Pubblicato in: Commento alle Scritture, Predicazione, Servizio della Parola

LASCIA CHE DIO SI SPIEGHI

XI DOMENICA DEL T.O.

anno B (2024)

Ez 17,22-24; 2Cor 5,6-10; Mc 4,26-34

 

Gesù diceva: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

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Il vangelo della liturgia di oggi ci presenta indiscutibilmente, quale protagonista assoluto che si cela dietro le 2 parabole, Gesù stesso con la sua Parola. Infatti, che cos’è il Regno di Dio? Non è altro che la persona di Cristo Gesù in tutto quello che dice e che fa. Il minimo comun denominatore che unisce le 2 parabole è metaforicamente il seme. Gesù invita ad osservare e considerare la realtà del seme per parlare della forza inarrestabile che la sua Parola ha in sé stessa e del fruttuoso successo che produce laddove è seminata, malgrado debba dapprima sperimentare grandi difficoltà e insuccesso. Qual è l’intento del Signore nell’istruire noi suoi discepoli con queste 2 parabole? Insomma, qual è la “ratio” di questo insegnamento, visto che, con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere e senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa? (Mc 4,33).

Innanzitutto spiegarci che questo Regno ha le caratteristiche proprie della piccolezza, realtà invece bistrattata dallo spirito e dalle logiche del mondo. Se infatti leggiamo i vangeli attentamente, ci accorgeremo che tutto ciò che è piccolo ha una valenza importantissima davanti a Dio. C’è poi da sottolineare che nella 2a parabola si dice che il Regno di Dio è superlativamente piccolo: è paragonato al seme di senapa che nella sua semina e crescita è destinato però a diventare l’ortaggio più grande. Come dire che le cose di Dio inizialmente hanno sempre una scarsissima valenza e audience, per poi imporsi, nel tempo, all’attenzione di tutti, anche se non si cercasse alcuna visibilità. Questo il senso del fatto che fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra (Mc 4,32). Gli uccelli non fanno parte del regno vegetale, eppure si trovano a proprio agio su questa pianta cresciuta alla sua statura. Da notare nella 1a parabola l’umiltà e la modestia del seme nella descrizione che Gesù ne fa. Queste qualità evangeliche sono fondamentali per capire come procedono le opere di Dio. Sono qualità che permettono di lasciare il Mistero di Dio rivelarsi nei modi e nei tempi che Egli stesso sa.

Parabola granellino di senapa

Con queste 2 parabole, Gesù invita i suoi discepoli a guardare alla natura come un libro da leggere/meditare per scoprire come sul piano spirituale avanzano le cose di Dio nella storia. Cioè, il Regno di Dio non è qualcosa che non abbia a che fare con la natura. È qualcosa di superiore ad essa, ma generalmente la rispetta. “La grazia suppone la natura”, diceva il grande S.Tommaso D’Acquino. Il Signore ci istruisce a partire dalle lezioni più semplici rinvenibili nella natura creata. In questa prospettiva ci sarebbe da meditare per un anno intero sulle parabole di Gesù che richiamano un rapporto con la natura, in un tempo storico particolarmente segnato dalla mancanza di rispetto verso di essa. Diceva un sacerdote missionario conosciuto alcuni anni fa che quando l’uomo scopre e trova qualcosa in natura generalmente non pensa mai che Qualcuno ce l’abbia messo. Dice subito: l’ho scoperto io dunque è mio. Ecco allora che il vangelo ci invita a ribaltare questo modo di pensare ed agire, se vogliamo che il Regno di Dio cresca e avanzi nella storia.

Se ci si incammina a lasciarsi trasformare nella nostra mente dal vangelo, allora scopriremo un altro insegnamento nascosto nelle 2 parabole: qualsiasi crisi di fiducia/difficoltà giunga sul nostro cammino costituisce un appello ad avere fiducia nella potenza di Dio nascosta nel seme della sua Parola, non nella potenza umana delle nostre azioni. Le 2 parabole mettono in luce che il seme, per diventare ciò che è in potenza, deve affrontare dei passaggi. Sono i nostri momenti di crisi, le fasi della nostra vita umana e di fede con le sue imprevedibili difficoltà e fatiche. Ma la vita che sprigiona il seme ha una forza più grande delle forze avverse: la Parola di Dio è, nella sua debolezza, più forte di qualsiasi potenza, e se accettiamo questa verità giungeremo a scoprirla dentro di noi come una stupenda energia che ci muove e ci rinnova facendoci attraversare ogni situazione avversa.

Un’ultima annotazione, conseguenza delle precedenti considerazioni. Dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa (Mc 4,27). C’è una qualità del Regno da accogliere che mette il discepolo nella giusta disposizione a collaborare per la sua crescita. Il Regno di Dio non è altro che la vita così più grande di come e quanto noi possiamo immaginarla, che è bene accoglierlo in una sana insipienza di fede. Possiamo e dobbiamo restare tranquilli e sicuri sul fatto che il Regno di Dio avanzi noi malgrado. Il seme produrrà a suo tempo il frutto, dunque, come dice il simpatico motto che si trova oggi qua e là in tanti “gadget” o magliette: “keep calm”, tanto il Regno è di Dio, non è dell’uomo. L’uomo può entrarci, questo sì, ma solo se accetta di fare il suo primo passo nella fede. La sapienza di Dio viene sull’uomo che accetta la sua insipienza sulle cose di Dio. Prima si crede, si dà fiducia a Dio, poi lo si capisce perché Lui si spiega. 

