4a DOMENICA DI QUARESIMA “LAETARE”
Gs 5,9-12; 2Cor 5,17-21; Lc 15,1-3.11-32
Ci sono almeno 3 motivi per cui chiedo subito di armarvi di pazienza e comprensione. Eccoli:
1. I capitoli 14 e 15 del vangelo di Luca sono la parola della mia vita. Abito lì da circa 28 anni, ogni volta che sono chiamato a commentarli mi nasce sempre una gioia molto particolare, come fosse la prima volta che ascolto quelle parole: difficilmente riesco ad essere breve…
2. Nella 4a Domenica di Quaresima siamo chiamati a rallegrarci per la Pasqua vicina cercando di entrare un po di più nel mistero della gioia divina. Ma cos’è la gioia di Dio? La sua gioia e la nostra gioia sono la stessa cosa?
3. Al termine del maldestro tentativo di una sintetica riflessione sul vangelo, vi lascio il racconto di un miracolo che l’amore misericordioso di Dio ha compiuto nell’anno 2007 con il povero asinello che vi parla: il Signore non smette mai di fare il suo lavoro, mai!
Quindi, come avrete capito, sarò più lungo del solito, così potete subito esercitarvi nel perdono… In sintonia con l’ispirazione che ha mosso papa Francesco a indire un Giubileo della misericordia, ho riletto prima di tutto questo vangelo per ascoltare Gesù, ancora una volta, come quei pubblicani e peccatori (v.1) che si avvicinavano a Lui, attratti dalla sua umanità o forse desiderosi di ricevere da Lui una speranza che per le loro vite non c’era, data l’esclusione e la distanza che in quel tempo religiosi autorevoli generavano nei loro confronti con le parole e il comportamento. Lo scandalo di Gesù Cristo è già tutto qui, nell’accoglienza incondizionata offerta a tutti: costui accoglie i peccatori e mangia con loro (v.3).


Nella parabola Gesù ci racconta di un papà la cui condotta riflette questo scandalo. Il profondo rispetto della libertà di un figlio che capricciosamente pretende, ancor prima della morte del padre, l’eredità che gli spetta, sembra essere più importante del far rispettare tempi e leggi che non lo consentirebbero. Il racconto si sofferma sulla progressiva scoperta che il ragazzo fa dell’inganno nascosto in una vita dissoluta, spesa per consumare egoisticamente qualcosa che si pensava di poter “possedere”. Ma la vera, sorprendente scoperta che egli fa, dopo essere “rientrato in sé stesso“(v.17) ed aver preparato da sé un downgrade del suo status filiale per essere riaccolto a casa, è che quel papà, appena lo vede tornare all’orizzonte, gli si lancia addosso, non gli rinfaccia alcuna colpa, e invece di procedere alla retrocessione del ragazzo nello status di dipendente in servizio, lo riempie di baci, lo riveste con i segni della sua figliolanza, e indice persino ansiosamente una festa in suo onore! (vv.20-24). A questo punto bisogna dirselo: questo padre non è solo uno scandalo, questo è matto!… O no?… Che ne dici tu che stai leggendo? Ti sembra un modo corretto di affrontare quel che è realmente accaduto in quella casa? Ti sembra educativo per quel ragazzo sommergerlo di amore senza nemmeno mettere alla prova il suo pentimento? Ti sembra “giusto”, “equilibrato”, questo papà nella relazione con suo figlio? Non doveva forse quel figlio capire prima quanto aveva fatto soffrire suo padre?


