XXVI DOMENICA DEL T.O.
anno A (2020)
Ez 18,25-28; Fil 2,1-11; Mt 21,28-32
Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».
____________________________

Siamo ancora nella vigna del Signore. La parabola raccontata domenica scorsa da Gesù aveva come bersaglio i primi chiamati a lavorarci dentro. Il suo inequivocabile finale getta una luce sul mistero del regno di Dio e della sua accoglienza: così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi (Mt 20,16). La piccola parabola di oggi illumina ancor più in profondità questo mistero. Continua a far emergere la mormorante resistenza dei primi chiamati che, allora come oggi, contestano segretamente il Signore per la sua bontà verso tutti. Il suo sarebbe un comportamento ingiusto (Mt 20,11-12). A chi oggi continua, consciamente o inconsciamente, a discutere sulla sua giustizia così diversa dalla nostra, Dio risponde nella prima lettura di oggi, voi dite: “non è retto il modo di agire del Signore”. Ascolta dunque casa d’Israele: non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra? … (cfr. Ez 18,25-28)
Gesù tiene moltissimo ai primi chiamati. Per questo vediamo che il vangelo di oggi si dirige alla categoria più difficile a convertirsi, ai capi e agli anziani del popolo: l’intento del Signore non è infatti quello di abbandonarli nel loro rifiuto, ma di far rispecchiare i suoi uditori nel personaggio che li riguarda. Gesù racconta di un uomo che comanda ai suoi due figli di andare a lavorare nella vigna. Il primo disobbedisce inizialmente con la parola, ma ci ripensa e si pente, alla fine obbedisce e ci va a lavorare. Il secondo obbedisce subito con la parola, ma in realtà disobbedisce perché non ci va (Mt 21,28-30). Il Signore fa trarre le conclusioni ai suoi stessi uditori, i quali, senza accorgersene, confermano il suo insegnamento. Significato inequivocabile. C’è chi arriva nella vigna a lavorare dopo esserne stato a lungo lontano e tuttavia entra per primo nel regno. E c’è chi solo apparentemente vi è già dentro per lavorarci, ma in realtà è fuori; potrà accedervi se e solo dopo che avrà aperto il cuore a Chi il cuore ce l’ha sempre aperto a tutti: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio (Mt 21,31). A dimostrazione delle sue parole, Gesù osserva come gli stessi pubblicani e prostitute si pentirono e si convertirono al messaggio di uno come Giovanni il Battista, che certo non sottolineava tanto la via della misericordia (Mt 21,32); ma anche questo messaggio fu del tutto inascoltato dalle autorità religiose.
Kierkeegärd diceva che la verità è paradossale. Quando meditiamo il vangelo ce ne accorgiamo. Gesù afferma che persone che vivono in modo palesemente ingiusto (pubblicani e prostitute) sono preferibili a quelle che vivono in modo “giusto”. Come è possibile? Non si contraddice il Signore? No. In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Queste parole di Gesù sono per me tra le più dure e nello stesso tempo più belle e consolanti che abbia mai detto ai suoi uditori. Pubblicani e prostitute sono peccatori d.o.c. pubblici che non potranno mai fingersi giusti e pertanto sono più aperti e pronti ad accogliere quel che il Signore offre loro (cfr.Lc 7,36 ss., 18,9-14 e 19,1-10!…). Solo quando accetteremo di essere come loro (o peggio!) potremo entrare nel regno di Dio. La proposta del padre ai due figli è identica: è il comando dell’amore che se messo in pratica li rende simili a Lui. Ma il secondo figlio guarda il padre come a un padrone al quale non si può dire di no. È come la persona religiosa che si sente in obbligo di compiacere Dio. Ma per dovere nessuno saprà mai amare! In realtà anche questo figlio, come l’altro, non vuole ascoltare il padre. Tuttavia mentre il primo dice apertamente di no e ci ripensa, questo invece non se lo permette perché vive nella paura di mettersi contro il padre-padrone. Dunque esprimere apertamente il proprio rifiuto è già segno positivo: suppone che il padre che ci sta di fronte rispetti la libertà del figlio, mentre dire di sì per paura suppone che il padre non tolleri la libertà e schiacci chi a Lui si ribella (P.Silvano Fausti S.I.). Ancora una volta, il vero peccato più nascosto nel cuore dell’uomo ma evidenziato dal vangelo, è quello di chi si crede nel giusto. Rischio alto di resistenza allo Spirito cui si avvicinano tutti coloro che non riconoscono in sé il peccato che rimproverano agli altri. Che ve ne pare? Vi piace questo Gesù che porta sempre ciascuno a guardare dentro di sé?
*********************
¿ QUE LES PARECE?
