1a DOMENICA DI AVVENTO
anno B (2020)
Is 63,16-17.19-64,2-7; 1Cor 1,3-9; Mc 13,33-37
Disse Gesù ai suoi discepoli: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».
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Il verbo vegliare per 4 volte in 5 versetti, rafforzato in apertura dal “fate attenzione” e dalla sua presenza in chiusura con un bel punto esclamativo (Mc 13,37). È indubbiamente la parola protagonista del vangelo di questa prima domenica di Avvento. È un imperativo, non si tratta di un atteggiamento opzionale per il discepolo. Del resto, una persona che vive aspettando qualcosa o qualcuno non può essere che una persona intenta a prepararsi e vigilante, attenta a cogliere e ac-cogliere quel che attende in ogni istante. È in genere una persona che sa di non sapere. Chi invece non si aspetta nulla dalla vita è propensa a fidarsi solo delle proprie idee o percezioni, è uno che dice: “io credo soltanto a ciò che vedo e sento”. È qualcuno che generalmente ripone la sua fiducia su ciò che è effimero, esponendosi maggiormente all’intorpidimento dei propri sensi spirituali.
È come se Gesù oggi ci dicesse: guarda che prima di tutto nella vita non è importante sapere, ma essere svegli e pronti. A nulla servirebbe tutto il sapere del mondo se non si accetta di non sapere quando è il momento, che poi significa accettare la nostra fragilità/mortalità, la nostra radicale impossibilità di controllare il tempo che ci è dato. Piuttosto, c’è da riflettere più accuratamente se sto interpretando bene cos’è questa vita che è messa nelle mie mani. La piccola parabola offre una sintesi mirabile di come il vero discepolo di Gesù la interpreta. Egli sa di aver ricevuto in dono un potere, ma questo va esercitato all’interno del compito che gli è affidato, e il suo unico scopo è amare e servire i fratelli. La casa, il potere, sono doni di Dio, perché a tutti Dio affida un compito, una responsabilità: nessuno di noi viene al mondo per fare solo da “comparsa”, ma per essere protagonista. Purché ci si intenda su cosa significhi “protagonista” secondo il vangelo.
Nei brani paralleli di Matteo e Luca ci viene confermato il senso del protagonismo di cui stiamo parlando. Infatti gli altri 2 sinottici (Mt 24,42-51; Lc 12,35-46) aggiungono alla piccola parabola comune a Marco anche il profilo del vero discepolo: è uno che vive aspettando il ritorno del suo padrone con i fianchi cinti e la lampada accesa, pur non sapendo quando tornerà; uno che si considera solo amministratore di beni altrui, impegnato a condividerli con i suoi fratelli. Insomma, una persona attenta a servirli, non a servirsene. La controprova consiste proprio nel fatto che la mancanza di vigilanza e di spirito di servizio può portarlo a vivere la sua vita da padrone, comportandosi poi da padrone anche con i fratelli, cioè approfittandosi di loro fino al sopruso. È quello che la Bibbia chiama, con una sola parola, “stoltezza”.
Fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati (Mc 13,36). Il sonno da cui guardarsi non è evidentemente quello necessario e ristoratore di ogni notte. Il sonno a cui allude il Signore è quello della distrazione, della superficialità, appunto della mancanza di vigilanza, il sonno del peccato; il sonno procurato da una vita “stordita” da mille occupazioni e distrazioni che tolgono tempo e respiro alla relazione con Dio. Gesù ci avverte: egli viene sempre in modo imprevedibile, e questo non riguarda solo il momento della nostra morte. I suoi passaggi possono, a causa di questo sonno, essere inavvertiti anche nel nostro presente. Si può vivere con gli occhi ben aperti sulla realtà oppure con gli occhi chiusi e non accorgersi del Signore che mi viene incontro ogni giorno: ricordate l’avvertimento di domenica scorsa, quello che ci rammenta della visita continua del Re sotto le spoglie dei poveri che incontriamo? L’Avvento è perciò un tempo di grazia prezioso: è la sveglia di Dio per la nostra debole carne che casca e ricasca in questo sonno. Per questo sta scritto: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti (Rm 13,11) e anche svegliati o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà (Ef 5,14). Vieni Signore Gesù, la tua Parola non ci lasci mai in pace, perché solo così possiamo trovare pace!
