LA VERITA’ REGNA CROCIFISSA

CRISTO RE DELL’UNIVERSO

anno B (2021)

Dn 7,13-14; Ap 1,5-8; Gv18,33-37

Disse Pilato a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

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Nel pretorio, nell’alveo della massima autorità giuridica di quel tempo, si sta svolgendo il processo che decide la sorte di un uomo. In realtà, della sorte di tutta l’umanità. Un uomo che nella sua vita ha solo insegnato ad amare, un uomo che, fino a quel momento, ha sbalordito tutti per l’illogica condotta tenuta davanti a chi lo arrestava e accusava. Pilato, il magistrato che non aveva alcuna paura di soffocare cruentemente, nella morte, ogni sobillazione contro l’autorità di Roma, ora rivolge una domanda a quell’uomo, dopo aver tentato invano di scaricare la questione ai mittenti (Gv 18,31). Questi ultimi infatti, gli stanno chiedendo di metterlo a morte e Pilato non si capacita davanti a quell’arrestato, legato, mite e inoffensivo, di come sia possibile avanzare una tale richiesta. E la domanda è: sei tu il re dei Giudei? Sei un re?

Io sono re 1

Perché questa domanda? I reticenti giudei non hanno affermato di avergli portato un re, bensì un malfattore (Gv 18,30) e senza formulare una accusa chiara. Forse anche Pilato vedeva in quell’uomo qualcosa di troppo insolito per essere costui persona arrestata, accusata e condotta da lui; forse intravedeva qualcosa che lo connotava di una misteriosa aura di nobiltà, ma non riusciva a capire il perché. Gesù risponde interrogando. Che strano: un imputato dovrebbe dare risposte, non far domande. Un imputato dovrebbe stare in ansia nel tribunale, e invece chiede rispettosamente al magistrato se la sua domanda nasce dal suo cuore o se lui è come quelli che fanno domande provenienti dal serbatoio “del sentito dire”. Al di là della precisazione richiesta, l’interrogazione di Gesù è già mezza ammissione della sua regalità. Pilato reagisce: “ehi! Mi stai confondendo con quelli del tuo popolo, io non vi appartengo, è il tuo popolo che ti ha portato qui da me, dimmi cosa hai fatto…” Il magistrato sa fare il suo lavoro, ma la curiosa attenzione alle parole di Gesù rimane. La risposta del Signore è una conferma: è Re ed ha un regno, anche se non è di questo mondo.

La domanda successiva con cui Pilato incalza Gesù è la domanda di uno che vorrebbe spiegarsi se davanti a sé ha un pazzo fuori dalla realtà, oppure un uomo assolutamente unico, inspiegabilmente innocuo e sereno nella consapevolezza di trovarsi in pericolo di morte: dunque tu sei re? Siamo giunti al climax del processo. Gesù sapeva che sarebbe arrivato questo momento. Ora dice al cuore del potente di turno quello che il cuore umano non ha mai udito, ma che ha già potuto vedere con i suoi occhi: l’arrestato non è scappato, l’accusato non si è difeso, l’interrogato non si è sottratto alle interrogazioni. L’arrestato si è consegnato, l’accusato resta nelle mani di chi lo accusa, l’interrogato a sua volta interroga. Colui che è sotto processo sta discretamente imbastendo il processo a coloro che lo processano e, quando lo giudicheranno, diventerà Egli stesso giudice. Gesù proclama così la sua regalità e la associa inseparabilmente alla verità: in Lui vediamo l’origine divina della verità e in che modo la verità regna in questo mondo. L’uomo che la cerca, non può non ascoltare Gesù (Gv 18,37).

Pilato è sconvolto, è sul ciglio della porta che potrebbe farlo varcare dalla parte del rabbi di Galilea. Lo capiamo dalla strenua difesa dell’accusato (cfr. Gv 18-19), malgrado sia stato fino ad allora un governante sanguinario e strafottente. Lo capiamo dalla triplice dichiarazione di innocenza dell’imputato davanti a tutto il popolo, implicita ammissione che Gesù diceva il vero e i Giudei il falso. Pilato stava per entrare nel mistero di Gesù ma, quando il popolo gli grida il nome del suo capo (Cesare), rimane uno dei tanti “potenti” burattini di questo mondo, guidati dalla paura. Non passa dalla parte della verità, perché chi vi passa non può non condividere il suo destino di sofferenza, destino di apparente sconfitta. E tuttavia chi si trova disposto a passare dalla sua parte, oltre a scoprire che in questo mondo essa è crocifissa, scoprirà anche che cosa vuol dire essere liberi. Ce lo ha promesso il nostro Re, l’uomo più libero che si sia mai visto sulla terra: se rimanete fedeli alle mie parole, conoscerete la verità e la verità vi farà liberi (Gv 8,31-32).  

