SE AMI DIO VAI IN FONDO ALLA CODA

XXII DOMENICA DEL T.O.

anno C (2019)

Sir 3,17-20.28-29; Eb 12,18-19.22-24; Lc 14,1.7-14

Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato». Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

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L’aeroporto ormai è come una mia seconda casa, per i molteplici viaggi compiuti e che dovrò ancora compiere. Osservare come si muove l’umanità in quel posto è sempre interessante. Ad esempio, vedere come vive l’attesa chi deve partire o chi sta attendendo all’uscita una persona cara che arriva dopo un viaggio. Rientrando dall’America Latina qualche giorno fa, notavo ancora una volta il rigore del protocollo d’imbarco, sempre uguale per ogni compagnia aerea. L’imbarco avviene facendo accedere prima coloro che occupano i primi posti nell’aereo o che fanno parte di una élite di utenti: “sky priority”. Poi, per non perdere un volto umano, la compagnia procede a far entrare chi ha una disabilità, anziani e mamme con bimbi piccoli. Alla fine tutti gli altri fino alla coda dell’aereo, quelli che pagano “di meno” il biglietto aereo, quelli della “economy”. Ho pensato a quanto sia diametralmente opposto l’insegnamento di Gesù rispetto alla logica che governa questo accesso e tanti altri: paghi di più, sei più ricco, allora conti di più, passi davanti agli altri e hai i primi posti. La logica del Signore e del suo regno è invece un’altra: scegliere sempre di andare all’ultimo posto, per ritrovarsi sorprendentemente tra i primi secondo Dio.

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Amico passa più avanti, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, agosto 2019

Nel vangelo Gesù ci interpella nella duplice veste in cui la vita ci colloca, ora come invitati ora come invitanti. Nella prima parte, l’insegnamento del Signore riguarda il nostro essere invitati (Lc 14,7-11); la seconda parte, quando siamo noi ad invitare (Lc 14,12-14). Il tutto sullo sfondo del pranzo a casa di un capo dei farisei, dove Gesù si trova sotto stretta sorveglianza: stavano ad osservarlo (Lc 14,1). Controllato sempre a distanza, il Signore ricambia lo sguardo sui commensali e nota in essi la ricerca dei primi posti (Lc 14,7). La sua parabola aumenta la luce su quanto ascoltato domenica scorsa, a proposito della mancata salvezza che rischiano coloro che vantano prerogative davanti a Lui. Qui viene svelato il senso delle ultime parole: ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi (Lc 13,30).

Il cristiano infatti, è un invitato a camminare sul sentiero che si dirige in coda all’umanità, verso gli ultimi posti (Lc 14,10a): in questo modo si libera dalla innata smania di primeggiare che ci abita. Qui c’è il termometro di un’autentica religiosità. Poiché siamo tutti invitati alle nozze del regno, bisogna guardarsi dal cercare di occupare posti di rilievo nella chiesa di Dio, se non si vuole incorrere in umiliazioni che si subiranno maldisposti: dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto (Lc 14,9). Invece, chi sta conoscendo realmente Dio, cerca volontariamente l’ultimo posto, sostanzialmente per 2 motivi. In primo luogo, perché ci è andato ad abitare il Signore. In secondo luogo, perché lascia a Lui stabilire tempo e grado di amicizia che lo fa passare più avanti: amico, vieni più avanti! (Lc 14,10b) In altre parole, lascia che sia il Signore Gesù ad onorarlo quando vuole e a spostarlo nel posto che Lui vuole. Perché la sua unica preoccupazione è che Gesù sia onorato e al primo posto!

Può sorgere la domanda: cosa vuol dire, come invitati, andarsi a mettere all’ultimo posto? Nella vita vuol dire tante cose, ma una risposta sicura viene dalla seconda parte del vangelo, una cartina di tornasole per verificare se stiamo camminando nella scelta dell’ultimo posto. Provo a sintetizzarla. Se davvero credo nelle parole di Gesù, allora, per andare verso l’ultimo posto, “me la devo fare” con gli ultimi, cioè frequentare volentieri chi è tra gli ultimi nella considerazione del mondo: poveri, storpi, zoppi, ciechi (Lc 14,13), quelli che non sono amabili e che nessuno inviterebbe a un banchetto, perché non valgono nulla agli occhi degli uomini. Il che non vuol dire evitare la frequenza di chi sta bene o la cerchia di chi ci è familiare: non a caso l’insegnamento di Gesù avviene in casa di uno di essi, un capo dei farisei. Il Signore chiede di non fermarsi a chi può ricambiare il nostro amore, ma di andare oltre, ovvero andare incontro a chi non lo potrà mai fare: e sarai beato perché non hanno da ricambiarti (Lc 14,14). Gesù promette la felicità in questo cammino. L’unica felicità del cristiano infatti, è amare gratuitamente come fa Dio. Dunque in coda non ci si va costretti, ma per amore e per imparare ad amare.

