II DOMENICA DI PASQUA
Festa della Divina Misericordia
anno A (2020)
At 2,42-47; 1Pt 1,3-9; Gv 20,19-31
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
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Sono passati venti anni da quando la 2a domenica di Pasqua è diventata, per decisione di S. Giovanni Paolo II, la festa della Divina Misericordia. Una domenica in cui la chiesa riflette sul mistero più profondo di Dio: la sua imperscrutabile Misericordia. In realtà l’istituzione è di volontà divina. Il nostro mai dimenticato papa Giovanni Paolo II ha solo creduto e obbedito a quanto rivelato da Gesù a sr. Maria Faustina Kowalska, mistica connazionale vissuta a cavallo tra la 1a e la 2a guerra mondiale, divenuta depositaria di uno dei messaggi privati più belli che Dio potesse consegnare ad un credente; naturalmente, in piena sintonia con il Vangelo e l’insegnamento magisteriale della chiesa. Sr. Faustina ha ricevuto in dono di vedere il Signore Gesù come nella popolarissima immagine qui sopra postata. Lui stesso le ha chiesto esplicitamente, il 22 febbraio del 1931, di far dipingere una immagine di come le era concesso di vederlo, promettendo grandi grazie a chi con fede l’avesse diffusa e fatta venerare nella preghiera: “Dipingi un’immagine secondo il modello che vedi, con sotto la scritta: Gesù confido in te! Desidero che quest’immagine venga venerata prima nella vostra cappella e poi nel mondo intero. Prometto che l’anima che venererà questa immagine, non perirà. Prometto pure già su questa terra, ma in particolare nell’ora della morte, la vittoria sui nemici…Io desidero che vi sia una festa della Misericordia. Voglio che l’immagine venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua; questa domenica deve essere la festa della Misericordia”. Cosa le è costato promuoverla e farla realizzare, testimoniando il grande messaggio ricevuto, ve lo lascio soltanto immaginare rimandando i più curiosi agli scritti raccolti nel suo “Diario, la misericordia divina nella mia anima”, Libreria Editrice Vaticana.
Vi confesso che i miei primi timidissimi passi di ritorno a Dio (erano gli anni 1986-1987), sono stati marcati dalla graduale conoscenza del messaggio consegnato a questa donna consacrata e da quest’immagine del Signore Gesù, che viene incontro a noi con la mano destra alzata per benedirci e la mano sinistra appoggiata sul petto indicante il suo cuore. Ancora oggi questa immagine è intronizzata nella mia stanza da letto. Da allora non mi sono più staccato da essa. Il perché, lo lascio dire ad alcuni brani scelti dal Diario della santa, cominciando dalle sublimi parole che hanno marcato pure gli inizi del mio ministero sacerdotale: “Desidero che i sacerdoti annuncino la mia grande Misericordia per le anime dei peccatori. Il peccatore non deve avere paura di avvicinarsi a me; le fiamme della mia Misericordia mi divorano, voglio riversarle sugli uomini. La sfiducia delle anime mi strazia le viscere. Ancora di più mi addolora la sfiducia delle anime consacrate…Figlia mia, dì al mondo intero che Io sono l’amore e la Misericordia in persona. Le anime che diffondono il culto della mia Misericordia le proteggo per tutta la vita come una tenera madre protegge il suo bimbo ancora lattante, e nell’ora della morte non sarò per loro giudice, ma salvatore misericordioso. In quell’ultima ora, felice l’anima che durante la vita si è immersa nella sorgente della Misericordia, poiché la giustizia non la raggiungerà. Scrivi: tutto ciò che esiste è racchiuso nelle viscere della mia Misericordia più profondamente che un bimbo nel grembo materno. Quanto dolorosamente mi ferisce la diffidenza verso la mia bontà! I peccati di sfiducia sono quelli che mi feriscono nella maniera più dolorosa!”. E ancora: “Desidero la fiducia dalle mie creature. Esortale ad una grande fiducia nella mia insondabile Misericordia. L’anima peccatrice non abbia paura di accostarsi a me, ed anche se avesse più peccati di quanti granelli di sabbia ci sono sulla terra, tutto sprofonderà nell’abisso della mia Misericordia! …Scrivi che quanto più grande è la miseria di un’anima, tanto maggiore è il suo diritto alla mia Misericordia…Di alle anime dove debbono cercare le consolazioni, cioè nel tribunale della Misericordia: lì avvengono i più grandi miracoli che si ripetono continuamente. Per ottenere questo miracolo non occorre fare pellegrinaggi in terre lontane né celebrare solenni riti esteriori, ma basta mettersi con fede ai piedi di un mio rappresentante confessandogli la propria miseria, ed il miracolo della Divina Misericordia si manifesterà in tutta la sua pienezza. Scrivi che anche se un’anima fosse come un cadavere in processo di putrefazione ed umanamente non ci fosse alcuna possibilità di risurrezione e tutto sembrasse perduto, non sarebbe così per Dio: il miracolo della sua Misericordia risusciterà quest’anima in tutta la sua pienezza. Infelici coloro che non ne approfittano!”