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LA VERDAD REINA CRUCIFICADA

En el pretorio, en el lecho de la máxima autoridad jurídica de la época, se está llevando a cabo el proceso que decide el destino de un hombre. De hecho, del destino de toda la humanidad. Un hombre que en su vida solo ha enseñado a amar, un hombre que, hasta ese momento, ha sorprendido a todos por la conducta ilógica que se tenía frente a quienes lo detenían y acusaban. Pilatos, el magistrado que no tenía miedo de asfixiar sangrientamente, en la muerte, toda deserción contra la autoridad de Roma ahora dirige una pregunta a ese hombre, después de haber intentado en vano descargar el asunto a los remitentes (Jn 18:31). Estos últimos, de hecho, le están pidiendo que lo de ponerlo a muerte y Pilato no entiende ante ese detenido, atado, manso e inofensivo, cómo es posible hacer tal petición.   Y la pregunta es, ¿eres tú el rey de los judíos? ¿Eres un rey?

¿Por qué esta pregunta? Los judíos reacios no afirmaron haberle traído un rey, sino un malhechor (Jn 18:30) y sin formular una acusación clara.  Tal vez incluso Pilatos vio en ese hombre algo demasiado inusual para ser una persona arrestada, acusada y conducida hacia él; tal vez vislumbró algo que lo connotaba con un aurea misteriosa de nobleza, pero no podía   entender por qué. Jesús responde preguntando. Qué extraño: un acusado debe dar respuestas, no hacer preguntas. Un acusado debe estar ansioso en la corte, y en su lugar respetuosamente le pregunta al magistrado si su pregunta proviene de su corazón o si es como aquellos que hacen preguntas desde el tanque de “rumores”.  Más allá de la aclaración solicitada, la pregunta de Jesús ya es la mitad de una admisión de su realeza. Pilatos reacciona: “¡Oye!  Me estás confundiendo   con los de tu pueblo, yo no te pertenezco, es tu pueblo el que te trajo aquí a mí, dime lo que hiciste…” El magistrado sabe hacer su trabajo, pero la curiosidad en la atención a las palabras de Jesús permanece. La respuesta del Señor es una confirmación: él es rey y tiene un reino, incluso si no es de este mundo.

La siguiente pregunta con la que Pilato presiona a Jesús es la pregunta de alguien que quisiera explicarse si frente a él tiene un loco fuera de la realidad, o un hombre absolutamente único, inexplicablemente inocuo y sereno con la consciencia de encontrarse en peligro de muerte: entonces ¿Tú eres rey? Hemos llegado al clímax del proceso. Jesús sabía que este momento llegaría.  Ahora dice al corazón del poderoso de turno lo que el corazón humano nunca ha escuchado, pero que ya ha podido ver con sus propios ojos: el arrestado no ha escapado, el acusado no   se ha defendido, el interrogado no se ha retirado de las preguntas. El detenido se ha entregado, el acusado permanece en manos de quienes lo acusan, el interrogado a su vez interroga.  El que está siendo juzgado está fijando discretamente el proceso de juicio a quienes lo juzgan, y cuando lo juzguen, él mismo se convertirá en   juez.  Jesús proclama así su realeza y la asocia inseparablemente con la verdad: en él vemos el origen divino de la verdad y cómo reina la verdad en este mundo. El hombre que lo busca  no puede dejar de escuchar a Jesús (Jn 18,37).  

Pilatos se sorprende, está en el borde de la puerta que podría hacerle cruzar del lado del rabino de Galilea.  Entendemos esto por la extenuante defensa del acusado (cf. Jn 18-19), a pesar de que hasta entonces haya sido un gobernante sanguinario e insolente. Entendemos por la triple declaración de inocencia del acusado ante todo el pueblo, la admisión implícita de que Jesús dijo la verdad y los judíos la falsa.  Pilatos estaba a punto de entrar en el misterio de Jesús, pero, cuando la gente le grita el nombre de su líder (César), sigue siendo uno de los muchos títeres “poderosos” de este mundo, impulsado por el miedo. No pasa del lado de la verdad, porque quienes pasan por ella no pueden sino compartir su destino de sufrimiento, destino de aparente derrota.  Y, sin embargo, aquellos que se encuentren dispuestos a pasar a su lado, además de descubrir que en este mundo está crucificada, también descubrirán lo que significa ser libres.  Nuestro Rey, el hombre más libre jamás visto en la tierra, nos prometió esto: si permaneces fiel a mis palabras, conocerás la verdad y la verdad te hará libre (Jn 8, 31-32).