Pubblicato in: Commento alle Scritture, Predicazione, Servizio della Parola

PUO’ INSEGNARE CHI HA COMPASSIONE

XVI DOMENICA DEL T.O.

anno B (2024)

Ger 23,1-6; Ef 2,13-18; Mc 6,30-34

Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.

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Siamo soltanto all’inizio del cap.6 del vangelo di Marco e domenica scorsa abbiamo visto che Gesù coinvolge subito i Dodici nella sua missione. Da loro il suo stesso potere più alcune importanti istruzioni. Gesù non è il Dio che fa la sua parte senza che noi facciamo la nostra. La prima missione dei Dodici è già una piccola icona della missione della chiesa futura: importantissimo allora meditare le sue istruzioni. Essi partirono a due a due: il che significa che la fraternità è cruciale nella forma della missione, non c’è spazio per l’individualismo nella chiesa. Inoltre i Dodici (la chiesa) non sono chiamati ad avere necessariamente successo, perché il successo della missione della chiesa è come quello del suo Signore: è subito adombrato dalla Croce. C’è chi accoglierà il messaggio salvifico del vangelo e c’è chi non l’accoglierà. La chiesa dovrà guardarsi dall’impostare una missione proselitista. Questa infatti farebbe leva sulla ricerca dei mezzi piuttosto che sul bastone della fede, cercherebbe un successo apostolico ad ogni costo piuttosto che il successo paradossale della missione dato dal timbro divino della Croce.

È bello sentire dal vangelo di oggi che i Dodici tornarono da quella missione per raccontare a Gesù di tutto quello che avevano insegnato e fatto. Ha il sapore di una familiarità che cresceva nella relazione con il Signore. Cosa vuol dire per noi? Che possiamo raccontare tutto a Lui, che nella vita Gesù si ferma volentieri ad ascoltarci mentre camminiamo nella fede. Non solo. Egli conosce bene anche la nostra fatica, perciò da buon padre/madre ci invita anche a saper riposare, a trovare un deserto dove poter restare soli nell’intimità con Lui. Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare – ci dice Marco evangelista. Segno che gli apostoli si immersero con tutto il loro essere nella missione, segno che sentirono tutta la fiducia del loro Maestro in quella prima esperienza, fino al punto da dimenticarsi di un bisogno primario come quello di alimentare il corpo. Allora, per rispondere all’invito di Gesù, presero una barca per dirigersi in un posto dove poter stare in disparte, soli con il Signore. E cosa successe? Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero. Dunque un tentativo naufragato a causa della fame della parola di Dio da parte di tanta gente. E qui, al termine di questo mini viaggio alla ricerca del necessario riposo, Marco ci consegna una delle più belle immagini di Gesù: sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.

Insegnava loro in parabole

Infatti, Gesù è il vero pastore dell’umanità perché ci vede e ha compassione di noi pecore che, senza Lui, non abbiamo una guida sicura per le nostre vite, non riusciamo nemmeno a tenerla in piedi. Senza la relazione con Gesù non possiamo dire come il salmista il Signore è il mio pastore, non manco di nulla. Anche oggi Gesù prova questa compassione infinita e ci vuole insegnare molte cose. C’è allora solo da chiedersi se ci lasciamo avvicinare da Lui, se crediamo che continua a compatire realmente tutte le nostre infermità e le nostre fatiche. In un mondo smarrito di uomini che cercano spasmodicamente nuove leadership, tanti “influencer” che non convincono, l’annuncio del vangelo diventa fondamentale anche solo per riscoprire la nostra genuina umanità. Noto in giro una fame d’incontro di punti di riferimento autentici e solidi che non avevo mai avvertito prima. È un’occasione propizia per portare Gesù agli altri, soprattutto a chi soffre e a chi è tentato di pensare che Dio non abbia compassione di noi. È sicuramente il peso che più grava nel nostro ministero di pastori mandati da Dio: essere uomini compassionevoli delle infermità e miserie dell’uomo di oggi, senza cercare giustificazioni. Solo un uomo con un cuore compassionevole ha ancora qualcosa da dire all’umanità. Solo un uomo così può insegnare molte cose. Per questo motivo, chiudo subito questo commento limitandomi a chiedere a voi che leggete, per me e per tanti miei fratelli nel sacerdozio, la vostra accorata preghiera, affinché davvero diventiamo pastori del popolo secondo il cuore di Dio, ricco di compassione.