 

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SI AMAS A DIOS VAS AL ÚLTIMO DE LA FILA

 

El aeropuerto ya es como mi segunda casa, por los múltiples viajes cumplidos y que todavía debo cumplir. Observar cómo se mueve la humanidad en aquel lugar es siempre interesante. Por ejemplo, ver cómo vive la espera quien debe partir o quien está esperando a la salida una persona querida que llega después de un viaje. Regresando de la América Latina hace unos días, notaba todavía una vez más el rigor del protocolo del embarque, siempre igual para cada línea aérea. El embarque se realiza haciendo acceder primero a aquellos que ocupan los primeros lugares en el avión o que hacen parte de una élite de clientes: “sky priority”. Luego, para no perder un rostro humano, la línea procede en hacer entrar a quien es discapacidad, ancianos y mamás con niños pequeños. Al final todo los demás hasta el final de la cola del avión, aquellos que pagan “menos” el boleto del avión, los del “económico”. He pensado a cuanto diametralmente opuesto sea la enseñanza de Jesús con respecto a la lógica que gobierna este acceso y tantos otros: pagas más, eres más rico, entonces vales más, pasas primero que los demás y tienes los primeros puesto. La lógica del Señor y de su reino es en cambio otra: elegir siempre ir al último lugar, para encontrarte sorprendentemente entre los primeros según Dios.

En el evangelio Jesús nos interpela en la dúplice vestidura en la cual la vida nos coloca, ahora como invitados otra vez como invitantes. En la primera parte, la enseñanza del Señor se refiere a nuestro ser invitados (Lc 14,7-11); la segunda parte, cuando somos nosotros a invitar (Lc 14,12-14). Todo con el fondo del almuerzo en la casa de un jefe de los fariseos, donde Jesús se encuentra en estricta vigilancia: estaban observándolo. Controlado siempre a distancia, el Señor intercambia la mirada con los comensales y nota en ellos la búsqueda de los primeros puestos (Lc 14,7). Su parábola aumenta la luz sobre lo escuchado el domingo pasado, a propósito de la no salvación que arriesgan aquellos que presentan prerrogativas delante de Él. Aquí viene revelado el sentido de las últimas palabras: entonces, hay últimos que serán primeros, y hay primeros que serán los últimos (Lc 13,30).

El cristiano de hecho es un invitado a caminar en el sendero que se dirige en cola a la humanidad hacia los últimos lugares (Lc 14, 10a): en este modo se libra de la innata manía de ser los primeros que nos habita. Aquí está el termómetro de una auténtica religiosidad. Porque estamos todos invitados a la boda del reino, es necesario cuidarse en buscar ocupar puestos importantes en la iglesia de Dios, si no se quiere incurrir a la humillación que se sufrirá mal dispuestos: tendrás que ocupar el último lugar con vergüenza (Lc 14,9). En cambio, quien está conociendo realmente a Dios, busca voluntariamente el último lugar, sustancialmente por 2 motivos. En primer lugar, porque ha ido a vivir allí el Señor. En segundo lugar, porque deja a Él establecer el tiempo y grado de amistad que lo hace pasar más adelante: amigo, ¡ven más adelante! (Lc 14,10b) En otras palabras, deja que sea el Señor Jesús en honrarlo cuando quiere y a moverlo en el lugar que Él quiere. ¡Porque su única preocupación es que Jesús sea honrado y en el primer lugar!

Puede surgir la pregunta: ¿qué quiere decir, como invitados, ir a ponerse al último lugar? En la vida quiere decir tantas cosas, pero una respuesta segura viene de la segunda parte del evangelio, un mapa de fuego para verificar si estamos caminando en la elección del último lugar. Intento sintetizarla. Si de verdad creo en las palabras de Jesús, entonces, para ir hacia el último lugar, “tengo que pasarla” con los últimos, o sea frecuentar con gusto a quien está entre los últimos en la consideración del mundo: pobres, cojos, ciegos (Lc 14,13), aquellos que no son amables y que nadie invitaría a un banquete, porque no valen nada a los ojos de los hombres. Lo que no quiere decir evitar la frecuencia de quien está bien o el círculo de quien es familiar: no por casualidad la enseñanza de Jesús sucede en la casa de uno de ellos, un jefe de los fariseos. El Señor pide que no nos detengamos en quien puede devolvernos nuestro amor, sino de ir más allá, o mejor ir al encuentro de quien lo podrá devolver jamás: y serás bienaventurado porque no tienen como devolverte (Lc 14,14). Jesús promete la felicidad en este camino. La única felicidad del cristiano de hecho es amar gratuitamente como hace Dios. Entonces a la fila no se obligados, sino por amor y para aprender a amar.

