TEMPO DI AVVENTO
3a Domenica anno C
Sof 3,14-17; Fil 4,4-7; Lc 3,10-18
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.
____________________________
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio (Lc 3,6) diceva il vangelo di domenica scorsa, offrendoci un primo ritratto di Giovanni Battista nella configurazione del suo ministero. Ma chi, oggi come allora, sente il bisogno della salvezza di Dio? Può l’uomo il cui cuore non attende nulla e nemmeno avverte un bisogno di salvezza, “vedere” cos’è la salvezza di Dio e gioirne? Quella stessa pagina del vangelo dava qualche indizio. Perché se non si riconosce di aver creato/essere finiti in un burrone da cui è impossibile tirarsi fuori da soli, se non si riconosce di aver elevato colli o monti che fanno perdere il contatto con la realtà (=verità) di se stessi, come si può desiderare e sperare la salvezza di Dio? La parola di Dio venne su Giovanni, nel deserto (Lc 3,2), non sui palazzi dei potenti e dei notabili, e nemmeno sui sommi sacerdoti! (Lc 3,1) Perché solo in un deserto, luogo vuoto e denso di silenzio, l’uomo può udire la parola di Dio sempre nuova e creatrice (Os 2,16).
In questo tempo di Avvento siamo chiamati a stare davanti alla via del Signore preparandola, ovvero preparando noi stessi a riprenderla raddrizzando i suoi sentieri, dato che siamo abilissimi a curvarla per i nostri interessi (Lc 3,4), in modo che ogni burrone venga colmato e ogni monte o colle abbassato. E se davvero ci sarà questo atteggiamento/impegno davanti alla via del Signore, gli permetteremo di far cambiare le (nostre) vie tortuose in diritte, e quelle impervie in appianate (Lc 3,5). Il vangelo di oggi ci spiega come. La domanda di molti e, prima di ciò, i loro stessi passi diretti verso il deserto per ascoltare Giovanni (Lc 3,10), ci rivelano come ritrovare questo atteggiamento e il suo conseguente impegno. Che costoro si rechino da Giovanni nel deserto e siano disposti ad ascoltarlo è la prima lezione. Nell’indescrivibile delirio di onnipotenza comunicativa che investe la nostra società, è capace di uscirne solo chi ancora riconosce che, prima di parlare, bisogna saper ascoltare, che il primo modo di essere cristiano in questo tempo non è farsi avanti per affermare a tutti i costi la propria parola, ma saper indietreggiare per dar spazio e parola all’altro. Altrimenti, come si riuscirà ad accogliere la Parola dell’Altro?

La domanda “che cosa dobbiamo fare?” suppone inoltre capacità di riconoscere il proprio errore, ignoranza del da farsi secondo la volontà divina, quindi disponibilità a cercare di capirla e seguire le sue indicazioni. Giovanni la interpreta in tutta la sua purezza: chi ha 2 tuniche ne dia a chi non ne ha e chi ha da mangiare faccia altrettanto (Lc 3,11). E’ un riassunto di vita che Dio richiede al credente di ieri e di oggi. Se nel mio armadio e nella mia dispensa, per non dire tutti gli altri luoghi dove dispongo di risorse, non vedo dei doni da condividere con gli altri, soprattutto poveri, ma solo un possesso da conservare, sono ancora tra coloro che proseguono lo scavo di abissi di ingiustizia tra gli uomini. A tal proposito, vi invito a leggere qui quello che un fratello della mia parrocchia ha pubblicato sulla sua pagina-facebook.
E’ interessante notare che si avvicinino a Giovanni con la loro domanda anche pubblicani e soldati, categorie di persone dalla bieca reputazione in Israele, e tuttavia disponibili alla conversione (Lc 3,12-14). Al contrario, se sacerdoti, leviti e altri dottori della Legge vi si avvicinano, è solo per istruire subito un’indagine di polizia religiosa sulla sua figura (Gv 1,19-27). In ogni caso, Giovanni indica a tutti il compimento di un tempo lungamente atteso: egli è colui che apre l’accesso alla via del Signore, che si renderà pienamente visibile e comprensibile nella carne di Gesù. Ai pubblicani e ai soldati che lo interrogano, il succo delle risposte del Battista consiste nell’invito a una vita sobria ed onesta che non rechi danno al prossimo, ma piuttosto lo edifichi e lo rispetti, stando nel posto che la vita gli ha affidato. Un messaggio semplice e comprensibilissimo che stabilisce una continuità cristallina tra il ministero di Giovanni e quello di Gesù, tra l’Antico e il Nuovo Testamento.
Non possiamo non concludere con un breve cenno sulla profonda umiltà di Giovanni (Lc 3,15-18), icona del vero profeta di Dio, un uomo che dopo aver suscitato/provocato stupore e domande per le scelte che compie, sa spostarsi per cedere il posto a Cristo e aiuta gli altri a intravederlo giungere verso di noi. Se il vero discepolo è colui che sa condurre gli altri a Gesù, suscitando interrogativi e stupore tra gli uomini, allora la chiesa, comunità dei credenti, è veramente tale non quando ferma a se stessa gli altri, ma quando si fa ponte dell’incontro tra Cristo e l’uomo.