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PUEDE ENSEÑAR QUIEN TIENE COMPASIÓN

 

Estamos solo al comienzo del cap.6 del evangelio de Marcos y el domingo pasado vimos que Jesús involucra inmediatamente a los Doce en su misión. De ellos su propio poder más algunas instrucciones importantes. Jesús no es el Dios que hace su parte sin que nosotros hagamos la nuestra. La primera misión de los Doce es ya un pequeño icono de la misión de la iglesia futura: muy importante entonces meditar sus instrucciones. Ellos partieron de dos en dos: lo que significa que la fraternidad es crucial en la forma de la misión, no hay espacio para el individualismo en la iglesia. Además, los Doce (la iglesia) no están llamados a tener necesariamente éxito, porque el éxito de la misión de la iglesia es como el de su Señor: es inmediatamente eclipsado por la Cruz. Hay quien acogerá el mensaje salvífico del Evangelio y hay quien no lo acogerá. La Iglesia deberá cuidarse de establecer una misión proselitista. En efecto, ésta se apoyaría en la búsqueda de medios más que en el bastón de la fe, buscaría un éxito apostólico a toda costa que el éxito paradójico de la misión dado por el sello divino de la cruz.

Es hermoso escuchar del evangelio de hoy que los Doce regresaron de esa misión para contarle a Jesús todo lo que habían enseñado y hecho. Tiene el sabor de una familiaridad que crecía en la relación con el Señor. ¿Qué significa para nosotros? Que podemos contar todo a Él, que en la vida Jesús se detiene con mucho gusto a escucharnos mientras caminamos en la fe. No solo. Él conoce bien también nuestra fatiga, por eso como buen padre/madre nos invita también a saber descansar, a encontrar un desierto donde poder estar solos en la intimidad con Él. De hecho, eran muchos los que iban y venían y ni siquiera tenían tiempo para comer – nos dice Marcos evangelista. Señal de que los apóstoles se sumergieron con todo su ser en la misión, signo de que sintieron toda la confianza de su Maestro en aquella primera experiencia, hasta el punto de olvidarse de una necesidad primaria como la de alimentar el cuerpo. Entonces, para responder a la invitación de Jesús, tomaron una barca para dirigirse a un lugar donde pudieran estar a solas con el Señor. ¿Y qué sucedió? Pero muchos los vieron partir y entendieron, y de todas las ciudades vinieron allí a pie y los precedieron. Por lo tanto, un intento fracasado a causa del hambre de la palabra de Dios por parte de tanta gente. Y aquí, al final de este miniviaje en busca del descanso necesario, Marcos nos entrega una de las más bellas imágenes de Jesús: bajó de la barca, vio una gran multitud, se compadeció de ellos, porque eran como ovejas que no tienen pastor, y comenzó a enseñarles muchas cosas.

En efecto, Jesús es el verdadero pastor de la humanidad porque nos ve y tiene compasión de nosotras ovejas que, sin Él, no tenemos una guía segura para nuestras vidas, ni siquiera logramos mantenerla en pie. Sin la relación con Jesús no podemos decir como el salmista el Señor es mi pastor, no me falta nada. También hoy Jesús siente esta compasión infinita y quiere enseñarnos muchas cosas. Entonces solo hay que preguntarse si nos dejamos acercar por él, si creemos que sigue compadeciendo realmente todas nuestras enfermedades y nuestras fatigas. En un mundo perdido de hombres que buscan espasmódicamente nuevos líderes, muchos “influencers” que no convencen, el anuncio del evangelio se vuelve fundamental solo para redescubrir nuestra genuina humanidad. Observo un hambre de encuentro de puntos de referencia auténticos y sólidos que nunca antes había advertido. Es una ocasión propicia para llevar a Jesús a los demás, sobre todo a quien sufre y a quien está tentado de pensar que Dios no tiene compasión de nosotros. Seguramente es el peso que más pesa en nuestro ministerio de pastores enviados por Dios: ser hombres compasivos de las enfermedades y miserias del hombre de hoy, sin buscar justificaciones. Solo un hombre con un corazón compasivo tiene todavía algo que decir a la humanidad. Solo un hombre así puede enseñar muchas cosas. Por este motivo, cierro inmediatamente este comentario limitándome a pedirle a ustedes que leen, para mí y para tantos hermanos míos en el sacerdocio, su apremiante oración, para que de verdad nos convirtamos en pastores del pueblo según el corazón de Dios, rico en compasión.

 

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Autore:

Nato rocambolescamente nel 1966, allontanatosi allegramente intorno al 1980, pescato faticosamente nel 1987, chiamato clamorosamente nel 1992, ordinato sacerdote misericordiosamente nel 1999, inviato burrascosamente nel 2003, rientrato silenziosamente nel 2009, cercando umilmente dal 2010...

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