Adesso andiamo a vedere il resto. Vediamo se lo scandalo si prolunga, se questo padre continua su questa linea, o se offre qualche segno di ravvedimento anche lui, rientrando di più in se stesso. C’è infatti un altro figlio che rientra dal lavoro dei campi; egli nota che qualcosa di strano sta avvenendo a casa sua. Si informa, riceve le notizie del caso e scopre pure che si mangia alla grande per il ritorno del fratello! (v.27). Questo è troppo. Si arrabbia. Proprio non se l’aspettava. Questo papà non è uno scandalo, è più di uno scandalo, è una autentica delusione come padre, non sa fare il suo mestiere, non è giusto! Non s’accorge di lui, non si accorge di tutti gli anni e delle forze date per la sua casa, della sua obbedienza pressoché perfetta, del suo non aver mai preteso niente dal padre…No, in casa non ci torna. In realtà, quel papà si era accorto di lui: si era accorto che non c’era a far festa con lui per il ritorno del fratello. Gli era uscito incontro a supplicarlo (v.28). E alle argomentazioni piuttosto fiscali del figlio risponde con una tenerezza sconvolgente: figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo (v.31). In verità il padre non risponde alle sue proteste. O meglio, quel che dice al v.32 non è motivazione ragionevole per spiegare al figlio maggiore la sua condotta: ma bisognava far festa e rallegrarsi perché questo tuo fratello era morto ed è tornato alla vita, era perduto ed è stato ritrovato. Ragionevole può essere solo per chi, leggendo questo vangelo in ogni tempo e memore solo del suo peccato, si apre alla novità assoluta che questo padre rappresenta. Perché ci sono delle ragioni del cuore che la ragione non conosce (B.Pascal), e perché l’unico modo per incontrare il Dio vivo e vero con i tratti materni di questo padre, è aprirgli il proprio cuore: il che implica riconoscersi peccatori e infedeli al suo Amore (Papa Francesco, omelia a S.Marta del 3.03.2016). La gioia di Dio è perdonare l’uomo, la sua sofferenza è vedersi impedito nel condividere la propria gioia dall’uomo stesso. Sin da piccolo sono rimasto sempre molto colpito dalla gioia delle mamme che si chinano sul proprio bimbo perché si è sporcato con i suoi bisogni naturali mentre lo lavano, gli cambiano pannolino, vestiti e gli balbettano qualcosa nella sua lingua. Non ho mai visto una mamma fare questa azione tristemente o di malavoglia: come mai se a me faceva schifo il solo vedere la cacca dei bimbi, a loro invece sembrava niente toccarla, anzi, l’azione del pulire la propria creatura era fonte di tanta gioia? E’ solo una immagine, lo so. Ma è quella più fedele al testo biblico che abbiamo davanti. Dio gioisce nel perdonarci, perché gli stiamo tanto a cuore, perché ama teneramente ognuno come una madre il proprio piccolo! (cfr. Is 49,15)


Questa volta, devo dire che quel che più mi ha colpito del vangelo, è che questo padre, dietro cui si nasconde così poco il nostro Dio, giunge a supplicare l’uomo che lo rifiuta, anche quello religioso che non lo accetta così come è. Lo supplica con la stessa dolcezza misericordiosa con cui accoglie l’uomo che si perde nei grovigli del peccato. Come non vedere questa azione divina negli instancabili appelli di papa Francesco verso i membri (laici e clericali) della chiesa di oggi? Cosa non fa il Signore pur di raggiungere il cuore della sua creatura! Perché ricordiamolo, c’è un peccato più insidioso, più difficile da togliere dal cuore umano: il peccato di chi si ritiene giusto davanti a Lui. Nel cuore del cristianesimo c’è l’annuncio inaudito e perennemente scandaloso (cfr. anche 1Cor 1,17-31) di un Dio che non ci condanna e finisce come un malfattore pur di raggiungere il cuore dell’uomo imprigionato nel suo male e rassicurarci sul suo Amore: Dio ha riconciliato a sé il mondo in Gesù Cristo non imputando agli uomini le loro colpe…Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio! Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore (2Cor 5,19.21). Anche oggi, come Paolo, ambasciatore di Gesù Cristo insieme a tanti fratelli nel sacerdozio, supplico chi sta leggendo di lasciarsi raggiungere da queste parole, dalla sua Misericordia: credere all’Amore di Dio e convertirsi, è una stessa unica azione, non c’è prima una e poi l’altra. Preghiamo insieme per avvicinarci ai giorni della Settimana Santa con il cuore aperto e pronto per accogliere l’Amore che ci viene incontro.
