V DOMENICA DEL T.O.
Is 58,7-10; 1Cor 2,1-5; Mt 5,13-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».
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Pensandoci bene, se consideriamo solo umanamente le Beatitudini come strada per giungere alla felicità, dovremmo ammettere che è pura follia. La nona Beatitudine, compendio delle otto precedenti, proclama felici ed invita persino all’esultanza coloro che vengono oltraggiati per il nome di Gesù: una pazzia! In realtà lo è tutto il Discorso della montagna (capp.5-7), iniziato con il vangelo di domenica scorsa. Lo vedremo meglio nelle prossime domeniche. Direi di più: lo è tutto il vangelo per chi non si fida di Gesù. S.Paolo lo dice con un’espressione molto efficace: e mentre i giudei chiedono miracoli e i greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani (1Cor 1,22-23). Il Vangelo alla lunga risulterà solo uno scandalo o follia per chi non vuole saperne della vita di Gesù; mentre, per chi continua a scommettere sulle sue parole, la follia della sua Croce diventa la cosa più ragionevole della nostra esistenza.
Nel vangelo di oggi Gesù indica due qualità che identificano chi davvero sta percorrendo la strada delle Beatitudini: egli è sale della terra e luce del mondo. Il discepolo di Cristo infatti non ha necessariamente un curriculum fatto di titoli di studio, di particolari esperienze, di carismi o retaggi speciali provenienti dal passato. Di sicuro chi segue Gesù comincia a dare un sapore particolare alle cose umane più semplici al punto che, chi entra in relazione con lui, “sente” la sua umanità come il sale che insaporisce una buona pietanza o che lo preserva dalla dilagante corruzione come nella sua azione conservatrice degli alimenti. Chi segue Gesù rifugge dall’apparire sui palcoscenici e non fa nulla per farsi notare. Ma, essendo sale, cioè qualcosa che da un sapore nuovo alla sua e alla altrui vita, finisce per non passare inosservato. Questo il senso delle parole di Gesù nei vv.14-16: la sua vita diventa bella, di una bellezza che si può contemplare e che conquista gli altri glorificando Dio.
La prima lettura tratta dal profeta Isaia suggerisce quella concretezza in cui la nostra vita può rivelarsi come il sale che poco a poco la rende più bella e luminosa: dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri e senza tetto, vestire chi è nudo senza trascurare i parenti, togliere di mezzo l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, saziare l’afflitto di cuore. Come avrete intuito, è l’amore disinteressato che si prende cura degli altri quel sale che ci fa luce del mondo: allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto…allora brillerà fra le tenebre la tua luce…(Is 58,8-10). Nella mia comunità parrocchiale ho dei fratelli e delle sorelle che sono molto impegnati nel cammino della carità cristiana. Un gruppo della Caritas e un gruppo di una nuova associazione che si chiama Opera Matteo. Hanno deciso di dialogare tra loro, di collaborare insieme, di progettare insieme, nel rispetto della propria diversità. Hanno deciso di non mettere al centro la loro identità di gruppo, la loro peculiarità. Hanno messo al centro prima il povero, l’affamato, l’afflitto, il senza tetto. Così oggi, nella piccola canonica della loro parrocchia, con pochissimo spazio a disposizione, introducono in casa i poveri che sono affamati di pane e di essere ascoltati. Alcuni di loro hanno aperto anche gli spazi della propria casa e della propria attività lavorativa e si stanno ingegnando per cercare di dare una risposta concreta ai problemi urgenti di chi vive un generale disagio. Vedere come stanno cercando di operare silenziosamente per vivere la parola di Dio, vedere il loro tempo libero che dedicano al Signore, vedere la costante ricerca di iniziative che facciano crescere la disponibilità di altri per lavorare nella sua vigna: tutto questo mi fa ringraziare e glorificare Dio perché non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e diano gloria al Padre vostro che è nei cieli (Mt 5,14-16).