Estamos aún en la viña del Señor. La parábola relatada el domingo pasado por Jesús tenía como blanco a los primeros llamados a trabajar dentro. Su inconfundible final lanza una luz sobre el misterio del reino de Dios y de su acogida: Así, los últimos serán los primeros y los primeros los últimos (Mt 20,16). La pequeña parábola de hoy ilumina todavía más en profundidad este misterio. Continúa a hacer sobresalir la murmurante resistencia de los primeros llamados que, entonces como hoy, cuestionan secretamente al Señor por su bondad hacia todos. Su comportamiento sería algo injusto (Mt 20,11-12). A quien hoy día continúa, consciente o inconscientemente, en discutir sobre su justicia así diferente de la nuestra, Dios responde en la primera lectura de hoy, ustedes dicen: “No es justo el proceder del Señor”. Escuchad, casa de Israel: ¿es injusto mi proceder?, ¿o no es vuestro proceder el que es injusto? … (cfr. Ez 18,25-28)
Jesús considera muchísimo a los primeros llamados. Por esto vemos que el evangelio de hoy se dirige a la categoría más difícil en convertirse, a los jefes y a los ancianos del pueblo: la intención del Señor no es de hecho la de abandonarlos en su rechazo, sino de hacer reflejar a sus auditores en el personaje que les corresponde. Jesús cuenta de un hombre que manda a sus dos hijos ir a trabajar en la viña. El primero desobedece al inicio con la palabra, pero luego lo piensa y se arrepiente, al final obedece y va a trabajar. El segundo obedece inmediatamente con la palabra, pero en realidad desobedece porque no va (Mt 21,28-30). El Señor hace sacar las conclusiones a sus mismos oyentes, los cuales, sin darse cuenta, confirman su enseñanza. Significado inequívoco. Está quien llega a la viña a trabajar después de haber estado por tanto tiempo lejano y sin embargo entra primero en el reino. Y está quien solo aparentemente está ya adentro para trabajar, pero en realidad está afuera; podrá acceder si y solo después que habrá abierto el corazón a Quien el corazón lo tiene siempre abierto a todos: los publicanos y las prostitutas os llevan la delantera en el camino del reino de Dios (Mt 21,31). Como demostración de sus palabras, Jesús observa cómo los mismos publicanos y prostitutas se arrepintieron y se convirtieron al mensaje de uno como Juan el Bautista, que seguramente no subrayaba tanto el camino de la misericordia (Mt 21,32); pero también este mensaje fue del todo sin escucha por las autoridades religiosas.
El texto del evangelio de hoy nos ayuda a penetrar mayormente en el secreto de nuestra relación con Dios. Una primera cosa que se deduce de la breve parábola es que Él ama mucho la sinceridad. Cómo decirlo: mejor un “no” sincero a su llamada que un “sí” falso, calculador y murmurante a ella. Al lector atento no se le ha escapado la semejanza de estos dos hijos a aquellos de la más célebre parábola de Lucas (Lc 15,1ss.): el primero al hermano menor alejado de la casa del padre, el segundo al hermano mayor que, a pesar de quedarse en la casa del padre, no conoce verdaderamente al padre de la casa. Al final de aquella más larga parábola, aquel padre que tanto esperó el regreso del hijo menor sale de la casa a rogarle al mayor para que regrese a celebrar con él la salvación de su hermano. Pero la trampa que le impide entrar es su “justicia” puesta en confrontación con la inexplicable conducta misericordiosa del padre. Estamos descubriendo algo importante en la vida espiritual: el Señor Jesús se manifiesta a quien lo ama, a quien le dice un sí sincero y confiado. A quien en cambio dice entenderlo/conocerlo, pero no lo ama por lo que es, Jesús habla en parábola (o también con el silencio), para que reflexione y entienda lo que no quiere entender. El evangelio es siempre uno “screening” diagnóstico del oidor/lector que no quiere convertirse, para que se reconozca en el segundo hijo y así pase al comportamiento del primero.
Kierkeegärd decía que la verdad es paradójica. Cuando meditamos el evangelio nos damos cuenta. Jesús afirma que personas que viven en modo obviamente injusto (publicanos y prostitutas) son preferibles a aquellas que viven de manera “justa”. ¿Cómo es posible? ¿No se contradice el Señor? No. En verdad yo les digo: los publicanos y las prostitutas les pasaran adelante en el reino de Dios. Estas palabras de Jesús son para mí entre las más duras y al mismo tiempo más bellas y consolantes que haya dicho a sus oidores. Publicanos y prostitutas son pecadores ad hoc públicos que nunca podrán fingir ser justos y por lo tanto son más abiertos y listos a acoger lo que el Señor les ofrece a ellos (cfr. Lc 7,36 ss., 18,9-14 e 19,1-10! …). Solo cuando aceptaremos ser como ellos (¡o peores!) podremos entrar en el reino de Dios. La propuesta del padre a los dos hijos es idéntica: es el mandamiento del amor que si es puesto en práctica lo rinde similar a Él. Pero el segundo hijo mira al padre como a un patrón al cual no se le puede decir que no. Es como la persona religiosa que se siente en obligación de complacer a Dios. ¡Pero por deber nadie sabrá jamás amar! En realidad, también este hijo, como el otro, no quiere escuchar al padre. No obstante, mientras el primero dice abiertamente que no y lo repiensa, este en cambio no se lo permite porque vive en el miedo de ponerse en contra del padre-patrón. Entonces expresar abiertamente el propio rechazo es ya signo positivo: supone que el padre que nos está delante respeta la libertad del hijo, mientras decir que sí por miedo supone que el padre no tolera la libertad y aplasta a quien a Él se revela (P. Silvano Fausti S.I.). Aún una vez más, el verdadero pecado más escondido en el corazón del hombre, pero evidenciado por el evangelio, es aquello de quien se cree estar en lo justo. Riesgo alto de resistencia al Espíritu al cual se acercan todos aquellos que no reconocen en sí el pecado que amonestan a los demás. ¿Qué les parece? ¿Les gusta este Jesús que lleva siempre a cada uno a mirar dentro de sí?
“Seguimi”, disse e Matteo lo segui’
"Mi piace""Mi piace"