“Nell’anno 2007 mi trovavo nella periferia di Lima, capitale del Perù, dove ho vissuto per cinque indimenticabili anni. Una domenica mi recai come sempre nella cappella affidata alla mia cura pastorale denominata “Sacra Famiglia” della parrocchia “SS.ma Trinità”. Quel giorno il Vangelo raccontava che Dio è un Padre pieno di misericordia che attende ansioso il ritorno del figlio più giovane e che “spinge” in casa il figlio maggiore perché condivida la gioia del suo ritrovamento. Entrai nel piccolo cortile della povera cappella e, da lontano, subito notai un uomo seduto in modo po’ insolito, ricurvo, su una pietra collocata in una aiuola. Seduto così, in mezzo ad altre piante, mi sembrava una piantina ormai giunta alla fine del suo tempo. “Padre Giacomo, c’è un amico di famiglia che avrebbe bisogno di parlarle”, mi disse una collaboratrice della parrocchia. Lo ricevetti e mi accorsi che era proprio quell’uomo visto poco prima all’ingresso. Capii subito che si trattava di una confessione, anche se non ci fu diretta richiesta dall’interessato. “Sa Padre, poche settimane fa ho perso l’amicizia e la fiducia di mia moglie e delle mie figlie: stanche della mia dipendenza dall’alcool e delle violenze psicologiche a cui le sottoponevo, mi hanno cacciato fuori di casa. Avevo già perso gli amici, il lavoro e i pochi risparmi rimasti, ora ho perso anche loro. Poi, tre giorni fa due uomini hanno atteso il momento propizio e mi hanno derubato delle ultime cose che possedevo. Sono rimasto senza niente, senza casa, senza famiglia, senza amici, senza soldi, senza lavoro… Allora mi sono chiesto se poteva davvero finire tutto qui o se ci fosse ancora qualcuno cui potevo ancora stare a cuore… Ho deciso di venire qua, sentivo il bisogno di parlarne…”. Il volto di Gonzalo, una cinquantina di anni e un peso troppo grande nel cuore, non lasciava trasparire la minima emozione, ma la pacata serietà con cui parlava mi fece immaginare che quella desolazione era figlia di qualche dolore più antico. “Nella vita ho commesso dei grande sbagli, di quelli che non si possono più correggere, e allora vorrei capire perché mai sono venuto al mondo, se tutto ciò che faccio è sbagliato. Mio padre, saputo del mio concepimento, abbandonò mia madre. Lei morì quando avevo tre anni, e da allora sono passato di casa in casa, da una zia all’altra… sembrava che per tutti fossi solo un problema da risolvere piuttosto che un figlio da amare. Non penso di aver conosciuto che cos’è l’amore, che cos’è una famiglia, che cosa significhi sapere di essere nel cuore di qualcuno… Così mi ritrovai presto per la strada, tra le gang giovanili della città, a sfogare la mia rabbia in tutti quei modi che può immaginare. Ma un giorno arrivò una colpa irreparabile: uccisi un rivale durante uno scontro tra bande. Quel giorno non lo potrò mai più dimenticare. Decisi di rompere con le gang giovanili e imparai a lavorare il legno. Conobbi Juana e, vivendo con lei, pensai che tutto sarebbe passato, invece cominciai a bere e a non riuscire ad essere quell’onesto lavoratore che volevo essere. Nemmeno la presenza delle mie bimbe riusciva più a frenarmi. Dopo le mie ubriacature mi sentivo sempre più in colpa, cercavo di uscirne con i miei sforzi, ma più mi sforzavo più ricadevo rovinosamente. Non so dirle quanto la mia famiglia ha sofferto per causa mia, quante volte mi hanno riaccolto ubriaco. Ora però sono definitivamente fuori di casa da più di due mesi”. “Dove stai dormendo ora ?” – gli chiesi. Vidi sul volto di Gonzalo un leggero sussulto, un’emozione che cercava di farsi spazio. “In un’auto abbandonata fuori la falegnameria dove stavo lavorando… ma non mi riesci di dormire bene… in quell’auto vengono inattesi ospiti… ci vengono a dormire anche i topi…”. Ad entrambi cominciarono ad uscire, timide, le lacrime, anche se evitavamo di guardarci nel volto. Allora annunciai con semplicità il Vangelo che di lì a poco avremmo ascoltato nella s.Messa. Mentre gli parlavo dell’Amore di Dio, Gonzalo mi guardava come se vedesse per la prima volta il mondo che lo circonda. Assistevo ancora una volta all’incomparabile spettacolo della Misericordia Divina nel cuore dell’uomo. “Dio ti stava aspettando per dirti questo: tu sei e per sempre sarai suo figlio. Oggi tutto il Cielo con Dio è in festa per te, Gonzalo!Non lo dico io, lo dice la parola di Dio!”