Pubblicato in: Commento alle Scritture, Predicazione, Servizio della Parola, Spiritualità

IO SONO RE

SOLENNITA’ DI CRISTO RE DELL’UNIVERSO

anno C (2025)

2Sam 5,1-3; Col 1,12-20; Lc 23,35-43

Dopo che ebbero crocifisso Gesù, il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

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Ogni anno, tra la conclusione di un anno liturgico e l’avvio di un tempo liturgico speciale quale è l’avvento, la chiesa celebra la solennità di Cristo Re dell’universo. In essa rinnoviamo la professione di fede che la nostra fragilissima storia ha un lieto fine, ha una meta definitiva. La storia dell’umanità viaggia verso un mondo nuovo, un regno preparato da sempre e per sempre per tutti noi. Un regno nel quale si vive non da sudditi, ma da figli del Re, perché già lo siamo e perché questo regno invisibile avanza già oggi, nella nostra vita, da quando Colui che è Re si è fatto come noi, fino ad assidersi definitivamente sul suo trono. La pagina del vangelo ci porta davanti a questo momento supremo della nostra storia, e ci chiede di guardare il nostro Re che inizia a governare il suo regno da quel trono. Però, quale re sceglierebbe un simile trono? Chi avrebbe mai potuto immaginare che la croce, una delle peggiori torture a morte della storia inventata dall’uomo, sarebbe diventata il trono di Dio? Quale pensiero avrebbe mai potuto sfiorare o immaginare una cosa del genere? E perché alcuni uomini giungono a credere che davvero il Crocifisso sia il Re di tutti i re, mentre tanti continuano a vedere in quell’uomo solo uno dei più grandi sventurati di tutti i tempi?

La pagina del vangelo secondo Luca, mi suggerisce che tutte queste domande sarebbero potute nascere anche quel giorno in cui salì su questo trono. Presso di Lui, c’era un popolo intero che stava a vedere. Come innumerevoli masse di oggi che preferiscono essere solo spettatori degli eventi drammatici che toccano gli uomini, come se fossero cose che non li riguardano, magari però parlando e riparlandoci su, perché chi sta solo a vedere la superficie di ciò che si vede, sentirà subito il bisogno di parlare e commentare, oggi riprendendo gli eventi con il telefonino, ma quasi mai ad ascoltare e domandare. I capi religiosi e i soldati, simbolo di due poteri umani che quel giorno si scoprirono alleati, non fanno che deriderlo e provocarlo con il loro sarcasmo. Lo sfidano a dimostrare la sua regalità: se tu sei il re dei giudei. Lo sfidano a manifestare pubblicamente il potere di salvare gli altri, di essere il Messia, portando in salvo la sua vita condannata ad una morte atroce: ha salvato gli altri, salvi sé stesso. Insieme si fanno voce di una fede molto diffusa, quella di cui si nutrono tanti che si dicono “atei” o “agnostici”: l’incredulità. Se dice di essere quello che dice, allora si salverà. Altrimenti è un impostore. Perché il Cristo e il Re è uno che si salva dalla morte. Non sanno cos’è l’amore di Dio. Nè possono conoscere cosa sia il suo regno. Se l’avessero saputo – dice S.Paolo – non avrebbero crocifisso il Signore della Gloria (1Cor 2,8).

Persino un malfattore appeso ad un’altra croce accanto a Lui lo insultava, facendo eco alla fede dei dominatori di questo mondo, pensando di poter strappare allo stesso modo la propria salvezza: non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi. Eppure Gesù lo aveva detto più volte: chi si vuole salvare si perde. Quel malfattore, persino in croce, non vede altro in Gesù. Non potrebbe essere diversamente quando la tua vita viene prima di quella degli altri. Non puoi sentire altro che l’angoscia infinita di volerti salvare a tutti i costi dalla morte. Ma in quello stesso giorno avvenne qualcosa di imprevedibile. L’altro malfattore, inchiodato anche lui a una croce, avverte nelle parole del suo compagno di condanna una stoltezza inaccettabile. Come fai a parlare così, tu che stai messo come Gesù e come me conficcato su questi assi di legno che danno la morte? Come puoi parlare così davanti a uno che sta tra me e te come terzo malfattore, Lui che non ha fatto nulla di male? Perché Egli si trova quassù? Non dovrebbe essere qui con noi! E così, in mezzo al tumulto incessante di tutti coloro che assistevano a questo spettacolo, si fa silenzio in un uomo di nome Dimas, malfattore dichiarato e condannato, reo confesso, che dalla croce stava ascoltando quanto accadeva. E ascoltando, senza ribellarsi alla sua croce, cominciava a vedere quel che gli altri non vedevano.

Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno: il nome di Gesù sulle sue labbra, il nome del Benedetto che sta nel posto del maledetto. Non è giusto che sia qui con me, ma se è arrivato fin qui, se poco fa ho sentito dirgli Padre, perdona loro, non sanno quello che fanno, forse allora voleva stare qui, forse ci è voluto venire quassù in croce! Come è possibile? Come mai ha detto queste parole? Mai un uomo sceglierebbe di amare un altro uomo fino a questo! Questo è davvero un re, non so come possa essere il suo regno, ma una libertà così non l’avevo mai vista. Non posso pretendere di entrarci, ma Lui ci entrerà sicuramente. Gli chiederò solo di non dimenticarsi di me. Mi basta questo. Magari un giorno, ricordandosi, mi chiamerà, forse perdonerà anche me. Ed ecco il primo atto di governo secondo Luca: in verità ti dico, oggi sarai con me in paradiso. Dimas, sei stato l’unico a difendermi in queste ore concitate. Ho trovato solo la tua voce a gridare la mia innocenza. Sei stato l’unico a guardarmi senza giustificarti, senza pensare di conoscermi. Beato sei tu Dimas, perché né la carne né il sangue ma il Padre mio ti ha rivelato chi c’è qui con te oggi, sulla croce. Ed io sono venuto fin qui oggi, per dirti che da oggi staremo per sempre insieme, perché io non ti ho mai dimenticato né potrei mai dimenticarti. E sarai ricordato per sempre come il primo dei miei figli che entrerà nella mia Gloria. Tu, Dimas, uno degli ultimi, tra i primi, come avevo predetto. Tu, il primo a credere che davvero io sono Re!

NB: le povere parole espresse in questo commento riflettono un prete che si trova spesso a meditare e a pregare tra Gesù e Dimas, il buon ladrone, ritrovandosi spesso spostato ora verso l’uno ora verso l’altro. Si prega di non prendere troppo le sue parole come “oro colato”. Grazie.         

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YO SOY REY

Cada año, entre la conclusión de un año litúrgico y el inicio de un tiempo litúrgico especial como es el adviento, la iglesia celebra la solemnidad de Cristo Rey del universo. En ella renovamos la profesión de fe que nuestra muy frágil historia tiene un final feliz, tiene una meta definitiva. La historia de la humanidad viaja hacia un mundo nuevo, un reino preparado desde siempre y para siempre para todos nosotros. Un reino en el que se vive no como súbditos, sino como hijos del Rey, porque ya lo somos y porque este reino invisible avanza ya hoy, en nuestra vida, desde que Aquel que es Rey se hizo como nosotros, hasta sentarse definitivamente sobre su trono. La página del evangelio nos lleva a este momento supremo de nuestra historia, y nos pide que miremos a nuestro Rey que comienza a gobernar su reino desde ese trono. Pero, ¿qué rey elegiría tal trono?  ¿Quién hubiera podido imaginar que la cruz, una de las peores torturas a muerte de la historia inventada por el hombre, se convertiría en el trono de Dios?  ¿Qué pensamiento podría haber tocado o imaginado algo así? Y ¿por qué algunos hombres llegan a creer que realmente el Crucificado es el Rey de todos los reyes, mientras que muchos siguen viendo en ese hombre solo uno de los más grandes desventurados de todos los tiempos?

La página del evangelio según Lucas, me sugiere que todas estas preguntas podrían haber nacido también ese día, el de su sentarse en trono. Junto a él, un pueblo entero que estaba a ver. Como innumerables masas de hoy que prefieren ser solo espectadores de los acontecimientos dramáticos que tocan a los hombres, como si fueran cosas que no les conciernen, pero quizás hablando y remontándonos, porque quien está solo viendo la superficie de lo que se ve, sentirá inmediatamente la necesidad de hablar y comentar, quizás retomando los acontecimientos con el móvil, pero casi nunca a escuchar y preguntar. Los jefes religiosos y los soldados, símbolo de dos poderes humanos que aquel día se descubrieron aliados, no hacen más que burlarse de él y provocarlo con su sarcasmo. Le desafían a demostrar su realeza, si tú eres el rey de los judíos. Le desafían a manifestar públicamente el poder de salvar a los demás, de ser el Mesías, salvando su vida condenada a una muerte atroz: ha salvado a los demás se salve así mismo. Juntos se hacen la voz de una fe muy difundida, aquella de la que se alimentan muchos que se dicen “ateos” o “agnósticos”: la incredulidad. Si dice ser lo que dice, entonces se salvará. De otro modo no es verdad. Porque el Cristo y el Rey, es uno que se salva de la muerte. No saben lo que es el amor de Dios. No pueden saber qué es su reino. Si lo hubieran sabido – dice San Pablo – no habrían crucificado al Señor de la Gloria (1Cor 2,8).