Sono solo alcune delle meravigliose parole rivolte da Gesù a santa Faustina. Come commentarle? Cos’altro aggiungere? Cosa potrebbe o dovrebbe ancora dirci il Signore per convincerci di come e quanto siamo amati? Eppure proprio il Vangelo ci fa capire che la nostra fragile umanità non si apre facilmente all’annuncio che proviene dalla morte e resurrezione d’amore di Cristo. Ammettiamolo, siamo un po’ strani: facciamo più fatica a lasciarci amare che ad amare, anzi, quasi tutti gli episodi evangelici che narrano le sue apparizioni da risorto, ci evidenziano un misterioso timore di sbagliarci circa la resurrezione di Gesù, quasi una riluttanza a lasciarci amare da Lui.

Tommaso non si lascia contagiare dalla gioia che ha sostituito la paura nei suoi fratelli, ma vi si oppone dicendo: se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, e non metto il mio dito nel segno dei chiodi… (Gv 20,25). Come gli altri, Tommaso non ha amore e fede sufficiente in sé per credere, e non potrebbe essere altrimenti dopo tutto quello che era successo. Ma in tutta sincerità viene fuori allo scoperto. In realtà, quando facciamo venire allo scoperto chi siamo e cosa veramente sentiamo, diventiamo un grido di preghiera, attiriamo la Misericordia Divina a soccorrerci e a compiere in noi, ancora una volta, un miracolo più importante di quelli che ci fanno recuperare la salute. Mio Signore e mio Dio! – dice accorato Tommaso a Gesù che gli mostra le sue piaghe d’amore (Gv 20,28). Lasciarsi amare dal Signore significa permettergli di generare in noi, la vittoria che vince il mondo: la nostra fede (1Gv 5,4). Oltre a vedere nel luogo delle piaghe di Gesù, Tommaso voleva metterci il dito. Il Signore gli viene incontro invitandolo a mettercelo. Ma lo esorta a credere non partendo da quel che si vede e si tocca, ma partendo dalla fede stessa per poter vedere e toccare (Gv 20,29): solo così la fede matura e compie la sua opera. Anche noi siamo invitati a tendere la nostra mano e a mettere il nostro dito lì, nel posto dove avviene il contatto tra noi e Lui: è quel posto invisibile ai nostri occhi, dove miseria e Misericordia si incontrano faccia a faccia, dove le mie piaghe sono le sue piaghe e le sue sono le mie. Lì, la fede cresce. Lì, miseria e Misericordia possono vivere insieme, felici!
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OH FELIZ CULPA!
Veinte años han pasado desde que el segundo domingo de Pascua se convirtió, por decisión de San Juan Pablo II, la fiesta de la Divina Misericordia. Un domingo en el que la iglesia reflexiona sobre el misterio más profundo de Dios: su imperscrutable Misericordia. En realidad, la institución es de voluntad divina. Nuestro nunca olvidado Papa Juan Pablo II sólo creyó y obedeció lo que Jesús reveló en Sor María Faustina Kowalska, compatriota mística, vivió entre la 1ra y 2da guerra mundial, quien se convirtió en la custodia de uno de los mensajes privados más bellos que Dios podía entregar a un creyente. Naturalmente, en plena armonía con el Evangelio y la enseñanza magisterial de la iglesia. Sor Faustina recibió como un don ver al Señor Jesús como en la imagen muy popular publicada arriba. El 22 de febrero de 1931, Él mismo le pidió explícitamente que hiciera pintar una imagen de cómo se le permitió verla, prometiendo grandes gracias a aquellos que con fe la hubieran difundido y hecho venerar en la oración: “Pinta una imagen de acuerdo con el patrón que ves, con la inscripción: ¡Jesús confío en ti! Quiero que esta imagen sea venerada primero en su capilla y luego en el mundo entero. Prometo que el alma que adorará esta imagen no perecerá. Te prometo que ya en esta tierra, pero sobre todo en la hora de la muerte, la victoria sobre los enemigos… Quiero que haya una fiesta de la Misericordia. Quiero que la imagen sea solemnemente bendecida el primer domingo después de Pascua; este domingo debe ser la fiesta de la Misericordia”. Lo que le costó promover y hacerla realizar, testimoniando el mensaje recibido, les dejo solo imaginar enviando a los más curiosos a los escritos recogidos en su “Diario, La misericordia divina en mi alma”, Librería Editorial Vaticana.