. Il suo stupore divenne presto commozione, la commozione un atto di fede. Finalmente Gonzalo sapeva che poteva vivere nel Cuore di Qualcuno che non l’aveva mai abbandonato. “Ti piacerebbe fare qualcosa perché anche tua moglie e le tue figlie possano giungere a perdonarti come oggi ha fatto Dio?”. “Certamente”,- mi disse ancora stupefatto. “Allora aspettami dopo la Messa perché andremo subito a casa tua: diremo quello che è successo oggi, poi chiederemo loro perdono insieme e ce ne andremo”. Gonzalo accettò e così, dopo l’Eucaristia, ci incamminammo verso casa sua. Venne ad aprirci la figlia maggiore che al solo vedere il papà ebbe una brusca ritrazione. “Sono padre Giacomo, vorrei parlare con la mamma e chiedo il permesso di venire in casa con il tuo papà”. Acconsentì solo per la mia presenza. La moglie era a letto, influenzata e con un braccio fratturato. Il suo volto esprimeva tutta la storia di dolore di quella povera famiglia. Chiesi di chiamare le figlie al suo capezzale, poi raccontai loro quel che era accaduto in chiesa mentre Gonzalo ascoltava in silenzio a capo chino. Poi entrambi ci inginocchiammo davanti a loro. “Perdonatemi”, disse quell’uomo con voce roca e strozzata dall’emozione. Aggiunsi: “Vi invito insieme con me a chiedere a Dio di farci conoscere quell’amore che oggi ha manifestato a Gonzalo e, nel tempo, a imparare a darglielo come ha fatto Lui”. Ci alzammo e, mentre eravamo sul punto di uscire dalla stanza senza altre richieste, Juana prese la parola e disse: “Grazie Padre”. Mi girai verso di lei e in un solo colpo d’occhio mi parve che il Crocifisso sopra il suo letto fosse una sola cosa con la sua persona. Gli occhi di Juana avevano ripreso speranza, quasi mi sorridevano. Quello sguardo e la sua accoglienza furono la prova tangibile del miracolo della Misericordia Divina. Uscimmo da lì e per un po’ di tempo andai a visitare Gonzalo nella sua nuova “casa”, l’auto abbandonata. Il datore di lavoro lo aveva ripreso in falegnameria per affidargli qualche piccolo lavoretto. Andavo a dargli la buonanotte nella sua insolita abitazione ed egli si mostrava sempre contento di vedermi. Dopo qualche settimana la notizia: “P.Giacomo, mi hanno permesso di tornare a casa! Due delle mie tre figlie ancora non mi rivolgono neppure la parola, ma non importa, non posso chiedere alla vita tutto e subito…”. Una sera mi recai a casa loro con l’intento di fare una sorpresa. Si avvicinava Natale e volli fermarmi a conversare e mangiare qualcosa in loro compagnia. Non tutto era risolto tra moglie e marito, ma sicuramente era tornata nei cuori la speranza. Partii per tornare in Italia. Dopo alcuni mesi, ricevetti una commovente lettera di Juana. “Carissimo padre Giacomo… a volte affiora in me ancora la paura che Gonzalo possa ritornare ad essere violento e schiavo dell’alcool, ma ormai c’è qualcosa di nuovo in casa che non so neppure spiegare… Una presenza di pace… Gonzalo non è più quello di prima, anche se a volte si concede qualche pausa… Ho ritrovato la speranza, anzi, credo che Gonzalo, dopo di me, riuscirà a riconciliarsi anche con le nostre figlie. Prego per questo e ti chiedo di pregare con me. Grazie!”
PER LA GLORIA DI DIO CHE E’ LA SUA MISERICORDIA!
Hay almenos 3 motivos por la cual pido inmediatamente que se armen de paciencia y comprensión. He aqui:
- Los capítulos 14 y 15 del evangelio de Lucas son la palabra de mi vida. Vivo allí desde casi 28 años, cada vez que estoy llamado a comentarlas me nace siempre un gozo muy particular, como si esas palabras fueran la primera vez que las escucho: dificilmente logro a ser breve…
- En el 4° Domingo de Cuaresma estamos llamados a alegrarnos por la Pascua ya cercana intentando entrar un poco más en el misterio del gozo divino. Pero ¿qué cosa es el gozo de Dios? ¿Su gozo y nuestro gozo son la misma cosa?
- Al final del torpe tentativo de una reflexión sintética sobre el evangelio, les dejo la narración de un milagro que el amor misericordioso de Dios ha cumplido en el año 2007 con el pobre burro que les habla: el Señor no termina nunca de hacer su trabajo, nunca!
