XXXIII DOMENICA DEL T.O.
anno C (2022)
Ml 3,19-20; 2Ts 3,7-12; Lc 21,5-19
Mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».
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L’uomo ha un irresistibile fascino per il passato. La recente scoperta di 24 statue etrusche da parte di alcuni ricercatori universitari a San Casciano dei Bagni, è andata oltre la ribalta nazionale e sta facendo il giro del mondo per la sua importanza. È un fascino molto simile a quello che prese alcuni che si trovavano con Gesù nel Tempio di Gerusalemme ad ammirare belle pietre e doni votivi posti a perdurante memoria della bellezza dell’opera umana. L’uomo vuol lasciare memoria di sé stesso, non sopporta di essere sopraffatto dalla storia. Ed ecco il fascino per ciò che riemerge dal passato. Il commento di Gesù sembra spegnere un po’ questo incanto. Il suo annuncio di distruzione di quanto i suoi uditori ammirano non va però interpretato come disprezzo di quanto l’uomo realizza (Lc 21,6), ma invito a non restringere l’orizzonte della propria vita all’opera umana. Gesù è venuto per parlarci “del” e portarci “nel” futuro, non nel passato.
Le domande dei presenti rivelano una popolare credenza circa l’imminenza della fine del mondo. Del resto Luca scrive il suo vangelo a una generazione di cristiani provenienti dal paganesimo che cominciano a soffrire le prime persecuzioni e che vanno incoraggiati e educati ad una corretta attesa della fine di tutte le cose (Lc 21,7). Gesù invita i suoi uditori e noi lettori a non concentrare la nostra attenzione su tutti quelli che riportano date puntuali sulla fine del mondo, né a farsi ingannare soprattutto da coloro che si fanno suoi portavoce (Lc 21,8). E nemmeno il rumore di guerre e sconvolgimenti attuali devono atterrire chi si fida del Signore e lo sta seguendo, perché si tratta di vicende storiche che sono sempre accadute ma non significano la fine imminente del mondo (Lc 21,9). Anzi, Egli annuncia ulteriori conflitti e fenomeni disastrosi sulla terra, come pure fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo (Lc 21,10-11). L’annuncio sembrerebbe subito contraddire l’invito precedente, e invece prelude alle importantissime parole che consegna a chi vuol essere suo discepolo.
La vita vera infatti, per il credente, si gioca ad un altro livello. Meditando la pagina evangelica di oggi, potremmo dire, con il titolo di un’opera del grande teologo D.Bonhoeffer, che la vita vera, la vita che si salva, è “resistenza e resa”. “Resistenza”, poiché nel suo cammino, se veramente sta seguendo il suo maestro, il discepolo prima o poi si imbatterà nell’odio del mondo a causa del suo amore per il nome di Gesù (Lc 21,12 e 17). Allora tradimenti, violenza, detenzioni e persecuzioni, non saranno altro che la necessaria certificazione di autenticità della sua fede e lo spazio in cui perseverare in essa (Lc 21,19). “Resa”, perché il credente in quelle drammatiche circostanze, sarà chiamato a dare testimonianza nella consegna della propria vita al suo destino. Per alcuni sarà l’esperienza di andare incontro al Signore nella morte, dopo averne sperimentato la fedele presenza che soccorre nella debolezza con parola e sapienza donate direttamente da Lui (Lc 21,15). A Bonhoeffer toccò esattamente questo destino: morto impiccato nel campo di concentramento di Flossenburg per la sua strenua opposizione al nazismo.
Il lettore attento del vangelo si sarà accorto che il Signore Gesù predice le dolorose esperienze di condivisione della sua croce con verbi quasi tutti coniugati al futuro (Lc 21,12-19). Non sono parole generatrici di ansia o preoccupazione per il futuro. Sono piuttosto parole infuocate che spingono i credenti a coinvolgersi pienamente nel proprio presente, a non sottrarsi alle sfide del proprio tempo. È infatti all’interno del proprio presente che ci si prepara ad affrontare le prove future. È nel presente vissuto appassionatamente che il cristiano fa crescere la propria testimonianza fino ad esser pronto ad affrontare violenza, tradimenti, prigioni, persecuzioni e perfino la morte. Le sofferenze, per quanto abbondanti, non abbatteranno mai chi persevera e si affida al Signore. I 7 monaci martiri della trappa di Tibhirine (Algeria), furono avvertiti nel 1996 del grave pericolo che correvano rimanendo nel loro monastero. Ma, dopo una brevissima riflessione, decisero di rimanervi. Sembrava loro assurdo, dopo una così lunga permanenza in Algeria, lasciare quel posto solo a motivo del pericolo di morte. La fede nel proprio futuro in Dio, per essi poteva venire smentita, se non si fosse incardinata bene nel presente. Come scrisse poco prima di morire, nell’incipit del suo testamento, il loro priore, padre Christian De Chergè: “se mi capitasse un giorno – e potrebbe essere oggi – di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei solo che la mia comunità, la mia chiesa, la mia famiglia, si ricordassero che la mia vita era già “donata” a Dio e a questo paese. Che essi accettassero che l’unico Signore di ogni vita non potrebbe essere estraneo a questa dipartita brutale. Che essi pregassero per me: come essere trovato degno di una tale offerta? Che sapessero associare questa morte a tante altre ugualmente violente, lasciate nell’indifferenza dell’anonimato…” Dio è il futuro del credente, nascosto nel presente. Perché ecco, il regno di Dio è qui in mezzo a voi (Lc 17,21).
