SOLO PER LA GLORIA DI DIO

V DOMENICA DEL T.O.

anno A (2020)

Is 58,7-10; 1Cor 2,1-5; Mt 5,13-16

Disse Gesù ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».

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Qualche volta è bene commentare una pagina del vangelo a partire dalla fine del testo. Questa è una di quelle volte. Perché vedano le vostre buone opere e diano gloria al Padre vostro che è nei cieli (Mt 5,16): il brano del vangelo di oggi appartiene al grande discorso della montagna in cui Gesù comincia a istruire i suoi discepoli. Discepolo di Gesù è chiunque cerca di vivere secondo lo spirito delle Beatitudini accogliendo dal Signore la sua nuova identità: vivere come fratello di tutti, perché figlio amato dal Padre celeste. Se si accoglie questa nuova vita con tutte le sue conseguenze (cfr. le Beatitudini), allora non si vive più cercando sé stessi e il proprio successo, ma solo la gloria di Dio Padre. Quando un discepolo è incamminato su questa strada, si accorge delle sue opere persino chi non è cristiano o chi si professa ateo. Pensate a un Francesco d’Assisi o più recentemente a una Teresa di Calcutta.

Gesù annuncia le Beatitudini
Il discorso della montagna, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, gennaio 2013

Il discepolo di Cristo è sostanzialmente un peccatore graziato. Quindi non è molto diverso da tutti gli altri uomini. Ciò che lo rende “diverso” è il fatto che nella sua umanità si manifesta la vita nuova che il Signore ci ha regalato. È quella che chiamiamo la sua “testimonianza”. Questo è quanto c’è dietro le immagini usate da Gesù per identificare la comunità dei suoi discepoli. Voi siete il sale della terra (Mt 5,13): cioè siete di quelli che danno un sapore alla propria e alla vita altrui, proprio come fa il sale che, sciogliendosi dentro le pietanze, da quel tocco fondamentale affinché queste possano essere gradite ai palati. Discepolo è chi nella sua propria terra, ovvero attraverso la fragile umanità di cui è rivestito, offre “il sapore di un sapere” assolutamente nuovo. Per questo Paolo ricorda ai Corinzi nella 2a lettura di oggi: quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso. Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza (1Cor 2,1-4).

C’è una triste possibilità: perdere la propria identità. Il discepolo può perdere il sapore di Cristo (Mt 5,13). Cioè può lasciarsi trascinare dalla sapienza di questo mondo fino al punto di divenire insipido nel suo egoismo. Il sapore di Cristo è saper donare la vita per amore e in umiltà. Come negare quel che sta accadendo da tempo all’occidente cristiano? Sentite le parole di questo padre della chiesa vissuto nel V secolo d.C., quando il cristianesimo era già religione di stato: noi non abbiamo più un imperatore anticristiano che ci perseguita, ma dobbiamo lottare contro un persecutore ancora più insidioso, un nemico che ci lusinga continuamente. Non ci flagella la schiena, ma ci accarezza il ventre. Non ci confisca i beni, ma ci arricchisce per darci la morte interiore. Non ci spinge verso la vera libertà mettendoci in carcere, ma ci conduce in schiavitù, invitandoci e onorandoci nei palazzi e ogni altro luogo che conta. Non ci colpisce il corpo, ma prende inavvertitamente possesso del nostro cuore. Non ci taglia la testa con la spada, ma uccide l’anima con il denaro e ogni altra comodità (S.Ilario di Poitiers). Non è dunque solo qualcosa di negativo che la crisi odierna porti la chiesa in occidente ad essere nuovamente bersagliata, disprezzata, ridicolizzata. È un’occasione storica per rinnovarsi nello spirito delle Beatitudini.