Entonces, como han entendido, seré más largo de lo normal, así podrán inmediatamente ejercitarse en el perdón… En sintonía con la inspiración que ha movido a papa Francisco a convocar un Jubileo de la Misericordia, he releido antes de todo este evangelio para escuchar a Jesús, una vez más, como aquellos publicanos y pecadores (v.1) que se acercaban a Él, atraidos por su humanidad o quizás deseosos de recibir de Él una esperanza que para sus vidas no había, dada la exclusión y la distancia que en aquel tiempo los religiosos con autoridad generaban en su contra con las palabras y el comportamiento. El escandalo de Jesucristo está todo ya aquí, en la acogida incondicional ofrecida a todos: este hombre recibe a los pecadores y come con ellos (v.3). En la parabola Jesus nos cuenta de un papá que con su conducta refleja este escandalo. El profundo respeto de la libertad de un hijo que caprichosamente pretende, todavía antes de la muerte del padre, la herencia que le corresponde, parece ser más importante que hacer respetar tiempos y leyes que no lo consentirián. La narración se detiene en el progresivo descubrimiento que el joven hace del engaño escondido en una vida disoluta, gastada por consumir egoístamente algo que se pensaba poder “poseer”. Pero el verdadero, sorprendente descubrimiento que él hace, después de “entrar en sí mismo” (v.17) y haberse preparado un downgrade de su estado filial para ser nuevamente acogido en la casa, es que ese papá, apenas lo ve regresar por el horizonte, se le lanza encima, no le saca en cara ninguna culpa, y en cambio de proceder al retroceso del joven en el estado de dependiente en servicio, lo llena de besos, lo reviste con los signos de su filiación, y hasta convoca ansiosamente una fiesta en su honor! (vv.20-24). A este punto es necesario decirlo: este padre no solamente es un escándalo, este está loco!… O no?… ¿Qué dices tú que estás leyendo? ¿Te parece un modo correcto de afrontar lo que realmente ha sucedido en esa casa? ¿Te parece educativo para ese joven sumergirlo de amor sin nisiquiera poner a la prueba su arrepentimiento? ¿Te parece “justo”, “equilibrado”, este papá en la relación con su hijo? ¿No debería quizás ese hijo entender antes de todo lo que había hecho sufrir a su padre?.
Ahora vamos a ver el resto. Veámos si el escándalo se prolonga, si este padre continúa en esta línea, o si ofrece alguna señal de arrepentimiento también él, entrando aún más en sí mismo. Hay de hecho otro hijo que regresa del trabajo en el campo; él nota que algo extraño está sucediendo en su casa. Se informa, recibe las noticias del caso y descubre además que se come a la grande por el regreso del hermano! (v.27). Esto es demasiado. Se enfada. Esto no se lo esperaba. Este papá no es un escandalo, es más que un escándalo, es una autentica desilusión como padre, no sabe hacer su trabajo, ¡no es justo! No se da cuenta de él, no se da cuenta de todos los años y de las fuerzas dadas por su casa, de su obediencia casi perfecta, de su no haber nunca pretendido nada del padre… No, a la casa no regresa. En realidad, ese papá se había dado cuenta de él: se habia dado cuenta que no estaba haciendo fiesta con él por el regreso de su hermano. Le salió al encuentro para suplicarlo (v.28). Y a las argumentaciones bastante fiscales del hijo responde con una ternura sobrecogedora: hijo, tú estas siempre conmigo y todo lo que es mío es tuyo (v.31). En verdad el padre no responde a sus protestas. O mejor dicho, lo que dice en el v.32 no es una motivación razonable para explicar al hijo mayor su conducta: pero era necesario hacer fiesta y alegrarse porque este hermano tuyo estaba muerto y ahora vive, estaba perdido y ha sido encontrado. Razonable puede ser solo para quien, leyendo este evangelio en cada tiempo y en memoria solo de su pecado, se abre a la novedad absoluta que este padre representa. Porque hay razones del corazon que la razón no conoce (B. Pascal), y porque el único modo para encontrar al Dios vivo y verdadero con los razgos maternos de este padre, es abrirle el proprio corazón: lo que implica reconocerse pecadores e infieles a su Amor (Papa Francisco, homilía en S. Marta del 3.03.2016). El gozo de Dios es perdonar al hombre, su sufrimiento es verse impedido en compartir el proprio gozo del mismo hombre. Desde pequeño