SE RIESCI A VEDERTI NEL PRESEPE

OMELIA NELLA S.NOTTE DI NATALE

(ANNO 2018)

Lc 2,1-14

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nazareth, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

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Natale 2019
Natale 2018, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, dicembre 2018

Nell’ultima settimana di Avvento, quando riuscivo a entrare (ben poco) nel silenzio, ho ripetutamente pensato a questa celebrazione. Mi chiedevo: cosa vuoi dirci Signore quest’anno, nella santa notte in cui ricordiamo il tuo ingresso nel mondo, il mondo che tu stesso hai creato? Mi sentivo continuamente dondolare tra i versetti di 2 poetesse che amo, una italiana e l’altra americana; tra Alda Merini, che in un suo celebre aforisma suggerisce di scegliere con cura le parole da non dire, ed Emily Dickinson, che professa di non conoscere nulla che abbia tanto potere quanto la parola. Poi, come quest’ultima aggiunge nella citata poesia, dopo aver riletto il vangelo di questa notte, aspettavo che una delle sue parole cominciasse a splendere. Ma non splendeva niente. Allora, giunto al 24 dicembre, oramai alle porte del Natale, in tarda mattinata mi sono recato davanti al presepe della chiesa, da solo, e sono rimasto a guardarlo. Fortunatamente non avevo fretta ma, passati alcuni minuti, la prima cosa che ho sentito è che faceva molto freddo. Non so come, ma quel freddo mi ha dato una mano. Così, in un baleno, mi sono ritrovato catapultato anch’io nel presepe. Era come se si muovesse tutto, non solo le pale dei mulini a vento di chi lo ha preparato con cura. Si muovevano proprio tutti. Gli uomini al lavoro, i bambini con le loro mamme, i commercianti con i loro clienti, gli stessi animali, le galline, i maiali, le oche, le pecore… Poi, una luce proveniente da quella grotta mi sembrava invitare tutti a muoversi verso di essa. Seguendo la traiettoria di un cammino che era creato apposta, mi sono avviato anch’io verso la grotta; mentre camminavo, notavo che non tutti erano disposti a cambiare la direzione del proprio movimento. C’era chi osservava quel bagliore e magari ne era anche incuriosito, ma non lasciava il proprio posto di lavoro, non si allontanava dalla propria casa, dai propri affari, non lasciava i propri animali o le amabili conversazioni che stava intrattenendo con altri. Ad un certo punto, oramai molto vicino alla grotta, mi sono accorto che fino a quel momento non avevo guardato chi stava camminando con me. Rapito da quella luce, non avevo fatto caso che davanti a me, vicino a me, dietro di me, c’erano tante persone, tutte piuttosto sporche e maleodoranti. Non parlavano, alcune sembravano non avessero nemmeno la voce, eppure guardavano anch’esse stupite verso quella luce. Quando ecco, girando l’ultimo viottolo, ci trovammo tutti davanti alla grotta. Il nostro passo rallentava man mano che ci avvicinavamo per guardare all’interno. All’ingresso, un silenzio sovrumano ci investì tutti. Ci fermammo attoniti a guardare davanti a noi: c’erano una giovane donna e un giovane uomo, non so se intimoriti o infreddoliti, avevano gli occhi stanchi, eppure ancora più stupiti, mentre guardavano verso noi. Noi attendevamo da loro una parola, ma sembrava che anche essi aspettassero una parola da noi. E mentre ciascuno aspettava che l’altro aprisse bocca, all’improvviso il vagito di un bimbo infranse quella attesa. La mano di quel giovane uomo ci fece cenno di avvicinarci: c’era della paglia in una mangiatoia, e adagiato su di essa un bimbo appena nato, avvolto in bende pulite. Tutti i nostri sguardi erano su di lui. Nessuno chiese da dove venisse quella strana luce. Era come se qualcosa dicesse all’intimo di ciascuno che quella luce aveva a che fare con quel neonato. Io guardavo il bambino, ma non potevo fare a meno di continuare a guardare anche quella donna e quell’uomo. Erano soli. Infatti, quando arrivammo, non c’erano né levatrici, né parenti, né amici, né alcuna persona che si rallegrasse per il loro bimbo, come succede normalmente alla nascita di un essere umano. Sembrava che il nostro arrivo avesse destato in loro un’inesprimibile domanda, glielo si leggeva nel volto: perché eravamo lì? Mentre pensavo queste cose, uno fra noi prese la parola rivolgendosi alla donna e all’uomo: “stavamo vegliando come ogni notte i nostri greggi, quando improvvisamente un essere luminoso ci è apparso. Ci siamo spaventati perché la luce che emanava non era come quella del sole, poi però, con una voce profonda e soave, ci ha calmato. Ha detto: non abbiate paura, sono qui per annunciarvi una grande gioia che sarà di tutto il vostro popolo. Oggi nella città di Davide, è nato per voi un salvatore che è il Messia Signore. E questo per voi è il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”. Eravamo tutti sorpresi da quelle parole; ma quel giovane papà che fissava affettuosamente nella mangiatoia il suo bambino sembrava il più sorpreso, direi quasi confuso dalla sorpresa. Invece la mamma, al termine di quel breve discorso, passava in rassegna lentamente, con il suo sguardo, ciascuno di noi. Fissava ciascuno come se cercasse di memorizzare ogni cosa e ogni persona. Era come se la loro solitudine stesse sparendo. E anche noi non ci sentivamo più soli, perché da quelle parole capivamo che quella piccola famiglia, povera, sola e senza un tetto, era lì per noi. Avevamo sentito con le nostre orecchie che era una notizia proveniente del Cielo. Colui che aveva riferito del messaggero celeste riprese dicendo: “quando quell’essere luminoso sembrava aver finito di parlare, abbiamo visto comparire tantissimi altri esseri luminosi come lui. Tutti insieme dicevano: Gloria a Dio nel più alto dei Cieli e pace agli uomini che egli ama! Poi sono scomparsi”. A quelle ultime parole, una gioia indescrivibile raggiunse tutti. E mentre continuavamo insieme a guardare il bambino nella mangiatoia, scoprivamo che stare fermi davanti a lui dava anche tanta pace, una pace misteriosa che si rifletteva in ogni volto, ma soprattutto nei volti dei giovani genitori. No, non stavo sognando, ne avevo anche le prove: infatti, guardandomi addosso, vidi che anch’io ero sporco ed emanavo cattivo odore. E lì, davanti a quella mangiatoia, ora non faceva più freddo.  

5 Comments

  1. È come per incanto che la notte di Natale ci porta ad assaporare le cose semplici;
    I pastori che sorpresi si avviano alla grotta, le massaie che cercano anche loro
    di guardare là dove tutto sembra aver pace. Il fabbro batte il ferro, ma quel suo rumore non confonde l’armonia; c’è persino il gallo che canta, ma tutto riprende ad avere un senso nel mistero di un bimbo che nasce per noi. Anche nel presepio più piccolo
    non manca la Stella cometa, indica a tutti che l’atteso è ormai nato….buon Natale d.Giacomo (bellissimo commento il tuo).

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