Incluso un malhechor colgado en otra cruz junto a Él lo insultaba, haciéndose eco de la fe de los dominadores de este mundo, pensando que podía arrancar su propia salvación: ¿no eres tú el Cristo? Sálvate a ti mismo y a nosotros. Sin embargo, Jesús lo había dicho varias veces: quien quiere salvarse se pierde. Ese malhechor, incluso en la cruz, no ve otra cosa en Jesús. No podría ser de otra manera cuando tu vida viene antes que la de los demás. No puedes sentir nada más que la angustia infinita de querer salvarte a toda costa de la muerte. Pero ese mismo día sucedió algo imprevisible. El otro malhechor, clavado también él a una cruz, advierte en las palabras de condena de su compañero una insensatez inaceptable. ¿Cómo puedes hablar así, tú que estás puesto como Jesús y como yo clavado sobre estas tablas de madera que dan la muerte?  ¿Cómo puedes hablar así delante de un hombre que está entre tú y yo como tercer malhechor, el cual no ha hecho nada malo? ¿Por qué está aquí arriba? No debería estar aquí con nosotros! Y así, en medio del tumulto incesante de todos los que asistían a este espectáculo, se hace silencio en un hombre llamado Dimas, malhechor declarado y condenado, reo confesado, que estaba escuchando desde la cruz lo que sucedía. Y escuchando, sin rechazar su cruz, empezaba a ver lo que los demás no veían.

Jesús, acuérdate de mí cuando entres en tu reino: el nombre de Jesús sobre sus labios, el nombre del Bendito que está en el lugar del maldito. No es justo que esté aquí conmigo, pero si ha llegado hasta aquí, si hace poco he oído decirle Padre, perdónalos, no saben lo que hacen, tal vez entonces quería estar conmigo, tal vez quiso venir aquí en la cruz!  ¿Cómo es posible? Nunca un hombre elegiría amar a otro hombre hasta este punto! Este Jesús es realmente un rey, no sé cómo puede ser su reino, pero una libertad como nunca la había visto. No puedo pretender entrar, pero Él seguramente entrará. Solo le pediré que no se olvide de mí. Me basta con eso. Quizás un día, recordándolo, me llamará, tal vez perdonará incluso mis fechorías. Y he aquí el primer acto de gobierno según Lucas: en verdad te digo, hoy estarás conmigo en el paraíso. Dimas, fuiste el único que me defendió en estas horas agitadas. Solo encontré tu voz gritando mi inocencia. Fuiste el único que me miró sin justificarse, sin pensar en conocerme. Bendito eres tú Dimas, porque ni la carne ni la sangre sino mi Padre te ha revelado quien está aquí contigo hoy, en la cruz. Y yo he venido hasta aquí hoy, para decirte que a partir de hoy estaremos juntos para siempre, porque yo nunca te he olvidado ni jamás podría olvidarte. Y serás recordado para siempre como el primero de mis hijos que entrará en mi gloria. Tú, Dimas, uno de los últimos, entre los primeros, tal como lo había previsto. Tú, el primero en creer que soy rey!

Nota: las pobres palabras expresadas en este comentario reflejan un sacerdote que se encuentra a menudo meditando y orando entre Jesús y Dimas, el buen ladrón, encontrándose a menudo desplazado ahora hacia uno ahora hacia otro. Por favor no tomen demasiado sus palabras como “oro colado”. Gracias.

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Autore:

Nato rocambolescamente nel 1966, allontanatosi allegramente intorno al 1980, pescato faticosamente nel 1987, chiamato clamorosamente nel 1992, ordinato sacerdote misericordiosamente nel 1999, inviato burrascosamente nel 2003, rientrato silenziosamente nel 2009, cercando umilmente dal 2010...

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