Pubblicato in: Commento alle Scritture, Predicazione, Servizio della Parola

STAVA ALLA SUA PORTA

XXVI DOMENICA DEL T.O.

anno C (2025)

Am 6,1.4-7; 1Tm 6,11-16; Lc 16,19-31

 

Disse Gesù ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricordati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

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Domenica scorsa abbiamo ascoltato un severo monito da parte del Signore: nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza. C’è dunque un’assoluta incompatibilità di servizio tra i due. Perché se vuoi servire la ricchezza, questa ti farà anche sentire padrone della tua e della vita altrui, salvo nasconderti l’inganno di incatenarti ad essa per tutti i tuoi anni, con perdita di libertà e padronanza della propria vita. Mentre se servi Dio, vivrai l’esperienza che non stai servendo un padrone, ma un Padre che per primo serve i suoi figli, fino alla sorpresa di scoprire cosa significa essere veramente liberi e figli di questo Padre. L’amministratore disonesto della parabola ci ha mostrato la via della conversione: guadagnare l’amicizia di Dio investendo sui debitori come lui, assicurandosi in tal modo il futuro. Perché chi vive al servizio della ricchezza non ha futuro. Infatti, il monito di Gesù, nel vangelo di oggi, si amplifica oltre l’orizzonte temporale della vita.

Prima di tutto si noterà subito che la parabola viene raccontata ai farisei, gente religiosa che amava molto la ricchezza. E poi che la grande premessa del racconto è costituita da uno status quo molto definito tra 2 personaggi: c’è un uomo molto ricco, senza nome, vestito “alla moda”, che mangia lautamente. E c’è un povero di nome Lazzaro, che ha come vestito la sua pelle piagata e non mangia per niente. La sua fame è tale da portarlo a desiderare di mangiare non da uomo, ma come un cane: bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco. La cosa più curiosa è che la distanza abissale del loro status quo non coincide con la distanza fisica tra i due: Lazzaro infatti stava alla sua porta. In questo particolare c’è già la denuncia della gravissima ingiustizia in vita. Se è alla sua porta, come è possibile non soccorrere Lazzaro affamato nelle sue sofferenze? Il vangelo ci dice che purtroppo è possibile. Al punto che un uomo può tranquillamente sorvolare sull’esistenza di Lazzaro, mentre persino i cani invece se ne accorgono! Può Dio accettare una simile ingiustizia?

Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Abramo è il primo amico di Dio nella fede; se Lazzaro è portato da lui, significa che è riconosciuto come amico di Dio. Capito? Non è il papa, non è don Giacomo o altri a dire questo, è la parola di Dio che lo rivela. Il povero che soffre ingiustamente sulla terra, chiunque egli sia, è un amico di Dio. Anche il ricco muore, viene sepolto e sta nei tormenti degli inferi. Non si dice affatto che siano stati gli angeli o Dio a mandarcelo. Ma dopo la morte questo è il suo status. Quando vede Lazzaro beatificato vicino ad Abramo ha un sussulto. E cosa chiede? Invece di chiedere perdono a Lazzaro, si rivolge ad Abramo e cerca di ottenere sollievo sperando che dia ordini a Lazzaro. E così anche successivamente, dopo aver ricevuto da Abramo la notizia che non c’è più niente da fare dopo la morte. Infatti, continua a chiedere di mandare Lazzaro a fare questo o quello, ad andare lì o là. Anche dopo la morte, il ricco si vuol servire di Lazzaro. Aveva avuto il tempo di imparare a servire Lazzaro. Non ha l’ha imparato prima, non può impararlo dopo. Non si è accorto in vita che Dio gli aveva mandato Lazzaro.

Tiriamo qualche somma, sperando di cuore che nessuno dei miei lettori sia così stordito dalle ricchezze come l’uomo della parabola. Perché già nella premessa del vangelo viene espresso il pericolo spirituale n.1 in cui può incorrere l’uomo. Essere così immerso nell’abbondanza da diventare completamente indifferente ai tanti Lazzaro che stanno alla nostra porta. Per sé stessa, la ricchezza non è un male. Fa molto male alla propria anima non condividerla con chi non ne ha per vivere. Cosicché tanti sul nostro pianeta vivono malissimo perché pochissimi vivono benissimo. Se i conti non tornano sulla terra non è certo perché Dio l’ha creata così. Il Vangelo ci avverte che poi Dio i conti li farà tornare dopo la morte. Superata quella porta, andrò incontro a quello che io stesso ho fatto della mia vita, con i pochi o i tantissimi beni messi nelle mie mani. Se erano al servizio dei fratelli per rendere loro un po’ di giustizia, sarò libero di volare verso il Cielo, dove si vive da fratelli. Ma se erano solo per soddisfare il mio ego incurante di loro, saranno le catene che mi tratterranno infelice sotto terra.

