DOVUNQUE PASSA, EGLI CHIAMA

II DOMENICA DEL T.O.

anno B (2024)

1Sam 3,3-10.19; 1Cor 6,13-15.17-20; Gv 1,35-42

 

Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

___________________________

Questa domenica troviamo indubbiamente, quale tema offerto dalla liturgia della Parola, la vocazione. Vocazione nella 1a lettura (chiamata di Samuele), vocazione dei primi discepoli nel vangelo, vocazione di tutti i cristiani alla santità nella 2a lettura. Ma la vita di oggi è interpretata come vocazione? C’è ancora chi accoglie la propria vita come una chiamata? Credo che il problema gigantesco di oggi, ma anche affascinante, sia recuperare il senso vocazionale della vita. E qui ci dobbiamo mettere proprio tutti al lavoro. Bisogna ricominciare daccapo. Bisogna ricominciare daccapo con la rigenerazione della fede e un nuovo modo di trasmetterla. Bisogna ricominciare daccapo in famiglia, nella scuola, dappertutto. Tuttavia, non so se tutti leggiamo la realtà così, persino nella stessa madre chiesa. Se però la curva della fede viene meno da un bel po’ di tempo, se il cristianesimo, come cultura, è ormai sparito in tante dimensioni della vita umana, non so quanto tempo possiamo ancora permetterci di analizzare e discutere su questo dato incontrovertibile. Vediamo se nel vangelo ci viene offerta qualche intuizione, per capire da dove ripartire perché la vita sia riscoperta come vocazione.

Se il vangelo è sempre attuale, allora prima di tutto, ci ricorda che Gesù passa anche oggi nelle nostre vite. Egli è vivo e sempre all’opera. Siamo noi che, se non lo vediamo passare, se non riusciamo a fissare il nostro sguardo su di Lui, forse è perché guardiamo altrove, ma non dove Lui passa. Allora diventa di somma importanza affidarsi a uno che lo sguardo ce l’ha fisso su Gesù. Uno così, come Giovanni il Battista, ti lancia su di Lui, non ti trattiene a sé. Uno così, lavora con la parola e con l’azione perché tu possa incontrare Gesù: egli infatti sa che solo Gesù è il segreto della vita e quindi di ogni vocazione. Per questo i primi due discepoli, secondo Giovanni evangelista, non esitano a iniziare la sequela (Gv 1,35-37). Hanno frequentato per lungo tempo un uomo il cui unico motivo di vita era annunciare la presenza imminente del Messia. Ora che il Messia è arrivato, si staccano dal maestro e questi da loro. Per quanto si viva una crisi di proporzioni epocali, anche oggi ci sono uomini e donne il cui sguardo riflette Gesù che passa. Bisogna saperli cercare e trovare, anche se faticosamente. È infatti troppo importante essere aiutati nella ricerca della propria vocazione.

20180112154623_00001

Gesù si accorge di chi lo segue. E a chiunque inizia a seguirlo per conoscerlo, rivolge lo sguardo amoroso con una domanda dalle profondità abissali: che cosa cercate? Cioè, rimanda a scoprire ciò che muove il proprio cuore a mettersi sulle sue tracce. Scoprire la propria vocazione significa scendere nel proprio cuore per verificare cosa si cerca, qual è il desiderio più profondo che lo abita, e se questo ha a che fare con Gesù. Interessantissima la risposta dei due cercatori, che è un’altra domanda: maestro, dove abiti? Cioè, dove possiamo sicuramente trovarti, qual è il luogo dove abitualmente risiedi, dove possiamo incontrarti con certezza, perché lì sei di casa? Quali sono le tue frequentazioni? È importante rivolgere le proprie domande a Gesù. Il problema è quando non abbiamo domande, o quando pensiamo che al Signore non interessino le nostre domande. Venite e vedrete. Gesù accoglie i due in ricerca. Li invita ad andare con Lui e fa una promessa aperta sul futuro: vedranno quello che hanno chiesto. Osservate la discrezione del vangelo, come annota il fatto che i due discepoli si recano con Gesù e vedono dove dimora, con tanto di precisione cronologica. Ma non dice cosa hanno visto, non ci viene detto qual era e com’era l’abitazione del Signore.

In questo modo il vangelo ci vuole dire una cosa molto importante: che appunto l’incontro con Gesù è un appuntamento che si estende per tutta la vita, che sicuramente ci lascia indelebili e puntuali ricordi (cfr. le 4 del pomeriggio), ma per conoscere e vivere la propria vocazione dobbiamo sempre desiderare sapere dove abita Gesù, per restare con Lui. Quello che è fondamentale è avviare una relazione unica e intima con il Signore e tenerla sempre aperta a questo desiderio crescente. Dunque la vocazione non si scopre solo una volta, ma si comprende nell’arco di una intera vita in una relazione sempre più profonda con Gesù. Stiamo dunque individuando da dove ripartire sempre, per aiutarci a riscoprire il senso vocazionale della vita. Se la mia relazione con Lui non è coltivata o è addirittura abbandonata, difficilmente la mia vocazione si tiene in piedi. Ma non solo. La perdita del senso missionario della vita è l’altra faccia della stessa medaglia. Come ci ricorda lo stesso vangelo, chi ha incontrato Gesù vive subito l’ardente desiderio di farlo incontrare ad altri (Gv 1,40-42). Se il fine di ogni vocazione è Gesù, ogni vocazione mette in stato di missione ciascun discepolo. Vocazione e missione risorgono se si rinnova l’incontro con Gesù.

