PARLAMI, CIOE’ APRIMI

XXIII DOMENICA DEL T.O.

anno B (2021)

Is 35,4-7; Gc 2,1-5; Mc 7,31-37

Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

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Domenica scorsa Gesù ha diagnosticato un problema profondo nell’uomo, presente nel religioso come nell’ateo: l’ipocrisia. Con questa, la fede e la stessa vita, invece che essere spazio per la conoscenza di Dio e di sé stessi, diventano maschera dietro cui ci si nasconde a Dio e a sé stessi. I motivi sono tanti: vanità, paura, vantaggi, bisogno di controllare gli altri ecc. Un culto costruito sull’osservanza delle regole e della cura meticolosa dei riti esterni, ma non sulla “regola” dell’amore e della cura della propria interiorità. Un culto che allontana da Dio. Si vive “religiosamente” trascurando quel che Lui vuole per il piacere di osservare solo umane tradizioni, illudendosi di onorare in questo modo Dio. Apparire cristiani senza esserlo, è un rischio che corriamo tutti. Come superarlo? Lo stesso vangelo, ancora una volta, con la diagnosi offre anche la terapia.

Effatà! Small

Il cuore ipocrita è sostanzialmente un cuore duro, ottuso. È il cuore di una persona molto rigida nelle cose della fede come in tante altre. Generalmente si occupa di scovare ed evidenziare il male negli altri, riducendo la fede a un discorso morale. Come non riconoscere tutti, chi più chi meno, questa durezza in noi? Il percorso di guarigione del sordomuto ci fa capire come Dio lavori per guarirci in profondità dall’ipocrisia. Infatti, come per ogni miracolo, quello che vediamo fare a questo sordomuto è quello che il Signore vuole compiere in noi. I miracoli sono sempre segni di realtà più grandi, non lo dimentichiamo. Di cosa è segno la sordità e l’esser muti? E cosa significa guarire da essi? Una persona sordomuta è per definizione uno che non comunica correttamente in entrata e in uscita, uno che non può esprimersi bene, uno che fatica ad ascoltare/capire gli altri, è insomma qualcuno a cui non riesce spontaneo stabilire relazioni distese e belle. In senso spirituale, questo è precisamente ciò che genera l’ipocrisia.

Infatti, dire che siamo tutti duri di cuore, equivale a dire che siamo tutti, un po’ o tanto, sordomuti. Siamo sordi (oltre che ciechi) quando non sappiamo udire il grido “sordo” dei migranti che s’affacciano al nostro mondo in cerca di dignità e futuro. Siamo sordi quando continuiamo a rimandare l’impegno urgente di curare una natura che urla per gli abusi che stiamo perpetrando su di lei. Un padre o una madre possono essere sordi davanti ai molteplici segnali di un figlio che sta attraversando qualche problema. Anche un prete può essere sordo davanti a un’anima che, dietro certe parole o silenzi, cela la paura di parlare di sé su certi argomenti. Ma siamo anche muti quando per paura, convenienza o altro interesse, tacciamo invece che denunciare qualcosa che fa male. Siamo muti quando, invece che aprirci a glorificare Dio per il bene che qualcuno compie, rimaniamo in silenzio per non ammettere l’invidia che ci abita (cfr. Mc 3,5). Siamo muti quando ci chiudiamo in un orgoglioso sdegno davanti a qualcuno che ci chiede perdono per il male fatto. Potremmo continuare con altri numerosi esempi.

Nell’era imperante dei grandi mezzi di comunicazione dobbiamo ammettere che all’umana comunicazione spesso non giova la sua potenza. Perché per la Bibbia la comunicazione non è corretta nella misura in cui la scienza ne aumenti le sue possibilità, ma nella misura in cui si stabilisce una corretta relazione con Dio. Quando Adamo ed Eva avevano una buona relazione con il Signore, tra loro c’era armonia comunicativa. Quando infransero quella relazione, subito le cose tra loro si rovinarono in un’ipocrita accusa reciproca (cfr. Gen 3). Quando gli uomini progettarono di farsi una torre (la famosa Babele, cfr. Gen 11) per arrivare al Cielo senza consultare Colui che vi abita, la Bibbia racconta che, come prima conseguenza di un tale progetto, gli uomini non si capivano più gli uni gli altri. Basta dare uno sguardo a certi dibattiti televisivi per riconoscere lo stato di ipocrisia in cui vivono moltissime relazioni.

Gesù porta in disparte il sordomuto, lontano dalla folla (Mc 7,33). Questo il primo passo imprescindibile per guarire da ciò che indurisce e falsifica la vita, rendendoci difficili le relazioni. I gesti che compie successivamente, indicano il processo che il Signore avvia per liberarci da tutte le voci che impediscono di ascoltare la sua parola. Solo essa infatti è in grado di ristabilire in noi la giusta postura davanti a Dio e agli uomini. Solo una relazione in cui prima “si dà la parola” a Dio, ci dona di stabilire corrette relazioni con gli altri, perché ci fa parlare correttamente (Mc 7,35). Se la relazione verticale è buona e funziona bene, le relazioni orizzontali si armonizzano. Se no, l’uomo non abita più nella verità di sé stesso e diventa preda dell’ipocrisia, che è come dire della menzogna. Il vangelo di oggi invita dunque ciascuno a pesare la propria relazione con il Signore. Quello che Gesù fa gemendo (Mc 7,34), garantisce che il suo ardente desiderio è di farci rinascere a una vita autentica e bella, dove scopriamo che Dio fa solo del bene alla nostra vita (Mc 7,37).

