XX DOMENICA DEL T.O.
anno B (2024)
Pr 9,1-6; Ef 5,15-20; Gv 6,51-58
Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
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Siamo nel nucleo più profondo del cap.6 del vangelo di Giovanni, il discorso di Gesù sul pane. Nel testo odierno il suo linguaggio diventa sempre più assoluto. Gesù fa delle affermazioni che scandalizzano i Giudei, ma non solo costoro. Domenica prossima vedremo che anche molti discepoli rimasero talmente scandalizzati da decidere di non seguirlo più. Quando c’è di mezzo il mistero dell’incarnazione il cristianesimo si rivela sempre uno scandalo insormontabile, religiosamente parlando. Ed è proprio il mistero dell’incarnazione che oggi prende il sopravvento nel dialogo tra Gesù e i Giudei. Il tema è scottante: come è possibile – si chiedono i Giudei – che Gesù ci dia la sua carne da mangiare? Da notare che Gesù sta parlando a gente che nella propria dottrina osserva: non mangerete sangue di alcuna specie di essere vivente, perché il sangue è la vita d’ogni carne (Lv 17,14). Eppure le parole più ricorrenti sono proprio “carne e sangue” e “mangiare e bere”, dunque è evidente il riferimento eucaristico. Gesù è pane per noi con la sua parola, ma lo è anche sacramentalmente nel pane e nel vino offerti nella messa. Per noi cristiani nutrirci di Gesù “fa la differenza” nella vita: chi mangia Lui, chi cioè fa di Gesù il suo cibo, nella parola e nell’eucarestia, entra nel mondo di Dio per suo generosissimo dono.

L’uomo mangia per vivere, ma mangia normalmente cose che non reggono alla prova della morte. Ma se mangia Gesù pane vivo disceso dal cielo, entra in un’altra dimensione, vivrà in eterno – dice Gesù, cioè farà già nel presente l’esperienza di una vita diversa che sconfinerà dallo spazio e dal tempo oltrepassando la morte, appunto perché è un pane che viene dal cielo, non è come quello che mangiarono i padri e poi morirono. Chi accoglie l’invito di Gesù nel mangiarlo, rimane in Lui. E questo vuol dire che il sogno di Dio è di rimanere con noi, perché – dice – la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. C’è dunque un banchetto offerto da Dio all’interno del quale avviene il dono incommensurabile di entrare a contatto e vivere una comunione di vita con Lui. Non abbiamo in noi stessi la vita, ma per il mistero della comunione eucaristica riceviamo la vita divina, immortale: come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me.
Dunque è nel sacramento dell’eucarestia che il mistero dell’incarnazione trova il suo culmine. Infatti, mangiare e bere la carne e il sangue di Cristo non significa solamente credere nella presenza reale del Signore nel pane eucaristico, suo dono d’amore. Significa sapersi porre in sintonia con esso e prolungarlo nella propria vita. È nella nostra carne che si prolunga il mistero di Cristo, è nella nostra concreta umanità che si deve poter toccare il Signore. C’è un legame profondo tra eucarestia e vita, e non una vita qualsiasi: chi mangia l’eucarestia afferma implicitamente di voler vivere per Gesù, di voler camminare alla sua sequela, di voler imparare l’arte di donarsi per amore degli altri, di voler condividere il suo stesso destino. Non c’è che dire, credere in tutto ciò dà i brividi. Ma dona anche di gustare l’esperienza tangibile di una relazione intima con il Signore, che vuole regalarci tutto ciò che il nostro cuore cerca: gioa, pace, amore, sapienza ecc.ecc. Come afferma pure il libro dei Proverbi nella 1a lettura di oggi, con un linguaggio profeticamente eucaristico: venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato. Abbandonate l’inesperienza e vivrete. Chiediamo al Signore la grazia di accogliere e vivere con profonda gratitudine ogni eucarestia, per diventare carne della sua carne e sangue del suo sangue.
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CARNE DE SU CARNE
Estamos en el núcleo más profundo del capítulo 6 del evangelio de Juan, el discurso de Jesús sobre el pan. En el texto de hoy su lenguaje se hace cada vez más absoluto. Jesús hace afirmaciones que escandalizan a los judíos, pero no solo a ellos. El próximo domingo veremos que muchos discípulos quedaron tan escandalizados que decidieron no seguirlo más. Cuando se trata del misterio de la encarnación, el cristianismo siempre se revela como un escándalo insuperable, religiosamente hablando. Y es precisamente el misterio de la encarnación que hoy se hace presente en el diálogo entre Jesús y los judíos. El tema es candente: ¿cómo es posible – se preguntan los judíos – que Jesús nos dé su carne para comer? Por favor, note que Jesús está hablando a gente que en su doctrina observa: No comerán sangre de ningún tipo de ser vivo, porque la sangre es la vida de toda carne (Lv 17,14). Sin embargo, las palabras más recurrentes son precisamente “carne y sangre” y “comer y beber”, por lo que es evidente la referencia eucarística. Jesús es pan para nosotros con su palabra, pero también lo es sacramentalmente en el pan y el vino ofrecidos en la misa. Para nosotros cristianos, alimentarnos de Jesús “hace la diferencia” en la vida: quien come a Él, es decir, quien hace de Jesús su alimento, en la palabra y en la eucaristía, entra en el mundo de Dios por su don muy generoso.
El hombre come para vivir, pero normalmente come cosas que no resisten la prueba de la muerte. Pero si come Jesús pan vivo bajado del cielo, entra en otra dimensión, vivirá eternamente – dice Jesús, es decir hará ya en el presente la experiencia de una vida diferente que cruzará el espacio y el tiempo superando la muerte, precisamente porque es un pan que viene del cielo, no es como el que comieron los padres y luego murieron. Quien acepta la invitación de Jesús para comerlo, permanece en Él. Y esto quiere decir que el sueño de Dios es quedarse con nosotros, porque – dice – mi carne es verdadera comida y mi sangre es verdadera bebida. Hay, pues, un banquete ofrecido por Dios dentro del cual se realiza el don inconmensurable de entrar en contacto y vivir una comunión de vida con Él. No tenemos en nosotros mismos la vida, pero por el misterio de la comunión eucarística recibimos la vida divina, inmortal: como el Padre, que tiene la vida, me ha enviado y yo vivo para el Padre, así también el que come a mí vivirá para mí.
Por tanto, es en el sacramento de la eucaristía que el misterio de la encarnación encuentra su culmen. En efecto, comer y beber la carne y la sangre de Cristo no significa solamente creer en la presencia real del Señor en el pan eucarístico, su don de amor. Significa saber ponerse en sintonía con él y prolongarlo en la propia vida. Es en nuestra carne que se prolonga el misterio de Cristo, es en nuestra concreta humanidad que se debe poder tocar al Señor. Hay un vínculo profundo entre la eucaristía y la vida, no una vida cualquiera: quien come la eucaristía afirma implícitamente querer vivir para Jesús, querer caminar siguiéndolo, querer aprender el arte de donarse por amor a los demás, querer compartir su mismo destino. No hay que decir, creer en todo esto da escalofríos. Pero también da para saborear la experiencia tangible de una relación íntima con el Señor, que quiere regalarnos todo lo que nuestro corazón busca: alegría, paz, amor, sabiduría etc. etc. Como afirma también el libro de los Proverbios en la 1a lectura de hoy, con un lenguaje proféticamente eucarístico: venid, coman mi pan, beban el vino que yo preparé. Abandonen la inexperiencia y vivirán. Pidamos al Señor la gracia de acoger y vivir con profunda gratitud cada Eucaristía, para convertirnos en carne de su carne y sangre de su sangre.