CONFIDA IN ME

II DOMENICA DI PASQUA

anno C (2019)

At 5,12-16; Ap 1,9-13.17-19; Gv 20,19-31

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

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La seconda domenica di Pasqua è dedicata in modo speciale al mistero della Misericordia Divina. Mistero insondabile, imperscrutabile, imprevedibile, insuperabile. Giovanni Paolo II ha ufficialmente istituito questa festa il 20 aprile del 2000; in realtà ha obbedito a una precisa volontà divina che si è manifestata facendosi largo nella vita di una suora polacca, S.Faustina Kowalska, cui ha affidato tante altre rivelazioni. Il desiderio del Signore che si celebrasse la festa della Misericordia Divina nella 2a domenica di Pasqua è legato all’immagine, ormai diffusa in tutto il mondo, che rappresenta il Signore Gesù così come un giorno si è manifestato alla suora. Anche il dipinto dell’immagine è stato esplicitamente richiesto da Gesù. Poi, come ogni altro dono celeste, tutto è passato nel tesoro della Chiesa solo a caro prezzo. S.Faustina e il suo messaggio hanno dovuto soffrire molto prima che passassero nella vita ecclesiale quale veritiera esperienza di Dio.

Troviamo annotata per la prima volta l’espressione di questa volontà divina nel Diario di S.Faustina, precisamente nel febbraio 1931, quando viveva nel convento di Plock. “Io desidero che vi sia una festa della Misericordia. Voglio che l’immagine, che farai dipingere con il pennello, venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua; questa domenica deve essere la festa della Misericordia” (Gesù a Santa Faustina Kowalska, Diario, Q.I, 49). Negli anni successivi  Gesù è ritornato a fare questa richiesta a Sr.Faustina addirittura in 14 successive apparizioni, definendo con precisione il giorno della festa nel calendario liturgico della Chiesa, la causa e lo scopo della sua istituzione, il modo di prepararla e di celebrarla, come pure le grazie ad essa legate. E’ evidente che il Signore stesso vuole che la Chiesa ricordi il profondo legame tra l’opera redentiva dell’umanità da Lui compiuta e il suo Amore Misericordioso.

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Il vangelo della 2a domenica di Pasqua sta a fondamento di questo legame. L’incertezza dei discepoli dopo i primi resoconti visivi sulla tomba vuota viene lacerata dalla presenza di Gesù Risorto che, in mezzo ad essi, comunica la pace mentre offre la visione delle sue stigmate (Gv 20,19-20). Il dono dello Spirito sigilla la missione a loro affidata e imperniata sulla Divina Misericordia: essi sono uomini perdonati, possono pertanto perdonare a loro volta nel suo nome, poiché sono  chiamati a condividere con ogni uomo l’indicibile esperienza di questo amore (Gv 20,21-23). Se Gesù presenta subito il perdono dei peccati come chiave della missione, significa che dovrà essere al centro della loro opera evangelizzatrice: qualora infatti annunciassero il volto di un Dio che non fosse Amore e Misericordia, tradirebbero la propria vocazione e missione.

Perciò credo si debba ringraziare Tommaso, assente dal gruppo degli apostoli alla prima apparizione di Gesù (Gv 20,24). Leggo la sua assenza come espressione ancora più chiara dell’incertezza/incredulità che regnava in tutti riguardo al Signore sparito dalla tomba. Incertezza e incredulità che emergono con forza quando i suoi fratelli gli raccontano di aver visto il Signore. Tommaso non riesce a fidarsi della loro sola testimonianza. Il suo reclamo è puntuale: se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi, e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo (Gv 20,25). Che poi, forse vuol dire più o meno questo: “a voi ha fatto vedere le mani e il fianco? Perché allora non posso vederli anch’io? Voglio vedere con i miei occhi e toccare con le mie mani come sia possibile che dei segni di morte siano adesso segni di vita”. Già, hai ragione Tommaso, proprio qui sta il problema. Come è possibile che le terribili ferite inferte al Signore dal nostro peccato siano diventate fonte di luce, gioia, pace e benedizione? Questa è veramente una questione di fede!