Les confieso que mis primeros tímidos pasos de regreso a Dios (que fueron los años 1986-1987), estuvieron marcados por el conocimiento gradual del mensaje entregado a esta consagrada y esta imagen del Señor Jesús, que viene a nuestro encuentro con su mano derecha levantada para bendecirnos y su mano izquierda descansando sobre su pecho indicando su corazón. Todavía hoy esta imagen está entronizada en mi dormitorio. No me he separado de ella desde entonces. La razón, le dejo decir a algunos pasajes elegidos del Diario de la Santa, comenzando con las palabras sublimes que también marcaron los comienzos de mi ministerio sacerdotal: “Quiero que los sacerdotes anuncien mi gran Misericordia por las almas de los pecadores. El pecador no debe tener miedo de acercarse a mí; las llamas de mi Misericordia me devoran, quiero verterlas sobre los hombres. La desconfianza de las almas destroza mis entrañas. Aún más me duele la desconfianza de las almas consagradas… Hija mía, dile al mundo entero que Yo soy el amor y la Misericordia en persona. Las almas que difunden el culto de mi Misericordia las protejo a lo largo de sus vidas como una madre tierna protege a su todavía bebé, y en la hora de la muerte no seré para ellos juez, sino salvador misericordioso. En esa última hora, feliz el alma que durante la vida se ha sumergido en la fuente de la Misericordia, porque la justicia no la alcanzará. Escribe: Todo lo que existe está encerrado en las entrañas de mi Misericordia más profundamente que un niño en el vientre materno. ¡Cuán dolorosamente me lastima la desconfianza hacia mi bondad! ¡Los pecados de la desconfianza son los que me lastiman de la manera más dolorosa!” Y de nuevo: “Quiero confianza de mis criaturas. Anímalos a tener gran confianza en mi misericordia insondable. El alma pecadora no tenga miedo de acercarse a mí, e incluso si tuviera más pecados que granos de arena que hay sobre la tierra, ¡todo se hundirá en el abismo de mi Misericordia! … Escribe que cuanto mayor sea la miseria de un alma, mayor será su derecho a mi Misericordia… Diles a las almas dónde deben buscar consuelo, es decir, en la corte de la Misericordia: allí suceden los mayores milagros que se repiten continuamente. Para lograr este milagro no es necesario peregrinar a tierras lejanas ni celebrar solemnes ritos externos, sino que basta con ponerse a los pies de un representante mío confesándole su miseria, y el milagro de la Misericordia divina se manifestará en toda su plenitud. Escribe que incluso si un alma fuera como un cadáver en el proceso de pudrición y humanamente no hubiera posibilidad de resurrección y todo pareciera perdido, no sería así para Dios: el milagro de su Misericordia resucitará a esta alma en toda su plenitud. ¡Infelices aquellos que no aprovechan de ello!”
Estas son sólo algunas de las maravillosas palabras dirigidas por Jesús a Santa Faustina. ¿Cómo comentar sobre ellos? ¿Qué más añadir? ¿Qué podría o debe decirnos todavía el Señor para convencernos de cómo y cuánto somos amados? Sin embargo, justamente el Evangelio nos hace comprender que nuestra frágil humanidad no se abre fácilmente al anuncio que proviene de su muerte y resurrección de amor. Seamos sinceros, somos un poco extraños: nos resulta más difícil dejarnos amar que amar, de hecho, todos los episodios evangélicos que narran las apariciones del Resucitado destacan un misterioso temor de equivocarnos sobre la resurrección de Jesús, casi una renuencia a dejarnos amar por Él.
Tomás no se deja contagiar por la alegría que ha reemplazado el miedo en sus hermanos, sino que se opone diciendo: si no veo en sus manos el signo de los clavos, y no meto mi dedo en el signo de los clavos… (Jn 20,25). Al igual que los demás, Tomás no tiene suficiente amor y fe en sí mismo para creer, y no podría ser de otra manera después de todo lo que había sucedido. Pero con toda sinceridad sale a la luz pública. En realidad, cuando hacemos ver lo que somos y lo que realmente sentimos, nos convertimos en un grito de oración, atraemos la Misericordia Divina para socorrernos y realizar en nosotros, una vez más, un milagro más importante de aquellos que nos hacen recuperar la salud. ¡Señor mío y Dios mío! – dice de corazón Tomás a Jesús que le muestra sus llagas de amor (Jn 20,28). Dejarse amar por el Señor significa permitirle generar en nosotros, la victoria que vence al mundo: nuestra fe (1Jn 5,4). Además de ver en el lugar de las heridas de Jesús, Tomás quería meter su dedo. El Señor viene a su encuentro invitándolo a meterlo. Pero le exhorta a creer no por lo que se ve y se toca, sino a partir de la fe misma para poder ver y tocar (Jn 20,29) sólo así la fe madura y realiza su obra. También nosotros estamos invitados a tender nuestra mano y meter nuestro dedo allí, en el lugar donde sucede el contacto entre nosotros y Él: es ese lugar invisible a nuestros ojos, donde la miseria y la Misericordia se encuentran cara a cara, donde mis heridas son sus heridas y las suyas son mías. Allí crece la fe. ¡Allí, la miseria y la misericordia pueden vivir juntos, felices!