**************************
EN EL DESIERTO LAS PREGUNTAS, EN LA VIDA LAS RESPUESTAS
Y todos verán la salvación de Dios (Lc 3,6) decía el evangelio del domingo pasado, ofreciéndonos un primer retrato de Juan Bautista en la configuración de su ministerio. Pero ¿quién, hoy como entonces, siente la necesidad de la salvación de Dios? ¿Puede el hombre cuyo corazón no espera nada y ni siquiera advierte una necesidad de salvación, “ver” qué es la salvación de Dios y gozar de ella? Esa misma página del evangelio daba algunas pistas. ¿Por qué si no se reconoce de haber creado/seres finitos en un barranco del cual es imposible salir de allí solos, si no se reconoce haber levantado cerros o montes que hacen perder el contacto con la realidad (=verdad) de sí mismos, cómo se puede desear y esperar la salvación de Dios? Fue dirigida la palabra de Dios a Juan, hijo de Zacarías, en el desierto (Lc 3,2), ¡no en los edificios de los potentes y de la gente importante, y ni siquiera a los sumos sacerdotes! (Lc 3,1) Porque solo en un desierto, lugar vacío y denso de silencio, el hombre puede oír la palabra de Dios siempre nueva y creadora (Os 2,16).
En este tiempo de Adviento estamos llamados a estar delante del camino del Señor preparándola, o preparando a nosotros mismos a retomarla enderezando sus sendas, dado que somos muy hábiles a encorvarlas para nuestros intereses (Lc 3,4), de manera que todo barranco será rellenado, todo monte y colina será rebajado. Y si verdaderamente habrá esta actitud/compromiso delante del camino del Señor, le permitiremos de hacer cambiar (nuestros) el camino tortuoso se hará recto y las asperezas serán caminos llanos (Lc 3,5). El evangelio de hoy nos explica cómo. La pregunta de muchos y, antes de esto, sus mismos pasos dirigidos hacia el desierto para escuchar a Juan (Lc 3,10), nos revelan cómo volver a encontrar esta actitud y su consecuente compromiso. Que ellos se dirijan a Juan en el desierto y estén dispuestos a escucharlo es la primera lección. En el indescriptible delirio de omnipotencia comunicativa que enviste nuestra sociedad, es capaz de salir solo quien todavía reconoce que, antes de hablar, es necesario saber escuchar, que el primer modo de ser cristiano en este tiempo no es ponerse adelante para afirmar a todas costas la propia palabra, sino saber retroceder para dar espacio y palabra al otro. Si no, ¿cómo se logrará acoger la Palabra del Otro?
La pregunta “¿qué cosa debemos hacer?” supone además capacidad de reconocer el propio error, ignorancia del hacerse según la voluntad divina, entonces disponibilidad a intentar entenderla y seguir sus indicaciones. Juan la interpreta en toda su pureza: El que tenga dos túnicas, que las reparta con el que no tiene; el que tenga para comer, que haga lo mismo (Lc 3,11). Es un resumen de vida que Dios exige al creyente de ayer y de hoy. Si en mi armario y en mi dispensa, por no decir todos los otros lugares donde dispongo de recursos, no veo dones para compartir con los demás, sobretodo pobre, sino solo una posesión para conservar, estoy todavía entre aquellos que prosiguen la excavación de abismos de injusticia entre los hombres. A propósito, les invito leer aquí lo que un hermano de mi parroquia ha publicado en su página – facebook.
Es interesante notar que se acerquen a Juan con su pregunta también los publicanos y soldados, categorías de personas de la baja reputación en Israel, y no obstante disponibles a la conversión (Lc 3,12-14). Al contrario, si sacerdotes, levitas y otros doctores de la Ley se le acercan, es solo para enseñar inmediatamente una investigación de policía religiosa sobre su figura (Jn 1,19-27). En cada caso, Juan indica a todos el cumplimiento de un tiempo largamente esperado: él es aquél que abre el acceso al camino del Señor, que se rendirá plenamente visible y comprensible en la carne de Jesús. A los publicanos y a los soldados que le interrogan, la esencia de las respuestas del Bautista consiste en la invitación a una vida sobria y honesta que no haga daño al prójimo, sino más bien lo edifique y lo respete, estando en el lugar que la vida le ha confiado. Un mensaje simple y comprensible que establece una continuidad cristalina entre el misterio de Juan y la de Jesús, entre el Antiguo y el Nuevo Testamento.
No podemos no concluir con una breve mención sobre la profunda humildad de Juan (Lc 3,15-18), icono del verdadero profeta de Dios, un hombre que después de haber suscitado/provocado asombro y preguntas por las elecciones que cumple, sabe moverse para ceder el lugar a Cristo y ayuda a los demás a divisarlo llegar hacia nosotros. Si el verdadero discípulo es aquél que sabe conducir a los demás a Jesús, suscitando interrogantes y asombro entre los hombres, entonces la iglesia, comunidad de creyentes, es verdaderamente tal no cuando detiene a sí misma a los demás, sino cuando se hace puente del encuentro entre Cristo y el hombre.