****************

DONDEQUIERA QUE PASE, ÉL LLAMA

Este domingo encontramos indudablemente, como tema ofrecido por la liturgia de la Palabra, la vocación. Vocación en la primera lectura (llamada de Samuel), vocación de los primeros discípulos en el Evangelio, vocación de todos los cristianos a la santidad en la segunda lectura. Pero, ¿se interpreta la vida de hoy como vocación? ¿Hay todavía quien acoge la propia vida como una llamada? Creo que el problema gigantesco de hoy, pero también fascinante, es recuperar el sentido vocacional de la vida. Y aquí tenemos que ponernos a trabajar. Hay que empezar de nuevo. Es necesario recomenzar de nuevo con la regeneración de la fe y un nuevo modo de transmitirla. Hay que empezar de nuevo en familia, en la escuela, en todas partes. Sin embargo, no sé si todos leemos la realidad así, incluso en la misma madre iglesia. Pero si la curva de la fe falla desde hace bastante tiempo, si el cristianismo, como cultura, ha desaparecido en muchas dimensiones de la vida humana, no sé cuánto tiempo podemos permitirnos analizar y discutir sobre este dato incontrovertible. Veamos si en el evangelio se nos ofrece alguna intuición, para entender de dónde partir para que la vida sea redescubierta como vocación.

Si el evangelio es siempre actual, entonces ante todo, nos recuerda que Jesús pasa también hoy en nuestras vidas. Él está vivo y siempre en la obra. Somos nosotros quienes, si no lo vemos pasar, si no logramos fijar nuestra mirada en Él, quizás sea porque miramos a otra parte, pero no donde Él pasa. Entonces se hace de suma importancia confiarse a uno que la mirada la tiene fija en Jesús. Uno así, como Juan el Bautista, te lanza sobre Él, no te retiene a sí. Uno así, trabaja con la palabra y con la acción para que puedas encontrar a Jesús: él sabe que solo Jesús es el secreto de la vida y, por tanto, de toda vocación. Por eso los dos primeros discípulos, según Juan evangelista, no dudan en iniciar el seguimiento (Jn 1,35-37). Han frecuentado durante mucho tiempo a un hombre cuyo único motivo de vida era anunciar la inminente presencia del Mesías. Ahora que el Mesías ha llegado, se separan del maestro y estos de ellos. Aunque se vive una crisis de proporciones históricas, también hoy hay hombres y mujeres cuya mirada refleja a Jesús que pasa. Es necesario saberlos buscar y encontrar, aunque sea con dificultad. En efecto, es demasiado importante ser ayudados en la búsqueda de la propia vocación.

Jesús se da cuenta de quién lo sigue. Y a quien comienza a seguirlo para conocerlo, dirige la mirada amorosa con una pregunta de las profundidades abismales: ¿qué buscan? Es decir, vuelve a descubrir lo que mueve su corazón y se pone en su camino. Descubrir la propia vocación significa bajar al propio corazón para verificar qué se busca, cuál es el deseo más profundo que lo habita, y si esto tiene que ver con Jesús. Interesante respuesta de los dos aspirantes, que es otra pregunta: Maestro, ¿dónde vives? Es decir, ¿dónde podemos encontrarte, cuál es tu residencia habitual, dónde podemos encontrarte con seguridad, por qué estás en casa? ¿Cuáles son tus frecuentaciones? Es importante dirigir las propias preguntas a Jesús. El problema es cuando no tenemos preguntas, o cuando pensamos que al Señor no le importan nuestras preguntas. Vengan y vean. Jesús acoge a los dos en búsqueda. Los invita a ir con Él y hace una promesa abierta sobre el futuro: verán lo que han pedido. Observen la discreción del evangelio, como anota el hecho de que los dos discípulos van con Jesús y ven dónde habitan, con mucha precisión cronológica. Pero no dice lo que han visto, no nos dice cuál era y cómo era la morada del Señor.

De este modo el evangelio nos quiere decir algo muy importante: que precisamente el encuentro con Jesús es una cita que se extiende por toda la vida, que seguramente nos deja indelebles y puntuales recuerdos (cf. las 4 de la tarde)pero para conocer y vivir la propia vocación debemos desear siempre saber dónde vive Jesús, para permanecer con Él. Lo fundamental es entablar una relación única e íntima con el Señor y mantenerla siempre abierta a este deseo creciente. Por tanto, la vocación no se descubre solo una vez, sino que se comprende a lo largo de toda una vida en una relación cada vez más profunda con Jesús. Por lo tanto, estamos identificando de dónde partir siempre, para ayudarnos a redescubrir el sentido vocacional de la vida. Si mi relación con Él no es cultivada o incluso abandonada, difícilmente mi vocación se mantiene en pie. Pero no solo. La pérdida del sentido misionero de la vida es la otra cara de la misma moneda. Como nos recuerda el mismo evangelio, quien ha encontrado a Jesús vive inmediatamente el ardiente deseo de hacerlo encontrar a otros (Jn 1,40-42). Si el fin de toda vocación es Jesús, toda vocación pone a cada discípulo en estado de misión. Vocación y misión resucitan si se renueva el encuentro con Jesús.