PRIMA LA SALUTE O LA SALVEZZA?

XXVIII DOMENICA DEL T.O.

2Re 5,14-17; 2Tm 2,8-13; Lc 17,11-19

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

“La prima cosa, la più importante, è la salute”. “Quando hai la salute, hai tutto”. Sono solo alcune delle espressioni che sin da piccolo sento sulla bocca di tanti. Sembrerebbe proprio così, se consideriamo che le parole salvezza e salute hanno la stessa radice: il latino salus. Ma il vangelo non sembra allinearsi con il comune modo di pensare. Per carità, non che le due realtà non possano coincidere, ma ricordiamo il vangelo di un paio di domeniche fa. Un uomo ricco e satollo, senza problemi di salute; un povero invece pieno di problemi con il corpo coperto di piaghe, privo di salute. Nel post-mortem raccontato nella parabola, solo Lazzaro, che non aveva buona salute in terra, raggiunge la salvezza. Cosa se ne fece invece quel ricco della sua salute? Però voglio chiarirlo subito: questo commento non è né un elogio della sofferenza, né un invito al disprezzo della salute corporale.

I dieci lebbrosi incontrano Gesù, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, ottobre 2016
I dieci lebbrosi incontrano Gesù, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, ottobre 2016

Gesù incontra sul suo cammino verso Gerusalemme dieci lebbrosi che gridano a Lui. Lo chiamano per nome e lo riconoscono anche maestro (v.13). Il Signore ordina loro: andate a presentarvi ai sacerdoti (v.14). L’ordine dato rispetta le norme del libro del Levitico circa la purificazione dei colpiti da lebbra: questa è la legge da applicare al lebbroso per il giorno della sua purificazione. Egli sarà condotto al sacerdote…(Lv 14,2ss.). Osserviamo che Gesù ha ascoltato il grido e ha visto la condizione di quegli uomini ma, nel suo pronto intervento, si è limitato a ordinar loro di fare quello che la parola di Dio già dice in proposito. Due piccole annotazioni al riguardo:

1) nella vita tante volte, per problemi di natura spirituale che non si ha più il coraggio di chiamare “peccati”, c’è chi fa giri interminabili qua e là tra santoni, guru e presunti specialisti in umanità che offrono soluzioni suggestive spesso a caro prezzo, ma a lungo andare privandosi di una vita più serena e felice. Quante cose comincerebbero a sistemarsi nella propria vita, quale pace ritornerebbe nel proprio cuore se si andasse con fiducia dal sacerdote per una sincera confessione sacramentale e per ricevere le indicazioni di un cammino personalizzato!

2) i 10 lebbrosi, obbedendo alle parole di Gesù, vengono guariti mentre sono in cammino (v.14). Segno che conferma quanto detto sopra al punto 1. Le nostre infermità interiori di cui la lebbra è figura, guariscono all’interno del cammino di fede che intraprendiamo. Ed è l’obbedienza alla parola di Dio che ci guarisce! Inoltre, questo significa che per seguire Gesù non bisogna aspettare di essere prima puri, sani e santi. La guarigione e la salvezza sono doni consequenziali alla decisione di dar fiducia a Gesù e alle sue parole.

Il samaritano guarito dalla lebbra, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, ottobre 2016
Il samaritano guarito dalla lebbra, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, ottobre 2016

E veniamo al nucleo più importante del messaggio evangelico. Uno dei dieci vedendosi guarito tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un samaritano (vv.15-16). Dieci vengono guariti, ma uno solo ritorna verso Gesù per ringraziare e per giunta samaritano, cioè uno doppiamente escluso dalla salvezza secondo il pensiero religioso del tempo: perché era lebbroso e per il suo status di cittadino etnicamente impuro. Gesù lo chiama straniero (v.18). Ancora una volta il vangelo ci mette di fronte al tema della fede che il Signore incontra laddove non dovrebbe manifestarsi (cfr. Lc 9,53). Le domande che Gesù si pone davanti a quell’uomo sono in sé stesse la strada migliore per cogliere il nocciolo del suo insegnamento. La salvezza della nostra vita non consiste nel guarire dalla propria lebbra, ma incontrare Chi ci guarisce. La salvezza non coincide con una buona salute, anche se è sempre auspicabile averla. Se, come diceva un antico padre (S.Ireneo di Lione), il fine della vita dell’uomo è dar lode e gloria al suo Creatore, allora possiamo comprendere il risalto delle domande e l’affermazione finale nel vangelo. E’ la relazione con Gesù che ci salva. La salute è uno dei tanti doni che può farmi ricordare il Donatore, ma me ne può anche allontanare se diventa più importante di Lui! Ecco quanto il credente deve ricordare.