Gesù viene incontro alla debolezza di Tommaso, debolezza non diversa da quelli degli altri discepoli e dalla nostra. La posta in palio è troppo importante, ne va dell’immagine di Dio che anche Tommaso dovrà annunciare, quindi gli ripresenta mani e fianco invitandolo a guardare e toccare, ovvero a credere (Gv 20,26-27). Tommaso crolla in ginocchio esclamando: mio Signore e mio Dio! (Gv 20,28) Il discepolo si è convinto: il suo maestro crocifisso è vivo, le sue piaghe sono il timbro comprovante che è la stessa persona! Quelle ferite non lo hanno cambiato, Gesù gli parla ancora con amore! Ma aggiunge: perché mi hai veduto hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto (Gv 20,29) Il Signore proclama la beatitudine di tutti coloro che credono alle sue parole senza vedere, ci siamo dentro anche noi! Tuttavia, sempre fedele a sé stesso e a noi, nelle rivelazioni a Sr.Faustina Kowalska, ancora una volta, viene incontro alla debolezza della nostra fede. In quell’immagine fatta dipingere per suo volere continua a cercare l’uomo, conferma di volergli usare a tutti i costi misericordia, anzi, offre la sua misericordia come ultima ancora di salvezza, anche se la condizione dell’uomo fosse apparentemente irrimediabile: «II peccatore non tema di avvicinarsi a Me. Anche se la sua anima fosse come un cadavere in piena putrefazione, se umanamente non ci fosse più rimedio, non è così davanti a Dio. Io sono tutto Amore e Misericordia. Nessun peccatore, fosse pure in un abisso di abiezione, mai esaurirà la Mia Misericordia, poiché più vi si attinge, più aumenta. Il peccatore, anche se i suoi peccati fossero neri come la notte, rivolgendosi alla Mia Misericordia, Mi glorifica e onora la Mia Passione». (Gesù a Santa Faustina Kowalska, Diario, Q.V, 1448)

 

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CONFIA EN MI

 

El segundo domingo de Pascua está dedicada en modo especial al misterio de la Misericordia Divina. Misterio insondable, inescrutable, impredecible, insuperable. Juan Pablo II ha instituido oficialmente esta fiesta el 20 de abril del 2000; en realidad ha obedecido a una precisa voluntad divina que se ha manifestado haciéndose espacio en la vida de una monja polaca, S. Faustina Kowalska, a quien ha confiado tantas otras revelaciones. El deseo del Señor que se celebrase la fiesta de la Misericordia Divina en el 2do domingo de Pascua está ligada a la imagen, ya difundida en todo el mundo, que representa al Señor Jesús así como un día se ha manifestado a la monja. También el dibujo de la imagen ha sido explícitamente pedido por Jesús. Luego, como cada otro don celeste, todo ha pasado al tesoro de la Iglesia solo a caro precio. S. Faustina y su mensaje han tenido que sufrir mucho antes que pase a la vida eclesial como una verdadera experiencia de Dios.

Encontramos anotada por la primera vez la expresión de esta voluntad divina en el Diario de S. Faustina, precisamente en febrero de 1931, cuando vivía en el convento de Plok. “Yo deseo que haya una fiesta de la Misericordia. Quiero que la imagen, que harás pintar con el pincel, venga solemnemente bendecida el primer domingo después de la Pascua; este domingo debe ser la fiesta de la Misericordia” (Jesús a Santa Faustina Kowalska, Diario, Q.I, 49). En los años sucesivos Jesús ha regresado a hacer este pedido a Sor Faustina hasta en 14 sucesivas apariciones, definiendo con precisión el día de la fiesta en el calendario litúrgico de la Iglesia, la causa y el objetivo de su institución, la manera de prepararla y de celebrarla, como también las gracias a ella vinculadas. Es evidente que el Señor mismo quiere que la Iglesia recuerde el profundo vínculo entre la obra redentora de la humanidad por Él cumplido y su Amor Misericordioso.