Come si fa a non perdere di vista la nostra identità di cristiani? Vivendo ciò che la preserva e la fortifica, ovvero l’amore umile e concreto dei nostri fratelli. Perciò Isaia afferma nella prima lettura, come conseguenza del prendersi amorosa cura degli altri: allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto…allora brillerà nelle tenebre la tua luce (Is 58,7-10). Chi ha il sapore di Cristo anche se non fa nulla per cercare visibilità o rilevanza, non può rimanere nascosto. Appunto perché il sale non può non salare e la luce non può non illuminare. Quello che il Signore Gesù chiede ai suoi discepoli è di essere sale e luce, non di salare o illuminare. A chi le chiese un giorno come sentì la chiamata a realizzare quelle opere che crescevano in tutto il mondo insieme alle difficoltà/opposizioni che incontrava, Madre Teresa di Calcutta rispose: non sono stata chiamata per fare delle opere, sono stata chiamata per essergli fedele. Poi Dio compie le sue opere come vuole, io sono soltanto una matita nelle sue mani. Il discepolo non dimentichi mai che non vive di luce propria e che ciò che sala la sua vita viene da Dio, non è produzione propria.  La vita nuova che in lui si manifesta, è solo per la Gloria di Dio.

 

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SOLO PARA LA GLORIA DE DIOS

 

A veces es bueno comentar una página del Evangelio desde el final del texto. Esta es una de esas veces.   Para que vean sus buenas obras y den gloria a su Padre que está en los cielos (Mt 5,16): el pasaje del evangelio de hoy pertenece al gran discurso de la montaña en el que Jesús comienza a enseñar a sus discípulos.  Discípulo de Jesús es quien busca vivir según el espíritu de las Bienaventuranzas acogiendo del Señor su nueva identidad: vivir como hermano de todos, porque es un hijo amado por el Padre Celestial. Si acogemos esta nueva vida con todas sus consecuencias (véase las Bienaventuranzas), entonces ya no vivimos buscándonos a sí mismos y al propio éxito, sino sólo por la gloria de Dios Padre. Cuando un discípulo está en este camino, se da cuenta de sus obras incluso aquellos que no son cristianos o que   se profesan ser ateos. Piensen en un Francisco de Asís o más recientemente en una Teresa de Calcuta.

El discípulo de Cristo es esencialmente un pecador perdonado. Así que no es muy diferente de todos los otros hombres. Lo que lo hace “diferente” es el hecho de que en su humanidad se manifiesta la nueva vida que el Señor nos ha regalado. Eso es lo que llamamos su “testigo”. Esto es lo que hay detrás de las imágenes utilizadas por Jesús para identificar la comunidad de sus discípulos. Ustedes son la sal de la tierra (Mt 5,13): es decir, son de aquellos que dan un sabor a la propia y a la vida de los demás, al igual que hace la sal que, derritiéndose dentro de los platos, da ese toque fundamental para que éstos puedan ser gustados en los paladares. Discípulo es quien, en su propia tierra, es decir, a través de la frágil humanidad de la que está revestido, ofrece “el sabor de un saber” absolutamente nuevo. Por eso Pablo recuerda a los corintios en la segunda lectura de hoy: cuando vine entre ustedes, no me presenté para anunciarles el misterio de Dios con la excelencia de la palabra o de la sabiduría. De hecho, pensé que no sabía nada más entre ustedes, sino Jesucristo, y Cristo crucificado. Me presenté a ustedes en la debilidad y con mucho miedo y temor. Mi palabra y mi predicación no se basaron en discursos persuasivos de sabiduría, sino en   la manifestación del Espíritu y su poder (1Cor 2,1-4).  

