L’ONORE E LA VERGOGNA

XXII DOMENICA DEL T.O.

anno C (2022)

Sir 3,19-21.30-31; Eb 12,18-19.22-24; Lc 14,1.7-14

 

Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato». Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

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Oggi mi soffermerò solo sulla 1a parte del vangelo. Gesù non andava a pranzo solo da chi lo stimava e gli credeva. Andava anche da chi lo osteggiava. Per lui non ci sono amici e nemici. Ci sono amici già acquistati e amici da guadagnare. Tutto quello che ci insegna lo vediamo prima affermato nei gesti della sua vita. Come quel giorno che fu invitato a pranzo da un fariseo. Andare a pranzo da uno di essi non era come andare a pranzo da Marta e Maria. I convenuti (verosimilmente della stessa risma del padrone di casa) stanno ad osservare Gesù (Lc 14,1). Ce n’era di che osservare. Poiché egli, come rabbino, non era certamente uno che corrispondeva allo standard del suo tempo. La cornice del vangelo di oggi è già tutta in questo versetto. Ci sono uomini che osservano Gesù e c’è Gesù che osserva quegli uomini. C’è un punto di osservazione umano che è un punto “di forza”, e c’è un punto di osservazione che parte dallo sguardo di Gesù che non fa leva sulla forza (cfr. la 1a lettura di oggi). Luca domanda a tutti noi: da quale punto di osservazione guardi la tua e l’altrui realtà?

Se ti fidi e vuoi entrare nel punto di osservazione di Gesù, allora puoi proseguire la lettura del commento. Coglieremo insieme la sapienza del vangelo. Diversamente, ci si aggrapperà a mille giustificazioni (siamo abilissimi in ciò) per non fidarsi, e così muoversi opportunisticamente tra un punto e l’altro. Il Signore coglie l’occasione del pranzo e offre una riflessione di importanza capitale per invitante e invitati, perché ci troveremo sempre ora nell’una, ora nell’altra veste. La vita infatti è un invito ad un banchetto di nozze dove c’è chi, per la smania dei primi posti da occupare o per accaparrarsi per primi quanto c’è sulla tavola, lascia dietro di sé una scia infinita di uomini anonimi e poveri negli ultimi posti. Ma per Dio come stanno le cose? Per Lui, dove si gioca la nostra vita? Nell’essere tra i popoli del G7, del G8 o il G20? Nello scalciare/prevaricare sugli altri che si contendono con me qualche posto ben visibile? Gesù nota questa innata inclinazione umana e invita l’uditore a non cercare i primi posti, poiché a tavola potrebbe esserci qualcuno di più degno davanti a Dio (Lc 14,8). Ma non solo per questo.

La vita ci riserva onore e vergogna. C’è però onore e vergogna che vengono da Dio, e onore e vergogna mondani. Il vangelo ci comunica la prospettiva divina. Se vivo questa vita sempre proteso ad essere il primo secondo il mondo, mi preparo una vita infelice e non entro nel segreto della mia esistenza. Alla fine ci si ritroverà soli, in una superbia/stoltezza molto simile a quella del ricco proprietario della campagna di alcune domenica fa (cfr.Lc 12,13-21), forse esaltato da uno sparuto gruppo di uomini interessati solo al suo potere. Perché per una legge della stessa vita, avverrà che chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato (Lc 14,11). Dunque il consiglio di Gesù è per farci afferrare la sapienza del libro del Siracide (1a lettura): molti sono gli uomini orgogliosi, ma agli umili Dio rivela i suoi segreti (Sir 3,19). Altrimenti la vita condurrà inesorabilmente l’uomo diventato schiavo della sua ambizione a un ultimo posto che però occuperà con vergogna (Lc 14,9b). Cioè in uno stato d’animo salutare che Dio gli offrirà per salvarsi, ma non certo gradevole. Un uomo così, è un uomo che non ha creduto, né compreso la legge divina udita domenica scorsa: vi sono ultimi che saranno primi e vi sono primi che saranno ultimi (Lc 13,30).

Buon Ladrone

Gesù invece chiede di scegliere l’ultimo posto. Attenzione: di sceglierlo, non di subirlo. Innanzitutto, perché se voglio aver la sicurezza di avere vicino Dio, so che Lui stesso ha scelto l’ultimo posto nella sua vita terrena, fino al culmine del posto in croce, l’ultimo tipo di morte che uno desidererebbe per sé stesso. Perciò, ancora oggi il Signore lo si trova in primo luogo tra i sofferenti che il vangelo chiama poveri, storpi zoppi e ciechi, gente che non si trova certamente nei primi posti. Il posto scelto da Dio non è il posto che l’uomo sceglierebbe. C’è dunque una conversione profonda da operare. Ma questa operazione si compie domandando la grazia a Lui, da soli non si riesce. Ne va del nostro cristianesimo: se vogliamo che non sia solo una fede “di facciata”, senza sostanza, bisogna entrare in questa logica divina. Se facciamo compiere questa operazione chirurgica al Signore, succederà che quell’ultimo posto diventerà addirittura gradevole. Sia perché lì ci abita Dio, sia perché vuol dire che si cerca l’onore che viene da Lui, non quello del mondo (Lc 14,10).

