XXVIII DOMENICA DEL T.O.
anno C (2022)
2Re 5,14-17; 2Tm 2,8-13; Lc 17,11-19
Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».
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Nel vangelo di domenica scorsa siamo stati invitati da Gesù a vivere da “servi inutili”. Abbiamo precisato il senso di quella affermazione. Non siamo inutili per Dio, anzi, gli siamo preziosissimi. L’invito è quello di sposare una vita come la sua. Una vita cioè che non cerca il proprio utile, una vita che non si renda schiava di calcoli umani, sempre in attesa di un tornaconto. Chi infatti ha capito che il verbo servire è un altro verbo dell’amore, non si meraviglia della raccomandazione del Signore: quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite “siamo servi inutili, abbiamo fatto quanto dovevamo fare” (Lc 17,10). La relazione con Gesù va coltivata su questo set-up decisivo, altrimenti ci si prepara a delusioni sempre più cocenti, come quelle che avvengono spesso nelle relazioni umane. Se ci si rapporta con Lui come ci si rapporta spesso con gli altri, accampando sempre diritti o giustificandosi sempre davanti a loro, non può che essere questo l’esito. Non si può scambiare la fede per un amuleto di protezione o per la ricerca di vantaggi. Il linguaggio della vita di Gesù, se lo si impara, ci porta letteralmente in un altro mondo.
L’episodio di oggi illumina ancor di più quanto stiamo ricordando. Dieci lebbrosi si avvicinano a Gesù. Si può subito supporre perché, si mantengono a distanza come la legge ebraica prescriveva loro di fare, sembra sappiano anche riconoscere una certa autorità alla sua persona: maestro, abbi pietà di noi (Lc 17,13) – gli gridano. E il Signore, mosso a compassione, rivolge loro la parola che non chiede né più né meno di quello che chiede la stessa legge: andate a presentarvi ai sacerdoti (Lc 17,14). Solo che la legge chiede di andarci quando si è già guariti, non quando si è ancora nella terribile malattia. Dunque l’invito di Gesù è alquanto strano, non vi pare? Si può capire uno strano che ti chiede cose strane? Il vangelo ci dice di sì, e ce lo spiega sorprendentemente, come sempre. Infatti, succede che su dieci lebbrosi incamminatisi obbedendo alla sua parola, tutti e dieci vengono guariti. Ma, mentre nove procedono laddove Gesù li ha mandati, uno solo invece cambia rotta e fa qualcosa che piace al Signore, sebbene non glielo abbia chiesto. Voi ci capite qualcosa? Nove obbediscono fino in fondo alla parola e alla fine sembrano farci una brutta figura (Lc 17,17). Uno solo invece, mentre obbedisce a quella parola, si inventa qualcos’altro e viene esaltato dal Signore (Lc 17,18-19).
Riassumendo: richiesta strana di Gesù, sua strana reazione al comportamento della maggioranza dei lebbrosi guariti, strana sua affermazione finale per uno che non ha obbedito fino in fondo alla sua parola. Il vangelo non conosce mai le ovvietà. Perché tutto sommato, i nove guariti dalla lebbra hanno compiuto quello che è stato detto loro. Però hanno obbedito alla parola di Gesù come se avessero obbedito solo a un rigido comando e non a una persona. Immagine di ogni uomo religioso che coltiva la sua fede come fosse solo un insieme di regole rassicuranti, ma che non salvano; un uomo che si ferma alla legge, rimanendo prigioniero dei suoi schemi che danno tutto per certo. Immagine di ogni religione costruita sul volto di un dio impassibile la cui volontà è stabilire una relazione con l’uomo basata solo su un’osservanza di norme. Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero? – si chiede Gesù sorpreso dalla gratitudine del samaritano e dalla ingratitudine degli altri nove. Gesù, questo Dio strano, scoperto solo da uno straniero!
Quale insegnamento per noi lettori, aspiranti discepoli di oggi? Il cristianesimo non è la fede delle risposte in automatico a Dio. Avete mai visto delle persone che rispondono in automatico nelle relazioni umane? Io tante. E se osservate bene, trattasi di relazioni mai autentiche, sempre impersonali. Non avviene quel che chiamiamo “un incontro”. Potremmo dire: quando i dieci lebbrosi si avvicinarono a Gesù gridando verso di Lui, ricevettero tutti il dono della guarigione ma uno solo incontrò veramente il Signore. E difatti solo il samaritano giunge a chiamarlo, prostrandosi, Signore. Messaggio dallo spessore enorme: solo lo straniero cambia direzione nella sua vita, cioè si converte alla sorgente di ogni dono, perché ha capito cosa è veramente successo. Gli altri nove battono la strada del “ho fatto quello che mi dice la legge e sono a posto”. Solo nel samaritano scocca la vera fede, la quale, imprime sempre una conversione e spinge a prendere un’iniziativa. Perché l’amore è sempre creativo e non dà mai niente di scontato. L’amore è sempre grato, poiché viene dalla grazia di Dio. La fede in Gesù non ci inquadra in uno schema predeterminato di vita, piuttosto ci chiama a uscirne, perché la creatività dell’amore è imprevedibile. L’amore non lo puoi mai inscatolare. Nessuno ama per protocollo, ma perché sa andare oltre di esso. Gesù sa che solo quello straniero lo ha compreso. Per questo gli dice: alzati e va, la tua fede ti ha salvato. “La tua fede”: una persona che ama e vive di fede, ci mette sempre la faccia e lo fa a modo suo, stabilendo con il Signore una relazione personale. La fede, come l’amore, ci rende unici nelle nostre manifestazioni.
