un santo hombre ortodoxo ha definido la vida cristiana como la vida nueva que se manifiesta en el descubrimiento continúo del Espíritu de Dios en nosotros (Simeón el nuevo teólogo). Me parece una síntesis feliz, una especie de título para dar a la liturgia de la palabra en esta solemne fiesta de Pentecostés. De hecho, la lectura nos recuerda el evento fundamental que realiza la promesa de Jesús. En su espera confiada y obediente, los discípulos han permitido al Espíritu Santo irrumpir en sus vidas, despertando un asombro desbordante entre la multitud de judíos que acuden de los alrededores (He 2,5-7). La expresión “fueron colmados del Espíritu Santo” (He 2,4) luego expresa bien la experiencia sobre la cual S. Pablo (2da lectura) reflexiona teológicamente, hablando de la inhabitación del Espíritu de Dios en el hombre creyente. Por 3 veces en 2 versículos el apóstol subraya la nueva condición del creyente, porque habitado del Espíritu Santo (Rm 8,9-11). Las palabras de Jesús en el evangelio sellan este gran misterio de salvación: con el Espíritu Santo que nos ha sido dado como don, Jesús y el Padre toman morada en nuestro corazón (Jn 14,23). Dios se ha como “crónicizado” en nuestra carne, de un modo tal que cada hombre que responde a su amor se vuelva como una ventana que se abre hacia la vida eterna.

Las palabras de Jesús comunican el ardiente deseo de Dios: darnos su Espíritu es su voluntad, su gozo, la verdad que nos enseña y nos recuerda cada palabra del Señor. Por lo cual para nosotros creyentes rezar/invocar el Espíritu Santo debería ser pan cotidiano, debería ser una costumbre estable, como el aire que respiramos o el agua que tomamos: sería la prueba irrefutable de nuestra convicción que sin Él no podemos hacer nada (Jn 15,5). Pero ¿estamos de verdad convencidos que sea así? Hace tantos siglos, las persecuciones obligaban a los cristianos reunirse en las catacumbas, porque la vida de ellos “hablaba” de Dios y desenmascaraba la mentira del mundo que los rechazaba. Confiados y sostenidos por el Espíritu, afrontaron torturas y muerte por el nombre de Jesús. En cambio, hoy vemos a tantos cristianos cerrarse solos en sus casas, como si fueran catacumbas para estar a lo lejos de los demás, los vemos cerrarse a las relaciones con personas que vienen de pueblos diferentes, cerrarse frente a los múltiples desafíos de cambios que llegan de la realidad que los circunda. Digámonoslo francamente: no la fe, sino el miedo parece reinar sin oposición en nosotros y alrededor de nosotros. ¿Cómo salir de una vida marcada y guiada por el miedo?

Jesús en el evangelio nos dice que con el envío del Espíritu Santo sucederá que nos recordará todo lo que nos ha dicho (Jn 14,26) y que sus discípulos lo testimoniarán (Jn 15,26-27). Si millones y millones de hombres y mujeres en el pasado alcanzaron a testimoniar entre indecibles sufrimientos e incluso hasta derramar su sangre, todo esto es una primera, inconfundible señal de la presencia y de la acción del Espíritu en los creyentes. Pero yo amo detenerme como nuestro querido Papa Francisco (cfr. El primer capítulo de Gaudete et exsultate), sobre señales todavía más pequeños. Algún tiempo atrás me tocó profundamente leer la noticia de un hombre, chofer de una empresa de transporte público, que estaba al manejo de un autobús con algunos niños que regresaban del colegio. Se sintió gravemente mal, pero antes de perder los sentidos, bajó la velocidad, cuadró el autobús al borde de la pista, logró a apagarlo y luego murió poniendo a salvo a los niños. Creo que estos últimos, breves segundos que lo han separado de la muerte, haya sido una señal del Espíritu Santo y, naturalmente de un hombre que le ha permitido actuar. El camino para salir de una vida dominada por el miedo está: obedecer a la acción del Espíritu Santo.

Pablo en la segunda lectura nos dice que no hemos recibido un espíritu de esclavos para caer en el miedo porque somos hijos y podemos gritarlo abiertamente (Rm 8,15). Nos invita a caminar según el Espíritu, porque hemos entrado en una era nueva bajo su dominio (Rm 8,9). Pero esta libre decisión es por sí misma fuente de un conflicto: no vivamos según la carne, pues no le debemos nada. Si viven según la carne, necesariamente morirán; más bien den muerte a las obras del cuerpo mediante el espíritu, y vivirán (Rm 8,12-13). Por lo cual también sus frutos son diametralmente opuestos (cfr. Gal 5,19-22). También si esta dimensión de lucha no será nunca extinguida hasta que caminemos sobre la tierra, podemos de todos modos estar ciertos: quien se deja guiar por el Espíritu pertenece a Jesucristo (Rm 8,11), entonces a Aquél que ya venció al mundo y dona su victoria a quien se confía.

Alguno se preguntará: ¿cómo hacer para obedecer al Espíritu Santo? ¿cómo poder reconocer su voz? ¿cómo vivir del Espíritu, o sea, como dejarse guiar por Él? No tengo ninguna pretensión de dar indicaciones puntuales en mérito, sobre todo si consideramos lo que Jesús mismo dice a propósito, como refiere el evangelio de Juan en un diálogo con Nicodemo: el viento sopla donde quiere, y tu sientes su voz, pero no sabes de dónde viene ni a donde va (Jn, 38). Estas “coordinadas” nos dicen cuánto sea más fundamental, antes de buscar la respuesta a aquellas preguntas, encontrar en sí mismos una posibilidad siempre más total para ser dóciles a las inspiraciones del Espíritu. Quien quiere seguir al Señor de hecho, debe estar dispuesto a todo. Y aquí viene lo difícil y lo bello. Difícil, porque el Espíritu Santo es el Amor que te pide de perder tu “yo” así inclinado a estar siempre al centro, así interesado a tener bajo control todo y a todos, y esto no es indoloro. Bello, porque el Espíritu es la verdad/amor que te libera de ti mismo, de tus caprichos, de tus falsas seguridades, de tu querer ser quien no eres. Y te libera para darte un don más grande, el único en grado de dar una alegría verdadera al hombre: aquello de amar, o sea de hacer de los demás y de Dios el centro de la vida. Entonces ven todavía hoy, Espíritu creador, ¡y dónanos un corazón nuevo!        

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