Pubblicato in: Commento alle Scritture, Predicazione, Servizio della Parola

MEGLIO MATTI CON GESU’

X DOMENICA DEL T.O.

anno B (2024)

Gen 3,9-15; 2Cor 4,13-5,1; Mc 3,20-35

 

Gesù entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: «È fuori di sé». Gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demoni per mezzo del capo dei demoni». Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: «Come può Satana scacciare Satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito. Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa. In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna». Poiché dicevano: «È posseduto da uno spirito impuro». Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano». Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre».

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Come è difficile essere cristiani in questo mondo! Me lo sento dire spesso, in colloqui personali come in momenti di incontro pubblici, da giovani, adulti e anziani. Non lo si può negare. Salvo chiedersi come mai, nel dirlo, ci si esprime generalmente con quell’aria un po’da chi le difficoltà le subisce, un’aria quasi di sconfitta annunciata. Ma se meditiamo il vangelo seriamente non dovremmo meravigliarci delle difficoltà, né dovremmo viverle “subendole”: basta considerare quel che è successo a Gesù nel suo ministero. Le contrarietà multiformi che ha dovuto affrontare generano domande incalzanti al nostro spirito: ed io come vivo le contrarietà che mi si presentano? Come vivo le dure etichette che mi appiccicano addosso per il fatto che cerco di seguire il Signore Gesù? Il vangelo di oggi, tra le tante verità che annuncia, ha in sé una provocazione salutare: essere di Cristo (cristiano) mette forse in cassaforte una buona reputazione? Essere di Cristo pone forse i legami di sangue cui tanto teniamo sullo stesso piano delle relazioni generate nella fede? Essere di Cristo significa trovarsi sempre in equilibrio nelle tantissime e complesse vicende che ci tocca da vivere?

Gesù che attrae tanto la folla fino a non mangiare e a non far mangiare chi è con lui, desta giusta preoccupazione (Mc 3,20). Del resto, il mondo ha sempre i guru di turno pronti a sacrificare vite umane sull’altare della propria filosofia. Ma ci troviamo di fronte a un personaggio simile? I suoi familiari, zelanti di buon senso, pensano di sì. È fuori di sé, il che vuol dire: “questo qui è fuori di testa, fermiamolo!” (Mc 3,21). Ma Gesù non è il guru di turno, anzi, a proposito di bisogni primari come la necessità di mangiare, vedremo più avanti che se ne preoccupa eccome, da vero padre/madre di famiglia (cfr. le 2 moltiplicazioni di pani e pesci in Marco). La vicenda successiva suggerisce di cercare criteri sani di discernimento per capire chi è mandato da Dio per dire e fare quel che dice e fa, e chi invece no. Gli scribi di Gerusalemme, ottusamente, imputano a Gesù di operare esorcismi con l’aiuto degli stessi demoni (Mc 3,22). A pensarci bene, se uno ha ancora la testa sulle spalle, si accorge subito della insensatezza/irragionevolezza dell’affermazione. Eppure Gesù cerca amorevolmente di ricondurre a salute mentale gli scribi accecati dalla gelosia (Mc 3,23-27). E, sempre per amore, indica loro il reale, grave pericolo di bestemmiare lo Spirito Santo con quella affermazione (Mc 3,28-30).

Chi é mia madre e chi sono i meii fratelli

Dunque, dopo aver ricevuto del matto dai familiari, viene anche preso per un indemoniato da una delle autorità religiose di Israele. Non c’è che dire. Chi segue il Signore Gesù nelle sue vie si prepari: se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato anche me (Gv 15,18). E ancora: se hanno chiamato Beelzebùl il padrone di casa, quanto più i suoi familiari! (Mt 10,25). Bella la prospettiva della vita da cristiani veri, che ne dite? Nella 3a pericope del vangelo assistiamo poi ad un nuovo avvicinamento di familiari che, stando fuori, lo mandarono a chiamare, mentre egli si trova ad insegnare la folla che lo circonda (Mc 3,31). Perché mandarono a chiamarlo? Il testo non lo dice, ma la convinzione di cui al versetto n.21 precedente lascia supporre che la preoccupazione non se ne fosse andata. Quello che però è importantissimo meditare sta nella risposta di Gesù a chi si appella al legame di sangue di chi lo cercava. Infatti, la risposta del Signore pone i termini “madre”, “fratello”, “sorella” su un piano superiore a quello della parentela di sangue. La generazione della fede negli altri crea dei nuovi legami che rendono familiari di Dio chi si lascia raggiungere dalla Parola di Gesù per metterla in pratica. Solo chi davvero entra in questa cerchia di ascoltatori non smemorati (cfr. Gc 1,23-25) è discepolo di Cristo, è veramente “cristiano” nella vita concreta. In conclusione: chi dovesse sentire l’appello del sangue superiore all’appello della volontà divina, chi non volesse affatto passare per matto o peggio, per un indemoniato a causa del nome di Gesù, non è ancora pronto a seguirlo. Si interroghi nel suo cammino e cerchi di scoprire quale vita sta coltivando, se quella meramente umana o la vita nuova che c’è solo in Cristo.