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UN DIOS EXTRAÑO SOLO ENTENDIDO POR EL EXTRANJERO
En el evangelio del domingo pasado hemos sido invitados por Jesús a vivir como “siervos inútiles”. Hemos precisado el sentido de aquella afirmación. No somos inútiles para Dios, más aún, le somos muy valiosos. La invitación es casarse con una vida como la suya. Una vida que no busca su propio beneficio, una vida que no se hace esclava de cálculos humanos, siempre a la espera de una ganancia. Quien de hecho ha entendido que el verbo servir es otro verbo del amor, no se maravilla de la recomendación del Señor: cuando hayan hecho todo lo que se les ha mandado, digan:
“Somos siervos inútiles, hemos hecho lo que teníamos que hacer” (Lc 17,10). La relación con Jesús va cultivada sobre este set-up decisivo, De lo contrario, nos preparamos para desilusiones cada vez más intensas, como las que ocurren a menudo en las relaciones humanas. Si nos relacionamos con Él como nos relacionamos a menudo con los demás, acampando siempre derechos o justificándonos siempre ante ellos, este puede ser el resultado. No se puede confundir la fe con un amuleto de protección o con la búsqueda de ventajas. El lenguaje de la vida de Jesús, si se aprende, nos lleva literalmente a otro mundo.
El episodio de hoy ilumina aún más lo que estamos recordando. Diez leprosos se acercan a Jesús. Se puede suponer de inmediato por qué, se mantienen a distancia como la ley judía les prescribía hacer, parecen saber reconocer también una cierta autoridad de su persona: maestro, ten piedad de nosotros (Lc 17,13) – le gritan. Y el Señor, movido por la compasión, Les dirige la palabra que no pide ni más ni menos de lo que pide la misma ley: vayan a presentarse ante los sacerdotes (Lc 17,14). Solo que la ley pide ir cuando ya se ha sanado, no cuando todavía se está en la terrible enfermedad. Entonces la invitación de Jesús es bastante extraña, ¿no les parece? ¿Se puede entender a un extraño que te pide cosas extrañas? El evangelio nos dice que sí, y nos lo explica sorprendentemente, como siempre. De hecho, sucede que de cada diez leprosos que caminan obedeciendo su palabra, los diez son sanados. Pero, mientras nueve avanzan donde Jesús los envió, uno solo cambia de rumbo y hace algo que agrada al Señor, aunque no se lo haya pedido. ¿Entendéis algo? Nueve obedecen hasta el fondo de la palabra y al final parecen hacernos una mala imagen (Lc 17,17). Uno, en cambio, mientras obedece esa palabra, se inventa otra cosa y es exaltado por el Señor (Lc 17,18-19).
Resumiendo: Extraña petición de Jesús, su extraña reacción al comportamiento de la mayoría de los leprosos curados, extraña afirmación final para uno que no ha obedecido hasta el fondo su palabra. El evangelio nunca conoce lo obvio. Porque, en definitiva, los nueve curados de la lepra han cumplido lo que se les ha dicho. Pero obedecieron la palabra de Jesús como si hubieran obedecido solo a una orden rígida y no a una persona. Imagen de cada hombre religioso que cultiva su fe como si fuera solo un conjunto de reglas tranquilizadoras, pero que no salvan; un hombre que se detiene en la ley, quedando prisionero de sus esquemas que dan todo por seguro. Imagen de toda religión construida sobre el rostro de un dios impasible cuya voluntad es establecer una relación con el hombre basada solo en una observancia de normas. ¿No se encontró a nadie que volviera a dar gloria a Dios, aparte de este extranjero? – Jesús se pregunta sorprendido por la gratitud del samaritano y la ingratitud de los otros nueve. Jesús, este Dios extraño, ¡descubierto solo por un extranjero!
¿Qué enseñanza para nosotros, lectores, aspirantes discípulos de hoy? El cristianismo no es la fe de las respuestas en automático a Dios. ¿Alguna vez has visto a gente responder automáticamente en las relaciones humanas? Yo muchas. Y si se observan bien, se trata de relaciones nunca auténticas, siempre impersonales. No sucede lo que llamamos “un encuentro”. Podríamos decir: cuando los diez leprosos se acercaron a Jesús gritando hacia Él, todos recibieron el don de la curación, pero solo uno encontró verdaderamente al Señor. De hecho, solo el samaritano llega a llamarlo, postrándose, Señor. Mensaje de enorme profundidad: Solo el extranjero cambia de dirección en su vida, es decir, se convierte a la fuente de todo don, porque ha comprendido lo que realmente sucedió. Los otros nueve siguen el camino de “hice lo que me dice la ley y estoy bien”. Solo en el samaritano dispara la verdadera fe, que imprime siempre una conversión e impulsa a tomar una iniciativa. Porque el amor es siempre creativo y nunca da nada por descontado. El amor es siempre agradecido, porque viene de la gracia de Dios. La fe en Jesús no nos sitúa en un esquema predeterminado de vida, más bien nos llama a salir de él, porque la creatividad del amor es impredecible. El amor nunca se puede enlatar. Nadie ama por protocolo, sino porque sabe ir más allá de él. Jesús sabe que solo el extranjero lo ha comprendido. Por eso le dice: levántate y ve, tu fe te ha salvado. “Tu fe”: una persona que ama y vive de fe, pone siempre su rostro y lo hace a su manera, estableciendo con el Señor una relación personal. La fe, como el amor, nos hace únicos en nuestras manifestaciones.