III DOMENICA DI QUARESIMA
Es 3,1-8a.13-15; 1Cor 10,1-6.10-12; Lc 13,1-9
In queste prime due settimane di quaresima la morte ha colto di sorpresa varie persone che conoscevo. Sono stati giorni nei quali i classici interrogativi sulla nostra esistenza riaffioravano nei cuori di tanti, compreso me. Nello stesso tempo, con un gruppo di fratelli ho vissuto il Giubileo in pellegrinaggio verso Roma, sulle tracce del Signore della Misericordia. La vita è questo mistero impastato di gioia e di dolore, di luce e di oscurità. Bisogna imparare a saper vivere tenendo unite entrambe queste polarità. S.Paolo, nella 2a lettura di oggi, guardando alla storia del suo popolo chiamato dall’Egitto alla libertà come una lezione da meditare, ricorda che il nostro cammino è l’esperienza dell’attraversamento di un deserto che, a seconda di come lo affrontiamo, può diventare luogo di pericolo o di fecondità per la nostra vita.
Il Signore Gesù nel vangelo, in linea con le parole di S.Paolo, rivolge a tutti un richiamo all’urgenza della conversione. Ai tempi di Gesù c’era chi interpretava certi tragici avvenimenti di morte come l’indizio di una vita più peccaminosa (vv.1-5). Anche oggi molti pensano che la morte improvvisa o assurda che colpisce alcuni sia segno di uno sfavore divino. Niente di più equivoco per il Signore. Anzi, quelle stesse notizie che circolavano ai suoi tempi (un’uccisione premeditata e un incidente con molte vittime), diventano per Gesù occasione di richiamo ad una verità essenziale. Al credente Egli offre una comune chiave di lettura per gli eventi storici e naturali: il male presente sia nell’uomo che nelle cose create è misteriosamente connesso con il peccato, ma non sfugge di mano a Colui che ha tutto nelle sue mani. Si tratta di interpretare diversamente gli stessi eventi, anche se di segno negativo. Questi fatti evocano il nostro limite e la nostra fragilità originaria che, dopo il peccato dell’uomo, è divenuta tragica. Ogni evento insensato ed assurdo di morte ci richiama pertanto a cercare nella conversione a Dio il senso ultimo della vita (vv.3-5). Il momento presente è il punto preciso in cui ci si può convertire da una vita insensata, ovvero preoccupata solo di salvare se stessa. Insomma, Gesù offre un criterio di corretto discernimento della realtà: bisogna leggere ogni fatto come appello a passare dalla paura alla libertà, dall’egoismo al dono, dalla volontà di dominio (controllare tutti e tutto) al servizio.

Dunque, per chi crede in Lui, cos’è in fondo la nostra vita? E’ un tempo sempre propizio per convertirsi, cioè per scoprire, come dice il salmista, quanto misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore (Sal 102). Ed è uno spazio che ci è concesso dentro il quale posso rispondere (o non rispondere) a questo instancabile amore. Dietro la piccola parabola del proprietario e dell’albero di fichi sterile si cela (ma non tanto) questa invisibile realtà. Dio è Colui che si prende da sempre amorosa cura dell’uomo, ma questi non si decide a fare frutti degni di autentica conversione. Il dialogo tra il proprietario della vigna e il vignaiolo circa il fico sterile rivela il misterioso dramma interno a Dio tra giustizia (“taglialo”) e misericordia (“lascialo ancora quest’anno”) sempre in dialogo tra loro. E’ molto bella questa immagine del vignaiolo che invita il suo padrone a indulgere con l’albero, offrendo di lavorarci attorno ancora per un anno. E’ immagine della fatica di Dio a farsi ascoltare dall’uomo, è immagine del suo instancabile lavoro che circonda la nostra vita di mille attenzioni perché essa si realizzi pienamente come il fico che esiste per produrre fichi. Ed è immagine della tenera e misericordiosa pazienza verso l’uomo, sempre disposto ad accordargli una dilazione di tempo (v.9) perché la sua vita fruttifichi e non debba essere tagliata: Dio non gode della rovina del peccatore (Ez 18,23ss.). E’ immagine di quell’anno di Misericordia che, inauguratosi con la venuta di Gesù, continua per tutto il tempo del cammino della umanità, perché Egli vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità (1Tm 2,4)
Per la Scrittura una vita veramente realizzata è quella di chi scopre Dio intorno a sé circondarlo del suo amore misericordioso. Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue infermità, salva dalla fossa la tua vita, ti circonda di bontà e misericordia (Sal 102). E ancora: alle spalle e di fronte mi circondi e poni su di me la tua mano (Sal 138). Chi vive cercando ogni giorno di convertire la propria vita al Signore lo scoprirà così, ricco di misericordia. Anzi, sarà prima di tutto proprio il peccato e il dolore umano messi nelle sue mani il luogo di questa sua rivelazione. Ma il rischio per l’uomo di vivere una vita non orientata alla conversione incombe sempre. Se no, lo taglierai via (v.9): non è la minaccia di un giudizio, ma l’amara constatazione dell’ostinazione dell’uomo che, non convertitosi e non unito a Lui come il tralcio alla vite (Gv 15,1ss.), rimane sterile e incapace di riconoscere la bontà di Dio.