Alzati e cammina; la tua fede ti ha salvato! (v.19) Se è la fiducia nel rapporto con Gesù a salvare la mia vita, allora la salute può esserci ma può anche non esserci. Come la stessa esperienza umana ci insegna quando incontriamo persone (e quante ce ne sono!…) che pur non godendo affatto di buona salute ci sono di esempio nella fede. La salvezza, salute interiore dell’anima, con o senza una buona salute, è vivere grati a Dio, anche su una sedia a rotelle! Per il discepolo di Cristo il dono più importante, il dono che Dio ci ha già fatto, il dono da accogliere ogni giorno nella preghiera, è incontrare e riconoscere il Donatore nel proprio cuore. Chi ha orecchi per intendere, intenda.

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“La primera cosa, la más importante, es la salud”. “Cuando tienes la salud, tienes todo”. Son solo algunas de las expresiones que desde cuando era pequeño escucho de la boca de tantos. Pareciera justamente así, si consideramos que las palabras salvación y salud tienen la misma raíz: el latín salus. Pero el evangelio no parece alinearse con el común modo de pensar. Por favor, no es que las dos realidades no puedan coincidir, pero basta recordar el evangelio de hace un par de domingos. Un hombre rico y satisfecho, sin problemas de salud; un pobre en cambio lleno de problemas con su cuerpo lleno de heridas, sin salud. En la post-muerte relatado en la parábola, solo Lázaro, que no tenía buena salud en la tierra, alcanza la salvación. ¿Qué cosa hizo en cambio aquél rico de su salud? Pero quiero aclararlo inmediatamente: este comentario no es ni el elogio del sufrimiento, ni la invitación al desprecio de la salud corporal.

Jesús encuentra en su camino hacia Jerusalén 10 hombres que gritan a Él. Lo llaman por nombre y lo reconocen también como maestro (v.13). El Señor ordena a ellos: vayan a presentarse a los sacerdotes (v.14). La orden dada respeta las normas del libro del Levítico acerca de la purificación de los enfermos de lepra: esta es la ley para aplicar al leproso por el día de su purificación. Él será conducido al sacerdote… (Lev 14,2ss.).

Es interesante observar que Jesús ha escuchado el grito y ha visto la condición de esos hombres pero, en su pronta intervención, se ha limitado a ordenar a ellos de hacer aquello que la palabra de Dios ya dice a propósito. Dos pequeñas anotaciones al respecto:

1) en la vida tantas veces, por problemas de naturaleza espiritual que no se tiene más el coraje de llamar “pecados”, hay quien da vueltas interminables aquí y allá entre santones, brujos y presuntos especialistas en cosas humanas que ofrecen soluciones sugestivas normalmente a caro precio, pero a la larga privándose de una vida más serena y feliz. ¡Cuántas cosas comenzarían a arreglarse en la propia vida, qué paz regresaría en el propio corazón si se iría con confianza al sacerdote para una sincera confesión sacramental y para recibir las indicaciones de un camino personalizado!

2) los 10 leprosos, obedeciendo a las palabras de Jesús, vienen sanados mientras están en camino (v.14). Signo que confirma lo dicho arriba en el punto 1. Nuestras enfermedades interiores de la cual la lepra es figura, sanan dentro del camino de fe que emprendemos. ¡Y es la obediencia a la palabra de Dios que nos sana! Además, esto significa que para seguir a Jesús en su camino no es necesario esperar a ser primero puros, sanos y santos. La sanación y la salvación son dones consecuenciales a la decisión de dar confianza a Jesús y a sus palabras.