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ESTABA EN SU PUERTA

El domingo pasado escuchamos una severa advertencia del Señor: ningún siervo puede servir a dos amos, porque o odiará al uno y amará al otro, o se apegará al uno y despreciará al otro. No puedes servir a Dios y a la riqueza. Así que hay una absoluta incompatibilidad de servicio entre los dos. Porque si quieres servir a la riqueza, ésta también te hará sentir dueño de la tuya y de la vida ajena, salvo ocultarte el engaño de encadenarte a ella por todos tus años, con pérdida de libertad y dominio sobre tu propia vida. Mientras que si sirves a Dios, vivirás la experiencia de que no estás sirviendo a un amo, sino a un Padre que primero sirve a sus hijos, hasta la sorpresa de descubrir lo que significa ser verdaderamente libres e hijos de este Padre. El administrador deshonesto de la parábola nos ha mostrado el camino de la conversión: ganar la amistad de Dios invirtiendo en los deudores como él, asegurándose así el futuro. Porque el que vive al servicio de la riqueza no tiene futuro. En efecto, la advertencia de Jesús, en el evangelio de hoy, se amplifica más allá del horizonte temporal de la vida.

Ante todo se notará enseguida que la parábola es contada a los fariseos, gente religiosa que amaba mucho la riqueza. Y luego que la gran premisa de la historia es un status quo muy definido entre dos personajes: hay un hombre muy rico, sin nombre, vestido “a la moda”, que come copiosamente. Y hay un pobre llamado Lázaro, que tiene como vestido su piel llagada y no come nada. Su hambre es tal que le hace desear comer no como un hombre, sino como un perro: deseoso de alimentarse con lo que caía de la mesa del rico. Lo más curioso es que la distancia abismal de su status quo no coincide con la distancia física entre los dos: Lázaro, de hecho, estaba en su puerta. En este particular ya está la denuncia de la gravísima injusticia en vida. Si está en su puerta, ¿cómo es posible no socorrer a Lázaro hambriento en sus sufrimientos? El evangelio nos dice que desgraciadamente es posible. Hasta el punto que un hombre puede pasar por alto la existencia de Lázaro, mientras que incluso los perros se dan cuenta! Puede Dios aceptar tal injusticia?

Un día el pobre murió y fue llevado por los ángeles junto a Abraham. Abraham es el primer amigo de Dios en la fe; si Lázaro es traído a él, significa que es reconocido como amigo de Dios. ¿Entendido? No es el papa, no es don Giacomo u otros que dicen esto, es la palabra de Dios que lo revela. El pobre que sufre injustamente en la tierra, sea quien fuere, es amigo de Dios. Incluso el rico muere, es enterrado y permanece en los tormentos del inframundo. No se dice en absoluto que fueron los ángeles o Dios los que nos enviaron. Pero después de la muerte éste es su estado. Cuando ve a Lázaro beatificado cerca de Abraham tiene un sobresalto. ¿Y qué pide? En lugar de pedir perdón a Lázaro, se dirige a Abraham y trata de obtener alivio esperando que le dé órdenes a Lázaro. Y así también posteriormente, después de recibir de Abraham la noticia de que no hay nada más que hacer después de la muerte. En efecto, sigue pidiendo que se envíe a Lázaro para hacer esto o aquello, para ir allí o allá. Incluso después de la muerte, el rico quiere servirse de Lázaro. Tuvo tiempo de aprender a servir a Lázaro. No lo aprendió antes, no puede aprenderlo después. No se dio cuenta en vida que Dios le había enviado a Lázaro.

Sacamos algunas sumas, esperando de corazón que ninguno de mis lectores esté tan aturdido por las riquezas como el hombre de la parábola. Porque ya en la premisa del evangelio se expresa el peligro espiritual n.1 en el que puede incurrir el hombre. Estar tan inmerso en la abundancia que se vuelve completamente indiferente a los muchos Lázaro que están en nuestra puerta. Por sí misma, la riqueza no es un mal. Hace mucho daño a tu alma no compartirla con quien no tiene para vivir. Así que muchos en nuestro planeta viven muy mal porque muy pocos viven muy bien. Si las cuentas no cuadram en la tierra no es ciertamente porque Dios la ha creado así. El Evangelio nos advierte que luego Dios hará cuadrar las cuentas después de la muerte. Una vez pasada esa puerta, iré al encuentro de lo que yo mismo he hecho de mi vida, con los pocos o los muchísimos bienes puestos en mis manos. Si estaban al servicio de los hermanos para hacerles un poco de justicia, seré libre de volar hacia el Cielo, donde se vive como hermanos. Pero si eran solo para satisfacer mi ego descuidado de ellos, serán las cadenas que me mantendrán infeliz bajo tierra.