LA VITA È METAMORFOSI

TRASFIGURAZIONE DI NOSTRO SIGNORE GESU’ CRISTO

anno A (2023)

Dn 7,9-10.13-14; 2Pt 1,16-19; Mt 17,1-9

 

Dopo sei giorni, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

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Nella festa della trasfigurazione di Gesù noi celebriamo un anticipo della nostra umanità divinizzata. È la festa della nostra umanità ritrovata in tutta la sua bellezza, persa a causa dell’antico peccato. Gesù decide di portare in disparte tre dei suoi discepoli (Mt 17,1). Se vogliamo riscoprire la nostra più profonda e autentica umanità, se vogliamo ritrovare la nostra vera bellezza (perché Dio, che è bellezza, non può che creare bellezza), nella vita dobbiamo decidere di lasciarci portare da Lui. Dobbiamo fidarci di Lui. Abbiamo bisogno di trovare il tempo di stare in disparte con Lui. Solo nella preghiera, che è conversare con Gesù, rientriamo in noi stessi e possiamo vedere, con gli occhi del cuore, l’invisibile: ovvero, veder risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo (2Cor 4,6). Il centro della vita cristiana è la conoscenza reale e progressiva di Cristo Gesù. Se davvero viviamo questo dinamismo di conoscenza, allora avverrà quanto Paolo aggiunge, dicendo che a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore (2Cor 3,18). La visione di tutta la bellezza di Gesù, donata solo per qualche istante a Pietro, Giacomo e Giovanni, è un dono che Dio vuol fare a noi per tutta l’eternità.

Trasfigurazione

Di fronte alla visione di qualcosa di bello l’uomo dice: “che bello!” Stando alla presenza di qualcosa di bello, l’uomo sta bene con sé stesso, con la natura e con gli altri, e vorrebbe prolungare nello spazio e nel tempo questo stato d’animo. Normalmente, per prolungarlo, pensa che debba fare qualcosa. Signore, è bello per noi essere qui. Se vuoi, farò qui tre capanne…” (Mt 17,4) Questo proposito è qualcosa di istintivo, di primordiale. Invece Dio indica qualcos’altro: questi è il Figlio mio… ascoltatelo (Mt 17,5). Notate bene: la voce di Dio interviene mentre Pietro stava ancora parlando. La strada per entrare nella contemplazione del volto di Dio in Gesù Cristo non è quella del parlare o del fare, ma quella dell’ascoltare, ovvero del pregare: perché una vera preghiera nasce dall’ascolto del parlare di Dio. Non che l’operare o il parlare dell’uomo non serva a niente, giammai! Però, ricordate cosa successe un giorno a casa dei suoi amici Lazzaro, Marta e Maria? Maria, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola (Lc 10,39). La voce di Dio proveniente da quella nube luminosa, “atterrisce”, nel senso più stretto della parola, i tre discepoli per la paura (Mt 17,6). Quando ci accorgiamo di essere alla presenza di Dio, noi avvertiamo subito la nostra verità. Siamo fatti di terra, siamo fragili come la terra. I nostri occhi, se Dio non ci parla, sono curvi su noi stessi, incapaci di guardare in alto. Ma Dio, in Gesù Cristo, si è avvicinato ad ogni uomo per toccarlo e dirgli: alzatevi e non temete (Mt 17,7).

Cosa sia stata la trasfigurazione di Gesù, è difficile esprimerlo, per l’evangelista che non ha trovato altre parole che paragonare il suo volto al sole e le sue vesti alla luce, come per i tre apostoli che hanno assistito e poi tramandato secondo gli ordini del Signore (Mt 17,9). Anche per chi oggi commenta il vangelo come me, non è dato trasmettere esattamente questa esperienza. Ciò che appare chiaro è che la parola di Dio è il principio che da forma e bellezza al nostro corpo: chi ascolta la sua parola diventa come Gesù, perché accoglie il seme che genera secondo la sua specie, cioè la natura divina (1Pt 1,23 e 2Pt 1,4). La nostra trasfigurazione allora comincia quando invece di pensare e ascoltare noi stessi, cominciamo ad ascoltare e pensare a Lui. La nostra trasfigurazione è un’opera di Dio, che agisce in noi quanto più gli diamo autorità e libertà sulla nostra vita. Matteo colloca questo episodio della vita di Cristo dopo sei giorni (Mt 17,1): è il settimo giorno, indicazione temporale che ha un altissimo significato teologico. Il fine della creazione non è la sua fine. Il suo destino non è la “sfigurazione” creata dalla morte, ma la sua trasfigurazione. Non solo noi, ma tutto il creato è destinato ad assumere la forma del Figlio di Dio. È la forma dell’amore capace di cambiare ogni storia segnata dal peccato. In Dio dunque, la nostra vita è bella, è bello esserci, come dice Pietro a nome di tutti. Ma altrove, dove Dio è messo alla porta e rifiutato, la vita è brutta, oppressiva e senza senso, in balia dei capricci egoistici dell’uomo.  