Hay una triste posibilidad: perder la propia identidad. El discípulo puede perder el sabor de Cristo (Mt 5,13). Es decir, puede dejarse arrastrar por la sabiduría de este mundo hasta el punto de volverse soso en su egoísmo. El sabor de Cristo es saber donar la vida por amor y en humildad.  ¿Cómo podemos negar lo que le está pasando al Occidente cristiano? Escuchen las palabras de este padre de la iglesia que vivió en el siglo V d.C., cuando el cristianismo ya era una religión de Estado: ya no tenemos un emperador anticristiano que nos persigue, sino que debemos luchar contra un perseguidor aún más insidioso, un enemigo que continuamente nos halaga. No nos azota la espalda, pero nos acaricia el vientre. No confisca nuestras posesiones, pero nos enriquece para darnos la muerte interior. No nos empuja hacia la verdadera libertad poniéndonos en prisión, sino que nos lleva a la esclavitud, invitándonos y honrándonos en los palacios y en todos los demás lugares que importan. No afecta nuestro cuerpo, pero inadvertidamente toma posesión de nuestro corazón. No le corta la cabeza con la espada, sino que mata el alma con dinero y cualquier otro consuelo (S.Ilario de Poitiers). Por lo tanto, no es sólo algo negativo que la crisis actual lleve a la iglesia en Occidente a ser nuevamente dirigida, despreciada, ridiculizada. Es una ocasión histórica para renovarse en el espíritu de las Bienaventuranzas.

¿Cómo no perder de vista nuestra identidad como cristianos? Viviendo lo que la preserva y fortalece, es decir, el amor humilde y concreto de nuestros hermanos y hermanas.   Por lo tanto, Isaías afirma en la primera lectura, como consecuencia de cuidar amorosamente de los demás:  entonces tu luz se levantará como el amanecer, tu herida pronto sanará… entonces tu luz brillará en la oscuridad (Is 58,7-10). Aquellos que tienen el sabor de Cristo aunque no hagan nada para buscar visibilidad o relevancia, no pueden permanecer ocultos. Precisamente porque la sal no puede no salar y la luz no pueden no iluminar.  Lo que el Señor Jesús pide a sus discípulos es ser sal y luz, no de salar ni iluminar. A quien le preguntó un día, cómo sintió la llamada a realizar aquellas obras que crecían en todo el mundo junto con las dificultades/oposiciones que encontraba, la Madre Teresa de Calcuta respondió: No estaba llamada a hacer obras, me llamó a ser fiel a Él. Luego Dios hace sus obras a su antojo, yo sólo soy un lápiz en sus manos. El discípulo nunca se olvide que no vive de luz propia y que lo que sala su vida proviene de Dios, no es su propia producción. La nueva vida que se manifiesta en él es sólo para la Gloria de Dios.

4 Comments

  1. Come diceva la nostra cara Gina nella lectio su questo brano, noi siamo come vetrate attraversate dalla Luce, non siamo noi la fonte della Luce.
    E per proseguire questa similitudine, più la vetrata è pulita, cioè priva di impurità, più lascia trasparire la Luce.
    Forse uno dei nostri compiti è proprio quello di farci trovare sempre “puliti” nell’ anima, cioè sgombri da pensieri cattivi, da sovrastrutture, da tendenze egoistiche, da orgoglio fine a se stesso, da paure……almeno penso sia così una vetrata pulita.
    Un’ altra cosa che vorrei dire riguarda il discorso del “sale” di cui in altre occasioni abbiamo parlato.
    Il sale è efficace solo se “si mescola” con altri ingredienti e se si scioglie; amalgamandosi ad essi però, nello stesso tempo, sparisce. Esalta il sapore di ciò in cui si è sciolto ma di esso, macroscopicamente non rimane traccia…..allora mi viene da pensare che quando ci si “scioglie ” in mezzo agli altri bisogna farlo sempre e solo per “La Gloria di Dio” e non per proprio tornaconto, per essere lodati, per cercare stima e visibilità personale….occorre essere molto accorti in questo, visto che si vive nella cultura dell'”apparire”…..si è spesso tenuti in conto perché “si urla”, ci si agita per farsi notare, si fanno opere per farsi vedere.
    Penso non sia proprio questo ciò che Dio vuole da noi

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