siempre me he quedado impactado del gozo de las mamás que se agachan sobre su propio bebé porque se ha ensuciado con sus necesidades naturales mientras lo lavan, le cambian el pañal, la ropa y le balbucean algo en su idioma. Nunca he visto a una mamá hacer esta acción tristemente o de malagana: ¿cómo así si a mi me daba asco solo ver la caca de los niños , a ellas en cambio no les hacía nada tocarlo, además, la acción de limpiar a la propia criatura era fuente de tanto gozo? Es solo una imagen, lo sé. Pero es la más fiel al texto bíblico que tenemos delante. Dios actua en el perdonarnos, porque le estamos tanto a pecho, porque ama tiernamente a cada uno como una madre al proprio hijo! (cfr. Is 49,15)
Esta vez, debo decir que lo que me ha impactado mas del evangelio, es que este padre, detras del cual se esconde asi poco nuestro Dios, alcanza a suplicar al hombre que lo rechaza, también el religioso que no lo acepta así como es. Lo suplica con la misma dulzura misericordiosa con la cual acoge al hombre que se pierde en los enredos del pecado. ¿Cómo no ver esta accion divina en los incansables llamados de Papa Francisco hacia los miembros (laicos y clérigos) de la iglesia de hoy? ¡Qué cosa no hace el Señor contal de alcanzar el corazón de la criatura! Porque recordemoslo, hay un pecado más insidioso, más dificil de quitar del corazón humano: el pecado de quien se retiene justo delante de Él. En el corazón del cristianismo está el anuncio inaudito y perennemente escandaloso (cfr. también 1Cor 1,17-31) de un Dios que non se condena y termina como un malhechor contal de alcanzar el corazón del hombre prisionera en su mal y asegurarse de su Amor: Dios ha riconciliado con él al mundo en Jesucristo no imponiendo a los hombres su culpa…Lessuplicamos en nombre de Cristo: déjense reconciliar con Dios! Aquel quee no había conocido pecado, Dios lo hizo pecado a nuestro favor (2Cor 5,19.21) También hoy, como Pablo, embajador de Jesucristo junto a tantos hermanos en el sacerdocio, suplico a quien está leyendo de dejarse alcanzar de estas palabras, de su Misericordia: creer al Amor de Dios y convertirse, es una misma única acción, no hay antes una y luego la otra. Recemos juntos para acercarnos a los dias de la Semana Santa con el corazón abierto y listo para acoger al Amor que viene en nuestro encuentro.
En el año del Señor 2007 me encontraba en la perifería de Lima, en Perú, donde he vivido por cinco años inolvidables. Un día fui a la capilla de la “Sagrada Familia” de la parroquia La Trinidad, siendo encargado de la pastoral. Ese domingo el Evangelio nos decía que Dios es un Padre Misericordioso que espera ansioso el regreso del hijo más joven y que “empuja” hacia la casa al hijo mayor para gozar junto a Él por su regreso. Entre en el pequeño patio de la pobre capilla y desde lejos noté a un hombre sentado de manera un poco insólita, encurvado, apoyado sobre una piedra colocada en un pequeño jardín. Sentado así, en medio a las otras plantas, me parecía una plantita que ya había llegado al final de su vida.
“Padre Giacomo, tengo un amigo de familia que necesita hablarle”, me dijo una participante de la parroquia. Lo recibí y me dí cuenta que era justamente aquél hombre que poco antes había visto a la entrada. Entendí inmediatamente que se trataba de una confesión, aunque si no me lo pidió directamente el interesado. “Sabe Padre, hace pocas semanas he perdido la amistad y la confianza de mi esposa y de mis hijas: cansadas de mi alcoholismo y de la violencia psicológica a la cual las sometía, me han botado de la casa. Ya había perdido a mis amigos, el trabajo y los pocos ahorros que me quedaban, ahora he perdido también a ellas. Además, hace tres dias dos hombres han esperado el momento oportuno y me han robado las ultimas cosas que poseia. Me he quedado sin nada, sin casa, sin familia, sin amigos, sin dinero, sin trabajo… Entonces me he preguntado si todo podia terminar aquí o si todavia habia alguien a quien yo le podría importar. He decidido venir aquí, porque sentía la necesidad de hablar de esto…”
El rostro de Gonzalo, de cuarenta y ocho años y un peso demasiado grande en el corazón, no dejaba reflejar la mínima emoción, pero la sosegada seriedad con la cual hablaba me hizo imaginar que aquella desolación era fruto de algún dolor más antiguo.