Nelson Mandela sapeva che l’uomo non brilla di luce propria, ma porta dentro di sé una luce che non conosce e che però vuol farsi conoscere: perciò ne ha paura. Credo che il suo celebre pensiero (riportato qui sotto) spicca nella storia della umanità come uno dei migliori commenti a questi versetti del vangelo:
La nostra paura più profonda
non è di essere inadeguati.
La nostra paura più profonda,
è di essere potenti oltre ogni limite.
E’ la nostra luce, non la nostra ombra,
a spaventarci di più.
Ci domandiamo: ” Chi sono io per essere brillante, pieno di talento, favoloso? ”
In realtà chi sei tu per non esserlo?
Siamo figli di Dio.
Il nostro giocare in piccolo,
non serve al mondo.
Non c’è nulla di illuminato
nello sminuire se stessi cosicché gli altri
non si sentano insicuri intorno a noi.
Siamo tutti nati per risplendere,
come fanno i bambini.
Siamo nati per rendere manifesta
la gloria di Dio che è dentro di noi.
Non solo in alcuni di noi:
è in ognuno di noi.
E quando permettiamo alla nostra luce
di risplendere, inconsapevolmente diamo
agli altri la possibilità di fare lo stesso.
E quando ci liberiamo dalle nostre paure,
la nostra presenza
automaticamente libera gli altri.
Emergere, farsi vedere. Com’è diversa l’ interpretazione che dà il mondo rispetto a quella che ne dà il Vangelo!
Oggi tutti vogliono emergere, spiccare rispetto agli altri per farsi notare, essere i primi. Tu ci spieghi bene, se non erro, che anche Gesù ci chiede la stessa cosa ma con una differenza sostanziale: la modalità con cui si arriva ad emergere.
Il mondo “insegna” che per farsi notare, per mettersi in luce, occorre essere gli unici sul palcoscenico virtuale della vita, quindi è meglio eliminare gli altri oppure lasciarli in penombra.
Tutto il contrario dice Gesù : se io guadagno il palcoscenico è perché ho radunato gente attorno a me, quindi ho dato risalto prima di tutto a chi aveva bisogno….il bisogno può essere materiale oppure spirituale, può nascere in persone lontane o vicine, straniere o note……mi piace sempre l’idea che è meglio acuire la propria sensibilità prima nei confronti delle persone a noi più vicine, magari un familiare o un collega……per non lasciare “ristagnare” situazioni non equilibrate.
Non ricordo bene dove è scritto, ma ci viene detto che la salvezza non la possiamo guadagnare da soli ed è proprio questa allora la strada per “primeggiare” come ci chiede Gesù, cioè farlo attraverso i fratelli e non a loro scapito, cioè eliminandoli dal percorso.
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Ciao Chiara, grazie di queste tue parole…
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La stessa parola detta ai discepoli
è detta a noi oggi e al mondo.
Il Vangelo di oggi continua il discorso della montagna; occorre
trasformare il nostro operato perché sia secondo la vera sapienza e la vera carità.
Dio è luce, luce delle genti….
“Io sono la luce del mondo”(Gv 8,12).
Voi siete il sale della terra e luce del mondo ( Mt 5,13-14).
Il cristiano che è scialbo, insipido
non ravviva, non dà gusto, non
dà sapore.
Anche il Papa all’angelus di questa domenica ci invita ad essere un riflesso della sua luce.
“È soprattutto nel nostro comportamento che si lascia un segno negli altri, nel bene come nel male….perciò quanto ha bisogno il mondo di luce….
delle nostre opere buone.
Se questa luce non si alimenta
con le opere , si affievolisce e muore.
Il sale..come dare sapore?
Noi per primi continua il papa
dobbiamo eliminare gli effetti
del l’influsso mondano per essere sempre più sale.”
Ciò che ci attira e luccica non sempre ci appaga; San Paolo nella seconda lettura afferma della condivisione del pane.
Vuole che il popolo assimilai l’interesse , la premura, la sollecitudine di Dio nei confronti
di chi ha fame.
“Non importa quanto si dà ma
quanto amore si mette nel dare”.
M.Teresa di Calcutta
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Ciao Rosy del tuo contributo e per il ricordo delle parole sante di Madre Teresa…
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