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DEJA QUE DIOS SE EXPLIQUE

El evangelio de la liturgia de hoy nos presenta indiscutiblemente, como protagonista absoluto que se esconde detrás de las 2 parábolas, a Jesús mismo con su Palabra. De hecho, ¿qué es el Reino de Dios? No es otra cosa que la persona de Cristo Jesús en todo lo que dice y hace. El mínimo denominador común que une las 2 parábolas es metafóricamente la semilla. Jesús invita a observar y considerar la realidad de la semilla para hablar de la fuerza imparable que su Palabra tiene en sí misma y del éxito fructífero que produce allí donde se siembra, aunque primero deba experimentar grandes dificultades y fracaso. ¿Cuál es la intención del Señor al enseñarnos a sus discípulos con estas dos parábolas? En resumen, ¿cuál es la “ratio” de esta enseñanza, dado que, les anunciaba la Palabra con muchas parábolas como éstas, según podían entenderle; no les hablaba sin parábolas, pero a sus discípulos se lo explicaba todo en privado (Mc 4,33).

Ante todo, explicarnos que este Reino tiene las características propias de la pequeñez, realidad en cambio maltratada por el espíritu y las lógicas del mundo. De hecho, si leemos los evangelios con atención, nos daremos cuenta de que todo lo que es pequeño tiene un valor importantísimo ante Dios. Luego hay que subrayar que en la segunda parábola se dice que el Reino de Dios es superlativamente pequeño: se compara con la semilla de mostaza que en su siembra y crecimiento está destinado a convertirse en la hortaliza más grande. Como decir que las cosas de Dios inicialmente tienen siempre un escasísimo valor y audiencia, para luego imponerse, en el tiempo, a la atención de todos, aunque no se buscara ninguna visibilidad. Este es el sentido del hecho de que hace ramas tan grandes que los pájaros del cielo pueden hacer el nido a su sombra (Mc 4,32). Las aves no son parte del reino vegetal, sin embargo, se sienten cómodas con esta planta que ha crecido a su estatura. Cabe destacar en la primera parábola la humildad y la modestia de la semilla en la descripción que Jesús hace de ella. Estas cualidades evangélicas son fundamentales para entender cómo progresan las obras de Dios. Son cualidades que permiten dejar el Misterio de Dios revelarse en los modos y en los tiempos que Él mismo sabe.

Con estas 2 parábolas, Jesús invita a sus discípulos a mirar a la naturaleza como un libro para leer/meditar para descubrir cómo en el plano espiritual avanzan las cosas de Dios en la historia. Es decir, el Reino de Dios no es algo que no tenga que ver con la naturaleza. Es algo superior a ella, pero generalmente la respeta. “La gracia supone la naturaleza”, decía el gran Santo Tomás de Aquino. El Señor nos instruye a partir de las lecciones más simples que se encuentran en la naturaleza creada. En esta perspectiva habría que meditar durante todo un año sobre las parábolas de Jesús que recuerdan una relación con la naturaleza, en un tiempo histórico particularmente marcado por la falta de respeto hacia ella. Decía un sacerdote misionero conocido hace algunos años que cuando el hombre descubre y encuentra algo en la naturaleza generalmente nunca piensa que Alguien lo haya puesto allí. Dice enseguida: lo he descubierto yo entonces es mío. He aquí entonces que el evangelio nos invita a invertir este modo de pensar y actuar, si queremos que el Reino de Dios crezca y avance en la historia.

Si uno se encamina a dejarse transformar en nuestra mente por el evangelio, entonces descubriremos otra enseñanza escondida en las 2 parábolas: Cualquier crisis de confianza/dificultad que llegue en nuestro camino constituye una llamada a confiar en el poder de Dios escondido en la semilla de su Palabra, no en el poder humano de nuestras acciones. Las 2 parábolas ponen de manifiesto que la semilla, para convertirse en lo que es en potencia, debe afrontar cambios. Son nuestros momentos de crisis, las fases de nuestra vida humana y de fe con sus imprevisibles dificultades y fatigas. Pero la vida que brota de la semilla tiene una fuerza mayor que las fuerzas adversas: la Palabra de Dios es, en su debilidad, más fuerte que cualquier poder, y si aceptamos esta verdad llegaremos a descubrirla dentro de nosotros como una estupenda energía que nos mueve y nos renueva haciéndonos atravesar cada situación adversa.

Una última anotación, consecuencia de las consideraciones anteriores. Duerma o vigile, de noche o de día, la semilla brota y crece. Como él mismo no lo sabe (Mc 4,27). Hay una cualidad del Reino que hay que acoger que pone al discípulo en la justa disposición a colaborar para su crecimiento. El Reino de Dios no es otra cosa que la vida más grande de cómo y cuánto podemos imaginarla, que es bueno acogerlo en una sana ignorancia de fe. Podemos y debemos permanecer tranquilos y seguros de que el Reino de Dios avance a pesar de nosotros. La semilla producirá a su tiempo el fruto, pues, como dice el simpático lema que se encuentra hoy aquí y allá en tantos “gadget” o camisetas: “keep calm”, tanto el Reino es de Dios, no es del hombre. El hombre puede entrar, eso sí, pero solo si acepta dar su primer paso en la fe. La sabiduría de Dios viene sobre el hombre que acepta su ignorancia sobre las cosas de Dios. Primero se cree, se da confianza a Dios, luego se comprende porque Él se explica.

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Autore:

Nato rocambolescamente nel 1966, allontanatosi allegramente intorno al 1980, pescato faticosamente nel 1987, chiamato clamorosamente nel 1992, ordinato sacerdote misericordiosamente nel 1999, inviato burrascosamente nel 2003, rientrato silenziosamente nel 2009, cercando umilmente dal 2010...

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