He cometido grandes errores en la vida, de esos que no se pueden corregir más, y entonces quisiera entender por que entonces he venido al mundo, si en todo lo que hago me equivoco. Mi padre, cuando supo de mi concepción, abandonó a mi madre. Ella murió cuando tenía tres años, y desde entonces he pasado de casa en casa, de una tia a la otra… parecía que para todos era solo un problema que resolver en cambio de ser un hijo al cual amar. No creo haber conocido qué es el amor, qué es una familia, que cosa signifiqui saberse en el corazón de alguien… De esta manera me encontré rapidamente en la calle, entre pandilleros de la ciudad, a desahogar mi rabia en todos esos modos que puede imaginar… Pero un día llego una culpa irreparable: maté a un rival durante una pelea entre bandas. Aquél dia no lo podré olvidar nunca. Decidí terminar con las pandillas y aprendí a trabajar la madera. Conocí a Juana y, viviendo con ella, pense que todo hubiera pasado, en cambio comencé a tomar y a no lograr a ser ese honesto trabajador que tanto deseaba ser. Ni siquiera la presencia de mis niñas lograban a detenerme. Después de mis emborracheras me sentía siempre más en culpa, intentaba salir con mis esfuerzos, pero más me esforzaba más recaía malamente. No sé decirle cuánto ha sufrido mi familia por causa mia, cuántas veces me han recogido borracho. Pero ahora estoy definitivamente fuera de mi casa desde hace mas de dos meses”. “Donde estas durmiendo?” le pregunte. Vi en el rostro de Gonzalo un lijero susulto, una emocion que intentaba darse un espacio. “En un carro abandonado fuera de la carpintería donde estaba trabajando… pero no logro a dormir bien… en ese carro llegan huéspedes… vienen a dormir también las ratas…”
A los dos nos comenzaron a caer, tímidas lágrimas. Entonces anuncié con sencillez el Evangelio que aquél domingo hubieramos escuchado y rezado. Mientras hablaba del Amor de Dios, Gonzalo me miraba como si estuviera viendo por la primera vez el mundo que lo circundaba. Una vez más asistía al incomparable espectáculo de la Misericordia Divina en el corazón del hombre. “Dios te estaba esperando para decirte esto: “tú eres su hijo y por siempre lo serás. Hoy todo el cielo con Dios está de fiesta por ti, Gonzalo!”. La maravilla se volvió rápidamente conmoción, la conmoción un acto de fe. Finalmente Gonzalo sabía que podía vivir en el Corazón de Alguien que no lo había abandonado.
“¿Te gustaría hacer algo para que también tu esposa y tus hijas puedan llegar a perdonarte como Dios?. “Seguramente”, me dijo todavía estupefacto. “Entonces esperame después de la Misa porque iremos a tu casa: diremos lo que ha sucedido hoy, luego pediremos perdón juntos y nos iremos”. Gonzalo estuvo de acuerdo, y así, después de la Eucaristía, nos encaminamos hacia la casa. Vino a abrirnos la hija mayor que al solo ver a su papá tuvo una brusca reacción. “Soy padre Giacomo, quisiera hablar con la mamá y pido el permiso de entrar en tu casa con tu papá”.
Consintió. La esposa estaba en la cama, resfriada y con un brazo fracturado. Su rostro expresaba toda la historia de dolor de aquella pobre familia. Pedí que llame a las hijas a su cabecera y conté a ellas lo que había sucedido aquel domingo. Luego Gonzalo y yo nos arrodillamos delante de ellas. “Perdónenme”, dijo aquél hombre con voz ronca y ahogada de la emoción. Agregué: “Les invito a pedir a Dios junto a mi que nos haga conocer ese amor que hoy ha manifestado a Gonzalo y, con el tiempo, a aprender a darlo como ha hecho Él”. Luego nos levantamos, y, mientras estábamos por salir del cuarto, Juana tomó la palabra y dijo: “Gracias, Padre”.
Me di vuelta hacia la cama y con una sola mirada me pareciò que el crucifijo que estaba sobre su cama fuera una sola cosa con su persona. Los ojos de Juana habían recuperado la esperanza, casi me sonreía. Su mirada, su acogida, fueron la prueba tangible del milagro de la Misericordia Divina.
Salimos de la habitación y por un poco de tiempo iba a visitar a Gonzalo a su “casa”. El dueño del trabajo lo había contratado nuevamente en la carpintería para confiarle algunos pequeños trabajitos. Iba a darle las buenas noches en su insólita habitación y él se mostraba siempre contento de verme. Después de algunas semanas la noticia: “Me han permitido regresar a casa! Dos de mis tres hijas todavía no me devuelve ni siquiera la palabra, pero no importa, no puedo pedir todo y de inmediato a la vida…”
Una noche me acerqué a casa de ellos con la intensión de dar una sorpresa. Se acercaba la Navidad y quise detenerme a conversar y comer algo en compañía de ellos. No todo estaba resuelto entre estas personas, pero seguramente había regresado la esperanza al corazón. Partí para regresar a Italia. Después de algunos meses, recibí una conmovedora y sincera carta de Juana. “Querido padre Giacomo… a veces aflora en mí todavía el miedo que Gonzalo pueda regresar a ser violento y esclavo del alcohol, pero ya hay algo de nuevo en casa que ni siquiera explicar… Una presencia de paz… Gonzalo no es más el de antes, también si a veces se concede alguna pausa… He vuelto a encontrar la esperanza, es más, creo que Gonzalo, después de mí, logrará a reconciliarse también con nuestras hijas. Rezo por esto y te pido que reces conmigo. Gracias!”.