2 Comments

  1. Due sono le considerazioni che mi sono venute in mente leggendo il brano odierno e il tuo commento.
    È certo che il merito di amare i nostri amici è senz’ altro inferiore a quello di amare i nostri “nemici”, intendendolo non solo come amore verso coloro che ci stanno “antipatici” ma allargandosi a storpi, ciechi, zoppi e poveri….ho pensato a come tradurre ai nostri tempi la povertà, la zoppia, la cecità, la storpiezza.
    Effettivamente avere a che fare con persone “difficili”, familiari e non che siano, mette duramente alla prova. Un povero oggi lo configuro non solo in una persona che materialmente è scarsa di risorse, ma anche in chi ha ricevuto talmente poco dalla vita che si presente estremamente fragile, senza ideali, senza valori….un carcerato, un ragazzo che esce da una comunita’ di recupero, un disoccupato….il cieco può essere colui che non riesce a vedere il bello della vita, vede sempre tutto “nero”…un depresso. Lo storpio è colui che “si vede imperfetto, secondo i parametri odierni” anche se non lo è, ed allora mi vengono in mente tutti quei giovani che non si sentono adeguati e si fanno trascinare in esperienze da sballo che li rovinano…e poi gli zoppi, quelli che fanno fatica ad avere una vita “regolare” , inciampano in continuazione…dal punto di vista umano quindi, siamo messi alla prova da ogni parte ci giriamo. Sta in noi voler guardare o girarci dall’altra parte per non farsi “infastidire”. Ma Gesù è chiaro!! Impieghiamo il nostro tempo per coloro che non ci possono dare nulla in cambio!! Ma anche qui ci sarebbe da disquisire in quanto potremmo prima di tutto essere noi zoppi, ciechi o storpi e in secondo luogo non è detto che non si riceva nulla da persone “difficili”!!! Anzi!!

    L’ altra considerazione riguarda la prima parte del brano evangelico. Il discorso del “farsi ultimi” mi ha sempre messa in crisi nel senso che purtroppo la vita, il lavoro e i rapporti con “certe” persone a volte obbligano letteralmente ad “alzare i toni al limite…” per essere rispettati e ascoltati. La vita di tutti i giorni che io chiamo “tritacarne” o vortice, o girone dell’ inferno dantesco, fa a volte venir fuori una natura non docile, per sopravvivere. Innanzitutto se ci si mostra disponibili ti “tanano subito”, ti chiedono di tutto e poco ti considerano! Alla lunga vieni messo davvero all’ ultimo posto ma ti assicuro che questo non fa bene a nessuno in quanto continuano a spremerti senza pensare che c’è un limite! Mi spiace, per esperienza personale ho dovuto mio malgrado forzare me stessa a tirare fuori ” i denti” per farmi rispettare. Se si abbassa sempre la testa annuendo e sacrificandosi non ci si fa del bene e non se ne fa nemmeno attorno a sé.

    Tutto questo non per dire che non condivido il brano evangelico, anzi! Ma l’ equilibrio nella vita di ogni giorno è sempre molto delicato e labile. Bisogna senz’altro partire dall’ umiltà nell’ affrontare tutto cio’ che accade, ma bisogna pretendere rispetto, a mio parere.

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    1. Ciao Chiara! Il cammino verso “l’ultimo posto”, come hai ben compreso, non è il cammino che ci fa diventare lo zerbino degli altri, hai le idee chiare in merito. Il movimento che Gesù suggerisce (e chiede a chi vuol essere suo discepolo) è il movimento dell’amore che Lui ci ha rivelato: quello che ci fa superare la paura di toccare i bassifondi dell’umanità di cui tu, in questo messaggio, hai intravisto mirabilmente nuove forme, ma che nello stesso tempo tocchiamo anche in noi stessi. Dunque, come tu stessa dici con altre parole, vado ad amare con il Signore i poveri ciechi, zoppi e storpi sapendo che anche io lo sono! Amare questo prossimo che non ha da ricambiarmi, non significa dimenticare che devo amarli come me stesso….il comandamento è chiaro: “ama il tuo prossimo COME te stesso”. Il Signore non ci chiede di andare all’ultimo posto in primo luogo per una questione di umiltà o peggio per farci svalutare: questa non è né umiltà né amore. Lui ce lo chiede per una questione di crescita nell’amore e di libertà: con questi “ultimi” fratelli che non possono ricambiare, si cresce in gratuità e libertà, ma mai dimenticando che siamo anche noi bisognosi di amore (ovvero di rispetto, ecc.ecc.). Insomma, tutto quanto crediamo non ci toglie dal dover muoversi e agire con la testa sulle spalle, come tu hai evidenziato. Ancora una volta, grazie di questa tua riflessione!

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