Y vamos al núcleo más importante del mensaje evangélico. Uno de los diez viéndose sanado volvió atrás alabando a Dios a gran voz, y se postró delante de Jesús, a sus pies, para agradecerle. Era un samaritano (vv.15-16). Diez son sanados, pero uno solo regresa hacia Jesús para agradecer y además samaritano, o sea uno doblemente excluido de la salvación según el pensamiento religioso del tiempo: porque era leproso y por su status de ciudadano étnicamente impuro. Jesús lo llama extranjero (v.18) Una vez más el evangelio nos pone delante al tema de la fe que el Señor encuentra allí donde no debería manifestarse (cfr. Lc 9,53). Las preguntas que Jesús se pone delante a ese hombre son en sí mismas el mejor camino para coger el corazón de su enseñanza. La salvación de nuestra vida no consiste en sanar de nuestra propia lepra, sino en encontrar a Quien nos sana. La salvación no coincide con una buena salud. También si es siempre deseable tenerla. Si, como decía un antiguo padre (S. Ireneo di Lione) el final de la vida del hombre es dar alabanza y gloria a su Creador, entonces podemos comprender el resalto de las preguntas y la afirmación final en el evangelio. Es la relación con Jesús que nos salva. ¡La salud es uno de los tantos dones que puede hacerme recordar al Donador, pero me puede también alejar si se vuelve más importante que Él!. He aquí lo que el creyente debe recordar.

¡Levántate y camina; tu fe te ha salvado! (v.19) Si es la confianza en la relación con Jesús en salvar mi vida, entonces la salud puede estar pero puede también no estar. Como la misma experiencia humana nos enseña cuando encontramos a personas (¡y cuántas hay!…) que aun no gozando de hecho de buena salud son de ejemplo en la fe. La salvación, salud interior del alma, con o sin una buena salud, es vivir felices porque gratos a Dios, ¡también sobre una silla de ruedas! Para el discípulo de Cristo el don más importante, el don que Dios ya nos ha hecho, el don para acoger cada día en la oración, es encontrar y reconocer al Donador en el propio corazón. Quien tenga oídos para entender, entienda.

4 Comments

  1. …..da tempo ho l’abitudine di condividere le mie gioie e i miei dolori di fronte al Tabernacolo….spesso la mia è una preghiera di richiesta di aiuto per proteggere una persona, per cercare di risolvere una situazione “in scompenso”….non lo nascondo, io chiedo molto!Ma più che altro condivido. …. ritengo che chi è di fronte a me sia talmente grande da avere “orecchie” per tutti. Mi sento ascoltata, non demordo se le cose non si risolvono. ……tuttavia, col tempo ho capito che a volte quello che io vorrei non si realizzerà mai, anzi è vero il contrario….come quando i miei genitori erano via in montagna, insieme per l’ultima volta. Quella mattina tra le mie preghiere c’erano anche loro. ….”Signore proteggili, sono lontani…”. Come potevo immaginare che mio papà non sarebbe più tornato? Ma in fondo, mio padre aveva ricevuto ormai da tempo la salvezza spirituale, le mie preghiere sicuramente gli hanno permesso di “passare” di la’ in grazia di Dio!
    È proprio vero, cosa vale di più se non la salvezza-salute dell’ anima? Quante persone in piena salute, belle fuori, sono tormentate dalla noia o dalla continua ricerca di una perfezione che non raggiungeranno mai!! Ed è vero anche il viceversa, come dicevi tu. Quante persone sono felici del poco che hanno! Forse tutti dovremmo abituarci a non dare nulla per scontato, nemmeno il fatto che all’ inizio di ogni giorno possiamo aprire gli occhi per vedere il mondo; imparare a ringraziare di quello che si ha secondo me avvicina molto al nostro Papa’ celeste che desidera per noi il bene

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  2. Due o tre domeniche fa dopo la messa, si avvicina a me un signore, Domenico, che conosco da tanto.
    Domenico da un po di anni cammina
    con una stampella, ha avuto un ictus
    ed è rimasto paralizzato tutto un lato del suo corpo.
    Quel giorno Domenico era raggiante…, doveva darmi un dono
    preso a Lourdes per mia mamma, e poi mi doveva raccontare del suo
    pellegrinaggio al santuario.
    Era già stato a Lourdes, ma questa volta portava con se un’esperienza particolare; pregava la Madonna per la sua guarigione e per la sua famiglia, ma aveva anche incontrato una bambina affetta da una malattia grave.
    Mentre raccontava gli occhi di Domenico si sono bagnati di lacrime
    e ripeteva “poverina!”…”non ho più pregato per la mia guarigione, ma per la sua”.
    Il Vangelo di oggi ci dice che i dieci lebbrosi pregavano ” Gesù maestro,
    abbi pietà di noi!”.
    San Paolo ci ricorda ancora che la Parola non è incatenata, perciò non
    scoraggiamoci, ma innalziamo sempre a Lui le nostre suppliche.

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