El evangelio del 2do domingo de Pascua está como fundamento de este vínculo. La incerteza de los discípulos después de los primeros resultados visibles en la tumba vacía viene lacerada por la presencia de Jesús Resucitado que, en medio a ellos, comunica la paz mientras ofrece la visión de sus llagas (Jn 20,19-20). El don del Espíritu sella la misión a ellos confiada y centrada sobre la Divina Misericordia: ellos son hombres perdonados, pueden por lo tanto perdonar a su vez en su nombre, porque están llamados a compartir con cada hombre la indecible experiencia de este amor (Jn 20,21-23). Si Jesús presenta inmediatamente el perdón de los pecados como llave de la misión, significa que debe estar al centro de su obra evangelizadora: si de hecho anunciarán el rostro de un Dios que no fuera Amor y Misericordia, traicionarían la propia vocación y misión.

Por lo tanto creo que se deba agradecer a Tomás, ausente en el grupo de los apóstoles en la primera aparición de Jesús (Jn 20,24). Leo su ausencia como expresión aún más clara de la incerteza/incredulidad que reinaba en todos con respecto al Señor desaparecido de la tumba. Incerteza e incredulidad que sobresalen con fuerza cuando sus hermanos le cuentan de haber visto al Señor. Tomás no logra a confiar solo de los testimonios. Su reclamo es puntual: si no veo en sus manos el signo de los clavos y no meto mi dedo en el signo de los clavos, y no meto mi mano en su costado, yo no creo (Jn 20,25). Que luego, quizás quiere decir más o menos esto: “¿a ustedes ha hecho ver las manos y el costado? ¿Por qué entonces no puedo verlos también yo? Quiero ver con mis ojos y tocar con mis manos cómo es posible que de las marcas de muerte ahora sean marcas de vida”. Ya, tienes razón Tomás, justamente aquí está el problema. ¿Cómo es posible que las terribles heridas hechas al Señor por nuestro pecado se hayan vuelto fuente de luz, gozo, paz y bendición? ¡Esto es verdaderamente una cuestión de fe!

Jesús viene al encuentro de la debilidad de Tomás, debilidad no diferente de la de los otros discípulos y de la nuestra. La puesta en juego es demasiado importante, en ella se va la imagen de Dios que también Tomás deberá anunciar, entonces le vuelve a presentar manos y costado invitándolo a mirar y tocar, o verdaderamente a creer (Jn 20,26-27). Tomás cae de rodillas exclamando: ¡mi Señor y mi Dios! (Jn 20,28) El discípulo se ha convencido: su maestro crucificado está vivo, ¡sus llagas son el sello comprobante que es la misma persona! Aquellas heridas no lo han cambiado, ¡Jesús le habla aún con amor! Pero agrega: porque me has visto has creído; dichosos aquellos que no han visto y han creído (Jn 20,29) El Señor proclama la bienaventuranza de todos aquellos que creen a sus palabras sin ver, ¡estamos adentro también nosotros! Sin embargo, siempre fiel a sí mismo y a nosotros, en las revelaciones a sor Faustina Kowalska, todavía una vez más, viene al encuentro de la debilidad de nuestra fe. En aquella imagen hecha pintar por su querer continúa a buscar al hombre, confirma querer usar a todas costas misericordia, más bien, ofrece su misericordia como última todavía de salvación, aunque si la condición del hombre estuviera aparentemente irremediable: “El pecador no tema acercarse a Mí. También si su alma fuera como un cadáver en plena putrefacción, si humanamente no hubiera más remedio, no es así delante de Dios. Yo soy todo Amor y Misericordia. Ningún pecador, estuviera incluso en un abismo de vileza, nunca agotará Mi Misericordia, porque más se recurre, más aumenta. El pecador, también si sus pecados fueran negros como la noche, dirigiéndose a Mi Misericordia, Mi glorifica y honora Mi Pasión” (Jesús a Santa Faustina Kowalska, Diario, Q.V, 1448)

3 Comments

  1. Di fronte a questa immagine mi chiedo sempre perché tanti continuino a soffrire perché non sanno accogliere la Misericordia infinita che viene da Dio

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