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HABLAME, O SEA  ABREME

 

El domingo pasado Jesús diagnosticó un problema profundo en el hombre, presente en el religioso como en el ateo: la hipocresía. Con esto, la fe y la misma vida, en cambio de ser espacio para el conocimiento de Dios y de sí mismos, se vuelve máscara detrás de la cual se esconde a Dios y a sí mismos. Los motivos son muchos: vanidad, miedo, ventajas, necesidad de controlar a los demás, etc. Un culto construido sobre el cumplimiento de las reglas y del cuidado meticuloso de los ritos externos, pero no de las “reglas” del amor y del cuidado de la propia interioridad. Un culto que aleja de Dios. Se vive “religiosamente” descuidando lo que Él quiere por el placer de observar solo humanas tradiciones, ilusionándose de honrar de esta manera a Dios. Parecer cristianos sin serlos, es un riesgo que corremos todos. ¿Cómo superarlo? El mismo evangelio, una vez más, con el diagnóstico ofrece también la terapia.

El corazón hipócrita es sustancialmente un corazón duro, obtuso. Es el corazón de una persona muy rígida en las cosas de la fe como en tantas otras. Generalmente se ocupa de descubrir y evidenciar el mal en los demás, reduciendo la fe a un discurso moral. ¿Cómo no reconocer todos, quien más quien menos, esta dureza en nosotros? El recorrido de sanación del sordomudo nos hace entender como Dios trabaja para sanarnos profundamente de la hipocresía. De hecho, como para cada milagro, lo que vemos hacer a este sordomudo es lo que el Señor quiere hacer en nosotros. Los milagros son siempre signos de realidades más grandes, no lo olvidemos. ¿De qué es signo la sordera y el ser mudos? ¿Y qué cosa significa sanar de ellas? Una persona sordomuda es por definición uno que no comunica correctamente en entrada y en salida, uno que no puede expresarse bien, uno que hace fatiga a escuchar/entender a los demás, es además alguien al cual no le sale espontáneo establecer relaciones relajadas y bellas. En sentido espiritual, esto es precisamente lo que genera la hipocresía.

De hecho, el decir que todos somos duros de corazón equivale a decir que somos todos, un poco o tanto, sordomudos. Somos sordos (además que ciegos) cuando no sabemos escuchar el grito “sordo” de los migrantes que se asoman a nuestro mundo en busca de dignidad y futuro. Somos sordos cuando continuamos a posponer el compromiso urgente de curar una naturaleza que grita por los abusos que estamos perpetrando sobre ella. Un padre o una madre pueden estar sordos frente a muchas señales de un hijo que está atravesando algún problema. También un sacerdote puede estar sordo frente a un alma que, detrás de ciertas palabras o silencios, guarda el miedo de hablar de sí sobre ciertos argumentos. Pero somos también mudos cuando por miedo, conveniencia u otros intereses, callamos en cambio que denunciar algo que hace daño. Somos mudos cuando, en cambio de abrirnos a glorificar a Dios por el bien que alguien cumple, nos quedamos en silencio para no admitir la envidia que nos habita (cfr. Mc 3,5). Somos mudos cuando nos encerramos en una orgullosa indignación frente a alguien que nos pide perdón por el mal hecho. Podríamos continuar con otros numerosos ejemplos.

En la era imperante de los grandes medios de comunicación debemos admitir que a la humana comunicación muchas veces no beneficia su potencia. Porque para la Biblia la comunicación no es correcta en la medida en que la ciencia aumente sus posibilidades, sino en la medida en que se establezca una correcta relación con Dios. Cuando Adán y Eva tenían una buena relación con el Señor, entre ellos había armonía comunicativa. Cuando quebrantaron aquella relación, inmediatamente las cosas entre ellos se malograron en una hipócrita acusación recíproca (cfr. Gen 3). Cuando los hombres proyectaron hacerse una torre (la famosa Babel, cfr. Gen 11) para llegar al Cielo sin consultar a Aquél que la habita, la Biblia cuenta que, como primera consecuencia de un tal proyecto, los hombres no se entendían más los unos con los otros. Basta dar una mirada a ciertos debates televisivos para reconocer el estado de hipocresía en la cual viven muchas relaciones.

Jesús aparta al sordomudo, lejos de la gente (Mc 7,33). Este es el primer paso imprescindible para sanar de lo que endurece y falsifica la vida, haciéndonos difícil las relaciones. Los gestos que cumple sucesivamente indican el proceso que el Señor emprende para liberarnos de todas las voces que impiden escuchar su Palabra. Solo ella de hecho está en grado de restablecer en nosotros la justa postura delante de Dios y los hombres. Solo una relación en la cual primero “se da la palabra” a Dios, nos dona de establecer correctas relaciones con los demás, porque nos hace hablar correctamente (Mc 7,35). Si la relación vertical es buena y funciona bien, las relaciones horizontales se armonizan. Si no, el hombre no vive más en la verdad de sí mismo y se vuelve presa de la hipocresía, que es como decir de la mentira. El evangelio de hoy invita entonces a cada uno a pesar la propia relación con el Señor. Lo que Jesús hace gimiendo (Mc 7,34), garantiza que su ardiente deseo es de hacernos renacer a una vida auténtica y hermosa, donde descubrimos que Dios hace solo del bien a nuestra vida (Mc 7,37).