IV DOMENICA DI AVVENTO
anno C (2021)
Mic 5,1-4; Eb 10,5-10; Lc 1,39-45
Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
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Maria è stata raggiunta da un annuncio clamoroso: sarà la madre del Messia. Ma questa lieta notizia non la fa ripiegare in un compiacimento narcisistico per l’elezione che Dio le ha riservato. Raggiunge subito Elisabetta sua parente che si trova al sesto mese di gravidanza, dunque in gestazione abbastanza avanzata. Certamente per verificare di persona il segno datole dall’arcangelo Gabriele, ma soprattutto perché per Maria l’altro, con i suoi bisogni, viene prima di tutto. Nel partire subito per assistere sua cugina vediamo già un amore più maturo della sua giovanissima età. Del resto Maria è donna piena di grazia (Lc 1,28): cosa significasse ciò non lo sapeva neppure lei; anzi, non dimentichiamo che questa affermazione le procurò un’iniziale grande turbamento (Lc 1,29). Reazione di una giovane donna che ha la giusta misura di sé stessa, segno di un’umiltà che non permette alla mente di pensare che quel che si ha o che si è ricevuto, possa essere prodotto suo.
Piena di grazia: così piena da bastarle un semplice saluto per generare, in chi lo riceve, una risposta d’amore grata, espressa in una lode benedicente (Lc 1,40-41). Elisabetta è consapevole di quel che avviene e spiega ad alta voce che quel saluto è il detonatore della sua gioia (Lc 1,44). Infatti, quel saluto porta la salvezza in carne e ossa in casa sua! Saluto, salute, salvezza: sono parole che hanno significativamente la stessa radice. Chi incontra Maria incontra tutto ciò, poiché incontra la nuova Arca della presenza divina, il tabernacolo della nuova Alleanza che Dio stabilisce non più scrivendola sulla pietra, ma prendendo forma personalmente nella nostra carne umana. Elisabetta, nel suo stato, vive in simbiosi di gioia con suo figlio. Come Davide all’arrivo dell’Arca dell’Alleanza (2Sam 6,13-15), Giovanni danza nel grembo di sua madre, spingendola a pronunciare parole inaudite e profetiche: a che debbo che la madre del mio Signore venga a me? (Lc 1,43) Quanto più il dono è imprevisto e non proporzionato alla nostra umana attesa, tanto più il cuore avverte che il Dio in cui si crede è “il Dio delle sorprese”, un Dio che sarà sempre “più” di quanto si possa immaginare.
Dopa averla benedetta, Elisabetta, sempre mossa dallo Spirito, proclama anche la beatitudine di Maria, perché ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto (Lc 1,45). La sua fede ha permesso al Signore di innescare un processo storico che ha cambiato le sorti della umanità, processo che la stessa Maria decanta nel suo magnificat a Dio. Proprio non capisco come mai, nella odierna liturgia della quarta domenica di Avvento, la chiesa non abbia previsto di farlo proclamare. In fondo, il vangelo di oggi è la solenne celebrazione della vita nell’incontro di due madri visitate dalla imperscrutabile misericordia di Dio. Due donne che lo glorificano con tutto sé stesse, perché hanno “toccato con mano” la presenza divina che compie i suoi disegni e le sue promesse tra i poveri e gli umili della terra. In questa prospettiva, il Natale di Dio tra gli uomini ormai vicino sarà cartina di tornasole del suo inequivocabile modo di operare nella storia, ma anche possibile diagnosi sullo stato della nostra fede. Se sussulteremo di gioia davanti all’annuncio degli angeli, sarà realmente un Natale di sostanza. Diversamente, sarà la solita festa patinata piena di regalini e decorazioni, piena di dolcezze e di auguri, piena di prelibatezze e di musiche intrattenitrici. Piena di tutto, ma che non fa spazio a Dio.
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MARIA, EL SALUDO DE DIOS
María ha sido alcanzada por un anuncio clamoroso: será la madre del Mesías. Pero esta alegre noticia no la hace replegar en un complacimiento narcisista por la elección que Dios le ha reservado. Alcanza inmediatamente a Isabel su pariente que se encuentra al sexto mes de embarazo, por lo tanto, en una gestación bastante avanzada. Ciertamente para verificar ella misma la señal dada por el arcángel Gabriel, pero sobre todo porque para María el otro, con sus necesidades, viene primero de todo. En el partir inmediatamente para asistir a su prima vemos ya un amor más maduro de su joven edad. Por otra parte, María es mujer llena de gracia (Lc 1,28): qué cosa significaba esto no lo sabía tampoco ella; en realidad, no nos olvidemos que esta afirmación le procuró una gran turbación al inicio (Lc 1,29). Reacción de una joven mujer que tiene la justa medida de sí misma, signo de una humildad que no permite a la mente pensar que lo que se tiene o que se ha recibido, pueda ser producto suyo.
Llena de gracia: así llena que le basta un simple saludo para generar, en quien lo recibe, una respuesta de amor grata, expresada en una alabanza de bendición (Lc 1,40-41). Isabel está consciente de lo que sucede y explica a voz alta que aquél saludo es el detonador de su gozo (Lc 1,44). ¡De hecho, aquél saludo trae la salvación en carne y hueso a su casa! Saludo, salud, salvación: son palabras que tienen significativamente la misma raíz. Quien encuentra a María encuentra todo esto, porque encuentra la nueva Arca de la presencia divina, el sagrario de la nueva Alianza que Dios establece no escribiéndola más sobre una piedra, sino que tomando forma personalmente en nuestra carne humana. Isabel, en su estado, vive en simbiosis de gozo con su hijo. Como David a la llegada del Arca de la Alianza (2Sam 6,13-15), Juan danza en el vientre de su madre, empujándola a pronunciar palabras inauditas y proféticas: ¿a qué debo que la madre de mi Señor venga a mí? (Lc 1,43) Cuanto más el don es imprevisto y no proporcional a nuestra humana espera, tanto más el corazón advierte que el Dios al cual se cree es “el Dios de las sorpresas” un Dios que será siempre “más” de cuanto se pueda imaginar.
Después de haberla bendecido, Isabel, siempre movida por el Espíritu, proclama también la bienaventuranza de María, porque ha creído en el cumplimiento de lo que el Señor le ha dicho (Lc 1,45). Su fe ha permitido al Señor provocar un proceso histórico que ha cambiado la suerte de la humanidad, proceso que la misma María decanta en su magníficat a Dios. No entiendo verdaderamente cómo así, en la hodierna liturgia del cuarto domingo de Adviento, la iglesia no haya previsto en hacerlo proclamar. En fondo, el evangelio de hoy es la solemne celebración de la vida en el encuentro de dos madres visitadas de la inescrutable misericordia de Dios. Dos mujeres que lo glorifican con todo de sí mismas, porque han “tocado con mano” la presencia divina que cumple sus designios y sus promesas entre los pobres y los humildes de la tierra. En esta prospectiva, la Navidad de Dios entre los hombres ya cercano será un mapa de tornasol de su inequivocable modo de obrar en la historia, pero también posible diagnóstico sobre el estado de nuestra fe. Si sobresaltaremos de gozo frente al anuncio de los ángeles, será realmente una Navidad de sustancia. De otro modo, será la misma fiesta llena de regalitos y decoraciones, llena de dulzuras y de felicitaciones, llena de manjares y de músicas que entretienen. Llena de todo, pero que no hace espacio a Dios.