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LA VIDA ES METAMORFOSIS

En la fiesta de la transfiguración de Jesús celebramos un anticipo de nuestra humanidad divinizada. Es la fiesta de nuestra humanidad recuperada en toda su belleza, perdida a causa del antiguo pecado. Jesús decide apartar a tres de sus discípulos (Mt 17,1). Si queremos redescubrir nuestra más profunda y auténtica humanidad, si queremos encontrar nuestra verdadera belleza (porque Dios, que es belleza, no puede sino crear belleza), en la vida debemos decidir dejarnos llevar por Él. Debemos confiar en Él. Necesitamos encontrar tiempo para estar a solas con Él. Solo en la oración, que es conversar con Jesús, entramos en nosotros mismos y podemos ver con los ojos del corazón lo invisible: es decir, ver resplandecer el conocimiento de la gloria divina que resplandece en el rostro de Cristo (2Cor 4,6). El centro de la vida cristiana es el conocimiento real y progresivo de Cristo Jesús. Si realmente vivimos este dinamismo de conocimiento, entonces sucederá lo que Pablo añade, diciendo que, a cara descubierta, reflejando como en un espejo la gloria del Señor, somos transformados en esa misma imagen, de gloria en gloria, según la acción del Espíritu del Señor (2Cor 3,18). La visión de toda la belleza de Jesús, dada solo por unos instantes a Pedro, Santiago y Juan, es un don que Dios quiere hacernos por toda la eternidad.

Frente a la visión de algo hermoso el hombre dice: “¡qué hermoso!” Según la presencia de algo hermoso, el hombre está bien consigo mismo, con la naturaleza y con los demás, y quisiera prolongar en el espacio y en el tiempo este estado de ánimo. Normalmente, para prolongarlo, piensa que deba hacer algo. Señor, es bueno para nosotros estar aquí. Si quieres, haré aquí tres cabañas…” (Mt 17,4) Este propósito es algo instintivo, primordial. En cambio, Dios indica otra cosa: este es mi Hijo… Escúchenlo (Mt 17,5). Noten bien: la voz de Dios interviene mientras Pedro todavía estaba hablando. El camino para entrar en la contemplación del rostro de Dios en Jesucristo no es el del hablar o del hacer, sino el del escuchar, es decir, del orar: porque una verdadera oración nace de la escucha del hablar de Dios. ¡No es que el obrar o el hablar del hombre no sirva para nada, no sea así! Pero ¿recuerdan lo que sucedió un día en casa de sus amigos Lázaro, Marta y María? María, sentada a los pies del Señor, escuchaba su palabra (Lc 10,39). La voz de Dios procedente de aquella nube luminosa, “aterroriza”, en el sentido más estricto de la palabra, a los tres discípulos por el miedo (Mt 17,6). Cuando nos damos cuenta de que estamos en la presencia de Dios, advertimos inmediatamente nuestra verdad. Estamos hechos de tierra, somos frágiles como la tierra. Nuestros ojos, si Dios no nos habla, son curvos sobre nosotros mismos, incapaces de mirar hacia arriba. Pero Dios, en Jesucristo, se acercó a cada hombre para tocarlo y decirle: Levántense y no teman (Mt 17,7).

Qué ha sido la transfiguración de Jesús, es difícil expresarlo, para el evangelista que no ha encontrado otras palabras que comparar su rostro con el sol y sus vestiduras con la luz, como para los tres apóstoles que asistieron y luego transmitieron según las órdenes del Señor (Mt 17,9). También para quien hoy comenta el evangelio como yo, no se puede transmitir exactamente esta experiencia. Lo que aparece claro es que la palabra de Dios es el principio que da forma y belleza a nuestro cuerpo: quien escucha su palabra se vuelve como Jesús, porque acoge la semilla que genera según su especie, es decir, la naturaleza divina (1Pt 1,23 y 2Pt 1,4). Nuestra transfiguración entonces comienza cuando en lugar de pensar y escucharnos a nosotros mismos, comenzamos a escuchar y pensar en Él. Nuestra transfiguración es una obra de Dios, que actúa en nosotros cuanto más le damos autoridad y libertad sobre nuestra vida. Mateo sitúa este episodio de la vida de Cristo después de seis días (Mt 17,1): es el séptimo día, indicación temporal que tiene un altísimo significado teológico. El fin de la creación no es su fin. Su destino no es la “desfiguración” creada por la muerte, sino su transfiguración. No solo nosotros, sino toda la creación está destinada a asumir la forma del Hijo de Dios. Es la forma del amor capaz de cambiar toda historia marcada por el pecado. En Dios, pues, nuestra vida es hermosa, es hermoso estar, como dice Pedro en nombre de todos. Pero en otros lugares, donde Dios es echado a la puerta y rechazado, la vida es fea, opresiva y sin sentido, a merced de los caprichos egoístas del hombre.

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