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EL FUTURO DEL CREYENTE ESTÁ ESCONDIDO EN EL PRESENTE
El hombre tiene una irresistible fascinación por el pasado. El reciente descubrimiento de 24 estatuas etruscas de parte de algunos buscadores universitarios en San Casciano dei Bagni, ha ido más allá de la atención nacional y está dando la vuelta al mundo por su importancia. Es una fascinación muy similar a la que tomaron algunos que estaban con Jesús en el Templo de Jerusalén admirando hermosas piedras y regalos votivos colocados en memoria perdurable de la belleza de la obra humana. El hombre quiere dejar memoria de sí mismo, no soporta ser superado por la historia. Y aquí está la fascinación por lo que emerge del pasado. El comentario de Jesús parece apagar un poco este encanto. Pero su anuncio de destrucción de lo que admiran sus oyentes no debe interpretarse como desprecio de lo que el hombre realiza (Lc 21,6), Pero invito a no limitar el horizonte de la propia vida a la obra humana. Jesús ha venido para hablarnos y llevarnos “del” y “al” futuro, no al pasado.
Las preguntas de los presentes revelan una creencia popular sobre la inminencia del fin del mundo. Por lo demás, Lucas escribe su evangelio a una generación de cristianos provenientes del paganismo que comienzan a sufrir las primeras persecuciones y que deben ser alentados y educados en una correcta espera del fin de todas las cosas (Lc 21,7). Jesús invita a sus oyentes y a los lectores a no concentrar nuestra atención en todos los que informan de fechas puntuales sobre el fin del mundo, ni a dejarse engañar sobre todo por los que se hacen sus portavoces (Lc 21,8). Y ni siquiera el ruido de guerras y trastornos actuales deben aterrorizar a quien confía en el Señor y lo está siguiendo, porque se trata de acontecimientos históricos que siempre han sucedido, pero no significan el fin inminente del mundo (Lc 21,9). Más aún, Él anuncia nuevos conflictos y fenómenos desastrosos en la tierra, así como hechos aterradores y señales grandiosas del cielo (Lc 21,10-11). El anuncio parecería contradecir inmediatamente la invitación anterior, y en cambio preludia las importantísimas palabras que entrega a quien quiere ser su discípulo.
La vida verdadera de hecho, para el creyente, se juega a otro nivel. Meditando la página evangélica de hoy, podemos decir, con el título de una obra del gran teólogo D. Bonhoeffer, que la vida verdadera, la vida que se salva, es “resistencia y rendimiento”. “Resistencia”, porque en su camino, si verdaderamente está siguiendo a su maestro, el discípulo antes o después se encontrará con el odio del mundo a causa de su amor por el nombre de Jesús (Lc 21,12 e 17). Entonces las traiciones, la violencia, las detenciones y las persecuciones no serán más que la certificación necesaria de autenticidad de su fe y el espacio en el que perseverar en ella (Lc 21,19). “Rendimiento”, Porque el creyente en esas circunstancias dramáticas será llamado a dar testimonio en la entrega de su propia vida a su destino. Para algunos será la experiencia de ir al encuentro del Señor en la muerte, después de haber probado la fiel presencia que socorre en la debilidad con palabra y sabiduría donadas directamente de Él (Lc 21,15). A Bonhoeffer le tocó exactamente este destino: Muerto ahorcado en el campo de concentración de Flossenburg por su firme oposición al nazismo.
El lector atento del evangelio se habrá dado cuenta que el Señor Jesús predice las dolorosas experiencias de compartir su cruz con verbos casi todos conjugados al futuro (Lc 21,12-19). No son palabras generadoras de ansia o preocupación por el futuro. Son más bien palabras ardientes que empujan al creyente a involucrarse plenamente en el propio presente, a no escapar a los desafíos del propio tiempo. De hecho, es dentro del propio presente que uno se prepara para afrontar las pruebas futuras. Es en el presente vivido apasionadamente que el cristiano hace crecer el propio testimonio hasta estar listo para afrontar violencia, traiciones, cárceles, persecuciones y hasta la muerte. Los sufrimientos, por cuanto abundantes, nunca derribarán a quien persevera y se encomienda al Señor. Los 7 monjes mártires de la trampa de Tibhirine Argelia), fueron advertidos en 1996 del grave peligro que corrían quedándose en su monasterio. Pero, después de una breve reflexión, decidieron quedarse. Les parecía absurdo a ellos, que después de una así larga permanencia en Argelia, dejar este lugar solo por motivo del peligro de muerte. La fe en el propio futuro en Dios, para ellos podía ser desmentida, si no se hubiera incardinado bien en el presente. Como escribió poco antes de morir, en el comienzo de su testamento, su prior, el padre Christian De Chergè: “Si me pasara un día – y podría ser hoy – de ser víctima del terrorismo que parece querer involucrar ahora a todos los extranjeros que viven en Argelia, solo quisiera que mi comunidad, mi iglesia, mi familia, recordaran que mi vida ya estaba “donada” a Dios y a este país. Que aceptaran que el único Señor de toda vida no podría ser ajeno a esta partida brutal. Que oraran por mí: ¿cómo ser encontrado digno de tal ofrenda? Que supieran asociar esta muerte a tantas otras igualmente violentas, dejadas en la indiferencia del anonimato…” Dios es el futuro del creyente, escondido en el presente. Porque he aquí, el reino de Dios está aqui en medio de ustedes” (Lc 17,21).