Ho ascoltato.
Questo brano di Vangelo mi sconvolge sempre perché mi mette alla prova: penso che a volte si viva l’ esperienza del figliol prodigo, altre quella del figlio maggiore.
Questa volta mi è balzata agli occhi e al cuore la frase del padre, che amorevolmente parla al suo ” figlio fedele” rassicurandolo dell’ amore che prova per lui. È una bellissima immagine che mi ricorda il tempo in cui dovevo accudire la piccola Francesca, bisognosa di tutto, avendo accanto un Pietro già grandicello, in prima elementare, in grado di fare molte cose da solo ma pur sempre un bambino bisognoso di affetto, che mi osservava mentre mi occupavo di Francesca. Chissà cosa passava nel cuoricino di Pietro mentre mi vedeva indaffarata con sua sorella; sono stata molto fortunata, mai ha dato segnali di gelosia, ha capito che c’era amore per tutti e due.
Non è sempre facile capire che c’è amore in abbondanza per tutti, forse perché si ragiona con il pensiero umano: l’ amore va dato a chi lo merita, quindi si scartano subito alcune categorie di persone. Noi uomini siamo talmente limitati che riusciamo a ragionare solo così.
E invece è tutto il contrario!
Sto assistendo ad un dramma familiare che mi pesa tantissimo e in cui sono coinvolta: mia madre e i miei fratelli non si guardano, né si parlano più. Se aprono bocca è solo per accusarsi a vicenda di cose vecchie, sciocche.
Da una parte c’è una donna ormai anziana, provata da anni di malattie da cui comunque se l’ è sempre cavata, autarchica, che rifiuta gli aiuti; dall’ altra due uomini maturi, senz’altro feriti dalle sue parole, che riescono a stare senza di lei.
Nessuno riesce a buttare giù il muro dell’ altro, nessuno riesce a cambiare il proprio cuore e a perdonare.
Per perdonare bisogna a volte farsi più piccoli di chi si ha di fronte, pronti a caricarsi delle conseguenze di questo perdono. Se si perdona veramente si deve ” perdere” qualcosa di sé, o meglio, rimetterlo in gioco, buttarlo sul tavolo, smascherarsi. Per perdonare bisogna essere consapevoli dei propri limiti, non credersi infallibili o onnipotenti.Penso che non fosse perfetto nemmeno il fratello maggiore della parabola, eppure ha ” fatto il muso” quando suo padre ha accolto il fratello minore tornato a casa.
In effetti, ripensandoci, non ha fatto una bella figura; nonostante questo il Padre ha voluto dare “una lezione” anche a lui !!
Grazie per le condivisioni delle tue esperienze di vita.Grazie per le tue chiare parole!
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Nel libro Camminare con Gesù di Papa Francesco si legge ” Ma quanti di noi piangono davanti alla sofferenza di um bambino, davanti alla
distruzione di una famiglia, davanti a tanta gente che non trova il cammino?” Queste parole sono rivolte a tutti i sacerdoti, ma si possono leggere
anche rivolte a noi laici, a noi che diciamo di essere cristiani convinti.
Il Vangelo di oggi ci parla di misericordia, argomento attuale perchè nell’anno Giubilare ci viene dato questo invito: Misericordiosi come il Padre.
Il Padre della parabola del Vangelo è un Padre che ha viscere anche materne: “gli si gettò al collo e lo baciò”Lc 15,21.
Il figlio minore che prima era schiavo , lontano, perduto, ritrova dignità nell’amore paterno che non smette di attendere il ritorno a casa del figlio.
Anche per il figlio maggiore, il Padre, non smette di essergli Padre ” figlio tu sei sempre con me ; ma bisognava far festa e rallegrarsi” Lc 15,31
Per Gesù è Dio stesso che prega l’uomo perchè entri nella casa della fraternità.
Anche noi possiamo essere attenti e misericordiosi, possiamo accogliere la misericordia per poi ridonarla.
Ho sentito un canto del Padre nostro che diceva così:” Oggi è il tempo di ricominciare tempo di perdono nella carità”.
L’abbraccio di Dio che si fa Misericordia arrivi a tutti.
A te p. Giacomo un abbraccio speciale e grazie di quanto scrivi!!
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