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EL DESPERTADOR DE DIOS
El verbo vigilar por 4 veces en 5 versículos, reforzado con la apertura del “estén atentos” y de su presencia al cierre con un lindo punto exclamativo (Mc 13,37). Es indudablemente la palabra protagonista del evangelio de este primer domingo de Adviento. Es un imperativo, no se trata de una actitud opcional para el discípulo. Por otra parte, una persona que vive esperando algo o alguien no puede ser que una persona que se prepara y vigilante, atenta a comprender y acoger lo que espera a cada instante. Es en general una persona que sabe de no saber. Quien en cambio no se espera nada de la vida es propensa a confiarse solo de las propias ideas o percepciones, es uno que dice: “yo creo solamente a lo que veo y siento”. Es alguien que generalmente pone su confianza sobre lo que es efímero, exponiéndose mayormente al entumecimiento de los propios sentidos espirituales.
Es como si Jesús hoy nos dijera: mira que primero que nada en la vida no es importante saber, sino estar despiertos y listos. Para nada serviría todo el saber del mundo si no se acepta que no se sabe cuándo es el momento, que en realidad significa aceptar nuestra fragilidad/mortalidad, nuestra radical imposibilidad de controlar el tiempo que se nos da. Más bien, hay que reflexionar más cuidadosamente si estoy interpretando bien qué es esta vida que está puesta en mis manos. La pequeña parábola ofrece una síntesis maravillosa de cómo el verdadero discípulo de Jesús lo interpreta. Él sabe que ha recibido como don un poder, pero esto va ejercitado en lo interior de la tarea que le es confiado, y su único objetivo es amar y servir a los hermanos. La casa, el poder, son dones de Dios, porque a todos Dios confía una tarea, una responsabilidad: nadie de nosotros viene al mundo para hacer solo “una aparición”, sino para ser protagonista. Siempre y cuando se entienda sobre qué cosa significa “protagonista” según el evangelio.
En los textos paralelos de Mateo y Lucas nos confirman el sentido del protagonismo del cual estamos hablando. De hecho, los otros 2 sinópticos (Mt 24,42-51; Lc 12,35-46) agregan a la pequeña parábola común a Marcos también el perfil del verdadero discípulo: es uno que vive esperando el regreso de su patrón con la cintura ceñida y la lámpara encendida, aunque no sabiendo cuándo regresará; uno que se considera solo administrador de los bienes ajenos, comprometido a compartirlos con sus hermanos. Es decir, una persona atenta a servirlos, no a servirse de ellos. La contraprueba consiste justamente en el hecho que la falta de vigilancia y de espíritu de servicio puede llevarlo a vivir su vida como patrón, comportándose luego como padrón también con los hermanos, o sea aprovechándose de ellos hasta el abuso. Es esto lo que la Biblia llama, con una sola palabra, “necedad”.
Hagan de manera que, llegando de improviso, no los encuentre durmiendo (Mc 13,36). El sueño del cual cuidarse no es evidentemente del necesario y restaurador de cada noche. El sueño al cual alude el Señor es el de la distracción, de la superficialidad, justamente de la falta de vigilancia, el sueño del pecado; el sueño procurado por una vida “aturdida” por miles ocupaciones y distracciones que quitan tiempo y respiro a la relación con Dios. Jesús nos advierte: él viene siempre de manera impredecible, y esto no corresponde solo al momento de nuestra muerte. Sus pasajes pueden, a causa de este sueño, ser inadvertidos también en nuestro presente. Se puede vivir con los ojos bien abiertos sobre la realidad o también con los ojos cerrados y no darnos cuenta del Señor que viene a mi encuentro cada día: ¿Se acuerdan de la advertencia del domingo pasado, el que nos reitera de la visita continua del Rey bajo el disfraz de los pobres que encontramos? El Adviento es por lo tanto un tiempo de gracia precioso: es el despertador de Dios para nuestra débil carne que cae y recae en este sueño. Por esto está escrito: Ya es hora de despertar. Nuestra salvación está ahora más cerca que cuando llegamos a la fe (Rm 13,11) y también Despierta, tú que duermes, levántate de entre los muertos y la luz de Cristo brillará sobre ti (Ef 5,14). Ven Señor Jesús, ¡tu Palabra no nos deje nunca en paz, porque solo así podemos encontrar la paz!