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MEJOR LOCOS CON JESÚS

¡Qué difícil es ser cristiano en este mundo! Me lo escucho decir a menudo, en coloquios personales como en momentos de encuentro público, de jóvenes, adultos y ancianos. No se puede negar. Salvo preguntarse por qué, al decirlo, nos expresamos generalmente con ese aire un poco de quien las dificultades las sufre, un aire casi de derrota anunciada. Pero si meditamos seriamente el evangelio, no deberíamos maravillarnos de las dificultades, ni deberíamos vivirlas “padeciéndolas”: basta considerar lo que le sucedió a Jesús en su ministerio. Las contrariedades multiformes que ha tenido que afrontar generan preguntas apremiantes a nuestro espíritu: ¿y yo cómo vivo las contrariedades que se me presentan? ¿Cómo vivo las duras etiquetas que me pegan por el hecho de que trato de seguir al Señor Jesús? El evangelio de hoy, entre las muchas verdades que anuncia, tiene en sí una provocación saludable: ¿ser de Cristo (cristiano) pone quizás en la caja fuerte una buena reputación? ¿Acaso ser de Cristo pone los lazos de sangre que tanto apreciamos en el mismo plano de las relaciones generadas en la fe? ¿Ser de Cristo significa estar siempre en equilibrio en las numerosas y complejas vicisitudes que nos toca vivir?

Jesús que atrae tanto a la multitud hasta no comer y no hacer comer a quien está con él, despierta justa preocupación (Mc 3,20). Por otra parte, el mundo siempre tiene gurús de turno dispuestos a sacrificar vidas humanas en el altar de su filosofía. Pero ¿nos encontramos a un personaje similar? Sus familiares, celosos de sentido común, creen que sí. Está fuera de sí, lo que quiere decir: “¡este de aquí está loco, detengámoslo!” (Mc 3,21). Pero Jesús no es el gurú de turno, es más, a propósito de necesidades primarias como la necesidad de comer, veremos más adelante que se preocupa de ello, como verdadero padre/madre de familia (cf. las 2 multiplicaciones de panes y peces en Marcos). La historia sucesiva sugiere buscar criterios sanos de discernimiento para comprender quién es enviado por Dios para decir y hacer lo que dice y hace, y quién en cambio no. Los escribas de Jerusalén, obtusamente, imputan a Jesús realizar exorcismos con la ayuda de los mismos demonios (Mc 3,22). Pensándolo bien, si uno todavía tiene la cabeza sobre los hombros, enseguida se da cuenta de la insensatez/irracionalidad de la afirmación. Sin embargo, Jesús busca amorosamente reconducir a la salud mental a los escribas cegados por los celos (Mc 3,23-27). Y, siempre por amor, les indica el peligro real y grave de blasfemar al Espíritu Santo con esa afirmación (Mc 3,28-30).

Entonces, después de haber sido dado de loco por los familiares, también es dado como un endemoniado por una de las autoridades religiosas de Israel. No hay más que decir. Quien siga al Señor Jesús en sus caminos, prepárese: Si el mundo los odia, sepan que antes de ustedes también me odió a mí (Jn 15,18). Y además: si llamaron Beelzebùl al dueño de la casa, ¡cuánto más a sus familiares! (Mt 10,25). Una hermosa perspectiva de la vida como verdaderos cristianos, ¿qué les parece? En el 3er pasaje del evangelio asistimos luego a un nuevo acercamiento de familiares que, estando fuera, lo mandaron a llamar, mientras él se encuentra enseñando a la multitud que lo rodea (Mc 3,31). ¿Por qué lo llamaron? El texto no lo dice, pero la convicción del cual en el versículo n.21 precedente deja suponer que la preocupación no se había ido. Pero lo que es importantísimo meditar está en la respuesta de Jesús a quien se apela al vínculo de sangre de quien lo buscaba. De hecho, la respuesta del Señor pone los términos “madre”, “hermano”, “hermana” en un plano superior al del parentesco de sangre. La generación de la fe en los demás crea nuevos lazos que hacen familiares de Dios quien se deja alcanzar por la Palabra de Jesús para ponerla en práctica. Solo quien realmente entra en este círculo de oyentes no olvidadizos (cf. St 1,23-25) es discípulo de Cristo, es verdaderamente “cristiano” en la vida concreta. En conclusión: quien debiera escuchar la llamada de la sangre superior a la llamada de la voluntad divina, quien no quisiera en absoluto pasar por loco o peor, por un endemoniado a causa del nombre de Jesús, todavía no está listo para seguirlo. Se interrogue en su camino y trate de descubrir qué vida está cultivando, si la vida meramente humana o la vida nueva que solo está en Cristo.