A questo proposito, ricordo un meraviglioso aneddoto riguardante il grande Martin Luther King. Lui diceva che la vita è l’invito di Dio a scoprire e vivere il proprio compito, ovvero la propria vocazione. Quindi a non cercare di essere quello che non si è, ma ad essere occupati nella conoscenza di sé e di ricordarsi del consiglio di Gesù presente in questo vangelo. E concludeva dicendo (testuali parole): “Perciò se un uomo viene chiamato a fare lo spazzino, dovrebbe spazzare le strade come Michelangelo dipingeva, come Beethoven componeva, o Shakespeare scriveva poesie. Dovrebbe spazzare le strade così bene al punto che tutti gli ospiti del cielo e della terra un giorno si fermino a dire: qui ha vissuto un grande spazzino che faceva bene il suo lavoro…”. Che ne dite? Facile vero? Eppure Gesù stesso lo dice nella parabola. Se si sceglie l’ultimo posto si sentirà prima o poi la voce di Dio che invita ad andare più avanti e allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali (Lc 14,10b). Ma cos’è questo onore che viene da Dio? E cos’è questo davanti a tutti i commensali?

Sono solo un prete peccatore, sono solo incamminato alla ricerca dell’ultimo posto. Ma posso raccontare qualcosa che mi è rimasto come immagine di quanto sto esprimendo. Ricordo che alla chiamata di un vescovo per l’incarico in una grande parrocchia cittadina fu chiamato anche un altro prete. Dovevamo entrambi governarla, ma bisognava che solo uno fosse ufficialmente il parroco. Notai che l’altro prete voleva assolutamente quel posto e quel titolo. In quell’occasione, mi ricordai che avevo una buona opportunità di vivere questa pagina evangelica. Perciò, chiesi esplicitamente al vescovo che procedesse senza indugio nella nomina dell’altro prete. Contento lui, contento io. Solo che con il passare del tempo, nel governo di quella parrocchia, successe progressivamente che la gente si orientava a cercare consiglio da me, si confessava da me, nei problemi personali cercava colloquio solo da me. E dopo un certo periodo, la situazione divenne così evidente che il mio confratello non la resse più. Una sera, trovandoci da soli nella segreteria, esplose la sua rabbia. Mi chiese come mai le persone non capivano che era lui il parroco, non io, malgrado sapesse che ogni giorno le invitassi a parlare con lui. Non gli dissi mai cosa le persone mi rispondevano a questo mio invito, ma invitai lui a cercare la risposta nel vangelo di questa domenica. Non so se lo fece. Parafrasando Gesù in un altro brano del vangelo, direi che non si può cercare l’onore di Dio e l’onore del mondo, perché o si amerà l’uno e si odierà l’altro, o ci si affezionerà all’uno e si disprezzerà l’altro.

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EL HONOR Y LA VERGUENZA

Hoy me detendré solo sobre la 1ra parte del evangelio. Jesús no iba al almuerzo solo de quien lo estimaba y le creía. Iba también de quien se le oponía. Para él no hay amigos y enemigos. Hay amigos ya adquiridos y amigos por ganar. Todo lo que nos enseña lo vemos antes afirmando en los gestos de su vida. Como aquel día que fue invitado al almuerzo por un fariseo. Ir a almorzar con uno de ellos no era como ir a almorzar con Marta y María. Los demandados (probablemente de la misma manera que el dueño de casa) están observando a Jesús (Lc 14,1). Había mucho que observar. Porque él, como rabí, no era ciertamente uno que correspondía al estándar de su tiempo. El marco del evangelio de hoy ya está todo en este versículo. Hay hombres que observan a Jesús y está Jesús que observa a esos hombres. Hay un punto de observación que parte de la mirada de Jesús que no recurre a la fuerza (cfr. La 1ra lectura de hoy). Lucas nos hace esta pregunta a todos nosotros: ¿desde qué punto de observación miras la realidad tuya y la de los demás?

Si confías y quieres entrar en el punto de observación de Jesús, entonces puedes proseguir la lectura del comentario para recoger juntos la sabiduría del evangelio. A diferencia, nos aferramos a miles justificaciones (somos muy hábiles en esto) para no confiar, y así moverse oportunamente entre un punto y el otro. El Señor aprovecha la ocasión del almuerzo ofreciendo una reflexión de importancia capital para tentador e invitados, porque nos encontraremos ahora en la una, ahora en la otra. En efecto, la vida es una invitación a un banquete de bodas donde hay quien, por el afán de los primeros puestos que hay que ocupar o para acaparar lo primero que hay en la mesa, deja tras de sí un rastro interminable de hombres anónimos y pobres en los últimos lugares. Pero ¿para Dios cómo están las cosas? Para Él ¿dónde se juega nuestra vida? ¿En el ser entre los pueblos del G7, del G8 o el G20? ¿En el patear/vencer a otros que compiten conmigo algún lugar visible? Jesús nota esta innata inclinación humana y pide al oyente que no busque los primeros lugares, ya que puede haber alguien en la mesa más digno frente a Dios (Lc 14,8). Pero no solo por esto.