Ho avuto in questi giorni una esperienza personale che mi ha fatto molto pensare alla tenerezza di Dio, alle sue premure nei confronti di ognuno di noi, alla sua tenacia nel volerci ” conquistare “…. Ho un’ anziana zia che considero come una nonna (è la sorella della mia nonna materna che ho conosciuto pochissimo perché è mancata presto) e che seguo da anni. Ultimamente si è aggravata, sta invecchiando lentamente e inesorabilmente, attraversando tutte le fasi di quella che io definisco ” involuzione” che è l’ esatto contrario dell’ “evoluzione” del bambino. Sono proprio due fasi della vita speculari. Ma a parte questo che per me è sempre un bellissimo mistero, questa mia zia non è mai stata ” praticante”, ha avuto interessi che esulavano dalla fede, dalle feste religiose pur avendo un ” cuore grande” e facendo del bene a tutti i suoi nipoti.
Io non l’ho mai sentita pregare, mai ha parlato di Dio, di Angeli Custodi come fanno le ” classiche” nonne che sulle loro ginocchia insegnano ai bimbi le prime preghiere…..Ebbene, per due volte in quest’ ultimo periodo è stata tra la vita e la morte; in una delle due occasioni ero vicina a lei, non aveva la forza di parlare, respirava a stento, aveva la mascherina per l’ ossigeno ed era un po’ assopita. Non la perdevo d’ occhio un attimo…..ad un certo punto, con un filo di voce, attraverso la mascherina che le copriva parte del volto, inizia a recitare il Padre Nostro……sono rimasta sbalordita e mi sono tornate alla mente le parole del mio vecchio Parroco che diceva sempre che il “dialogo” che avviene fra un’ anima e il Padre in punto di morte, nessuno lo conosce e che il pentimento di un’ anima e quindi il suo perdono può avvenire anche negli ultimi istanti di vita.
La mia zia è ancora viva; l’ho fatta trasferire nella struttura in cui attualmente lavoro per averla più vicina.
Una infermiera che lavora con me mi ha detto che ha sentito la zia pregare mentre , assopita e in fin di vita, sembrava stare molto male.
Per me questo è un meraviglioso mistero, non voglio e non cerco nemmeno spiegazioni, non ce n’ è bisogno.
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Bellissima questa, grazie Chiara! Rimango anch’io zitto come te, davanti al Mistero….
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Riaprire ritrovare i tuoi commenti sui brani della Parola di Dio P. Giacomo, é come riaprire una finestra dopo giorni di tempesta.
Grazie, é vero che ci sono nella vita questi
chiaro-scuri, ma tu dici
“bisogna imparare a tenere unite queste polarità”.La Parola di Dio deve sostenerci, aiutarci nei momenti di difficoltà.”Anche se dovessi camminare in una valle oscura non dovrò temere alcun male, perché tu sei con me”(Sal 23).
Il brano del Vangelo di
oggi ci dice di un albero
“Un tale aveva piantato
un albero di fichi”(La 13, 6). Vorrei condividere anch’io un piccolo episodio accadutomi a scuola, durante la lezione con i bambini
di classe prima; avevo parecchi bambini che in quelle ultime due ore
chiedevano da me, ognuno per qualcosa di diverso.
Uno in particolare, Enrico, mi si avvicina e con un po’ di timidezza
mi chiede di allacciargli
le scarpe, al momento ero presa dal voler fare,
forse un po più di ordine,
e così non gli ho dato retta, subito dopo, mi sono resa conto che Enrico l’avevo reso
triste, così l’ho richiamato e mi sono chinata verso di lui legandogli le scarpe slacciate. Se io ho trattato così Enrico, cosa
fará Dio con me, userà
ancora misericordia e pazienza anche se non troverà ancora quei frutti che si aspetterebbe?
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Grazie Rosy del tuo commento! Ma quello che ti è accaduto con Enrico credo sia la migliore sintesi di quello che Gesù ci ha detto nel vangelo. Hai risposto all’invito urgente alla conversione chinandoti sulle scarpe di Enrico. Mi hai fatto pensare come anch’io tante volte do priorità di tempo al mio lavoro ben organizzato o all’ordine di cui mi vorrei circondare per poter agire meglio, mentre magari qualcuno sta bussando alla mia porta e cerca la mia attenzione/accoglienza. Normalmente io parcheggio i fratelli e faccio prima le mie cose…mi devo convertire ancora! Quanta pazienza Gesù ha con me! Quindi non temere Rosy. Se il Signore ne ha così tanta con uno come me, ne avrà a tonnellate per te!!!! Un abbraccio!
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