La vida nos reserva honor y vergüenza. Pero hay honor y vergüenza que vienen de Dios, y honor y vergüenza mundanas. El evangelio nos comunica la prospectiva divina. Si vivo esta vida siempre inclinada a ser el primero según el mundo, me preparo una vida infeliz y no entro en el secreto de mi existencia. Al final nos encontraremos solos, en una soberbia/necedad muy similar a aquella del rico propietario del campo de hace algunos domingos (cfr. Lc 12,13-21), tal vez exaltado por un pequeño grupo de hombres interesados solo en su poder. Porque por una ley de la misma vida, sucederá que quien se exalta será humillado, y quien se humilla será exaltado (Lc 14,11). Por lo tanto, el consejo de Jesús es para hacernos aferrar la sabiduría del libro de Sirácides (1ra lectura): muchos son los hombres orgullosos, pero a los humildes Dios les revela sus secretos (Sir 3,19). De lo contrario, la vida llevará al hombre que se convirtió en esclavo de su ambición a un último lugar que ocupará con vergüenza (Lc 14,9b). Es decir, en un estado de ánimo saludable que Dios le ofrece para salvarse, pero ciertamente no agradable. Un hombre así es un hombre que no ha creído, ni comprendido la ley divina escuchada el domingo pasado: hay últimos que serán los primeros y hay primeros que serán los últimos (Lc 13,30).

Jesús en cambio pide elegir el último lugar. Atención: de elegirlo, no de sufrirlo. Ante todo, porque si quiero tener la seguridad de tener cerca a Dios, sé que Él mismo ha elegido el último lugar en su vida terrena, hasta el culmen del lugar en la cruz, el último tipo de muerte que uno desearía para sí mismo. Por eso, también hoy el Señor se encuentra en primer lugar entre los que sufren, a quienes el Evangelio llama pobres, lisiados y ciegos, gente que ciertamente no se encuentra en los primeros lugares. El lugar elegido por Dios no es el lugar que el hombre elegiría. Hay entonces una conversión profunda que hacer. Pero esta operación se cumple pidiendo la gracia Él, solos no se logra. Está en juego nuestro cristianismo: si queremos que no sea solo una fe “de fachada”, sin sustancia, hay que entrar en esta lógica divina. Si hacemos cumplir esta operación quirúrgica al Señor, sucederá que aquél último lugar se volverá además agradable. Ya sea porque allí vive Dios, ya sea porque quiere decir que se busca el honor que viene de Él, no la del mundo (Lc 14,10).

A este respecto recuerdo una maravillosa anécdota sobre el gran Martín Luther King. Él decía que la vida es la invitación de Dios a descubrir y vivir la propia tarea, o la propia vocación. Entonces a no buscar ser lo que no se es, sino a estar ocupados en el conocimiento de sí y de recordarse del consejo de Jesús presente en este evangelio. Y concluye diciendo (palabras textuales): “Por lo tanto, si un hombre es llamado a ser un barrendero, debe barrer las calles como Miguel Ángel pintó, como Beethoven compuso, o Shakespeare escribió poemas. Debería barrer las calles tan bien que todos los huéspedes del cielo y de la tierra un día se detengan a decir: aquí vivió un gran barrendero que hacía bien su trabajo…”. ¿Qué dicen? ¿fácil verdad? Sin embargo, Jesús mismo lo dice en la parábola. Si eliges el último lugar escucharás tarde o temprano la voz de Dios que invita a ir más adelante y entonces tendrás honor delante de todos los comensales (Lc 14,10b). Pero ¿qué es este honor que viene de Dios? ¿Y qué es esto ante todos los comensales?

Soy solo un sacerdote pecador, estoy solo encaminado a la búsqueda del último lugar. Pero puedo contar algo que me ha quedado como imagen de cuanto estoy expresando. Recuerdo que a la llamada de un obispo para el cargo en una gran parroquia de la ciudad también se llamó a otro sacerdote. Debíamos los dos gobernarla, pero era necesario que solo uno fuera oficialmente el párroco. Note que el otro sacerdote quería absolutamente aquel lugar y aquel título. En aquella ocasión me recordé que tenía una buena oportunidad de vivir esta página evangélica. Por eso, pedí explícitamente al obispo que procediera sin demora en el nombramiento del otro sacerdote. Contento él, contento yo. Solo que, al pasar del tiempo, en el gobierno de aquella parroquia, sucedió progresivamente que la gente se orientaba a buscar mi consejo, se confesaba conmigo, en los problemas personales buscaba coloquios solo conmigo. Y después de un cierto período, la situación se volvió así evidente que mi hermano no logró más. Una tarde, encontrándonos solos en la secretaría, explotó su rabia. Me preguntó como así las personas no entendían que era él el párroco, no yo, aunque los invité a hablar con él. Nunca le dije lo que la gente me respondía a mi invitación, pero lo invité a buscar la respuesta en el evangelio de este domingo. Parafraseando al Señor Jesús, diría que no se puede buscar el honor de Dios y el honor del mundo, porque o se amará lo uno y se odiará al otro, o nos aficionaremos al uno y se despreciará al otro.