Pubblicato in: Commento alle Scritture, Predicazione, Servizio della Parola

SE TI STUPISCI ANCORA DAVANTI A GESÙ

XV DOMENICA DEL T.O.

anno A (2023)

Is 55,10-11; Rm 8,18-23; Mt 13,1-23

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti». Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice: “Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!”. Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono! Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

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Nel vangelo udito domenica scorsa ci siamo ricordati del giorno in cui Gesù, non riuscendo più a contenere la sua gioia, esplose in un inno di benedizione a Dio dicendo: io ti rendo lode Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli (Mt 11,25). Ometto il resto del brano che sicuramente rammentiamo. Nel vangelo di oggi ci viene detto perché la conoscenza di Dio è preclusa a questi ed è spalancata a quelli. Perché i piccoli vi accedono e perché intelligenti e sapienti no (a meno che non si facciano piccoli). Forse avrete già intuito che mi soffermerò maggiormente nella parte centrale (vv. 10-17) del vangelo di oggi. Prima di tutto ricordiamo che il cap. 13 di Matteo avvia il cosiddetto “discorso parabolico”. Dunque questa prima, celebre parabola del seminatore, è come la madre di tutte le altre parabole. Accolta questa, può farsi largo la comprensione delle altre. Gesù proclama questa parabola e conclude dicendo: chi ha orecchi, ascolti (Mt 13,9). Infatti, tra gli astanti ci sono anche orecchie che udendo non ascoltano. La chiusura della parabola è come la porta di entrata per comprendere il successivo dialogo tra Gesù e i suoi discepoli, con la conclusione che dichiara la beatitudine di questi ultimi.

Predicazione a mare

Tutto parte da una domanda: perché a loro parli con parabole? (Mt 13,10) Intanto notiamo chi si avvicina e domanda: i discepoli. Ciò che fanno li identifica. Si avvicinano e domandano. La parabola stessa è raccontata perché susciti domande nell’uditorio. Il problema è che non tutti hanno domande. Se i discepoli ne fanno una, significa che la parola di Gesù si è fatta una breccia nel loro cuore. Per questo sono discepoli: sono nella disposizione adeguata, hanno domande da fare al Signore e gliele fanno. Quando andiamo di domenica a messa, o quando partecipiamo a un incontro o a un ritiro e non torniamo a casa con domande da fargli, brutto segno. Probabilmente siamo già sazi e incapaci di riconoscere la nostra sordità e cecità, forse crediamo di essere già buoni intenditori delle cose di Dio! La risposta perentoria di Gesù crea un’alternanza tra un voi e un loro che non lascia adito a dubbi. Non che egli sia venuto per selezionare una setta di illuminati e scartare una folla di inadeguati, giammai! Tuttavia il Signore da una spiegazione chiara: a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. (Mt 13,11) Precisiamo ancora una volta: Dio vuol dare i suoi doni e soprattutto donare sé stesso a tutti, ma non tutti vogliono veramente accogliere Dio con i suoi doni per quello che sono veramente.

Qual è la spiegazione? C’è un problema nel cuore umano, una “sclerocardia”. Anzi, il verbo greco del testo originale suggerisce come un ingrassamento del cuore, una sorta di obesità cardiaca interna che ottunde e intorpidisce le facoltà dello spirito. Gesù dice che si compie una profezia di Isaia, il quale pre-vide che all’apertura meravigliata di molti di fronte alla sua predicazione, avrebbe fatto da contrappunto l’incredulità di molti altri che guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. E perciò costoro, non andando incontro a Gesù aperti a riconoscere questo stato del loro cuore, non possono vedere e udire realmente chi hanno davanti. In altre parole, non possono scoprire il medico divino e farlo operare, convincendosi di essere infermi e bisognosi di Lui (Mt 13,15). Se avvicino il Signore per ascoltarlo come se fossi una persona sana nel cuore, non ne sentirò mai veramente il bisogno né sentirò mai bisogno di conversione; così renderò vana la sua parola che mi vuole guarire dalla cecità e sordità spirituale. Ecco tutto il percorso del seme illustrato dalla parabola che attraversa vari terreni con esito diverso. 

Se si vuole conoscere, se si vuole capire Gesù, prima bisogna essere disposti a farsi guarire. Nel mio ministero incrocio tanti che sono incuriositi da Gesù, sono interessati a quello che può dire e dare Gesù, sono d’accordo con le cose che insegna Gesù. Ma non sono disposti a guardare cosa c’è nel profondo del loro cuore, vogliono solo fare discussioni su Gesù, perciò guai ad aiutarli a scoprire che sono ammalati e hanno bisogno della sua cura. No, di quello hanno bisogno gli altri, loro no. Per questo, anche se magari vivono vicini, come cristiani, in tutti i luoghi e gli spazi della chiesa di Gesù, fanno parte di quei loro di cui si dice nel vangelo di oggi. E dopo questa riflessione sorge spontanea la domanda: ed io? Sono tra i voi a cui Gesù dice che è dato conoscere i misteri del regno dei Cieli? Oppure sono tra i loro a cui non è dato? Esiste un primo criterio inconfondibile per sapere se sono tra questi o quelli. Le stesse parole di Gesù ce lo indicano: ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. 17In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono! Se hai sentito dentro te nascere lo stupore davanti a queste o altre parole del vangelo, non temere. Ma se non ti stupisci più di Gesù e delle sue parole, meglio temere, credimi. Chi ha orecchi, ascolti!

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SI AUN TE ASOMBRAS ANTE JESÚS

En el evangelio escuchado el domingo pasado nos hemos recordado del día en el cual Jesús, no logrando más en contener su alegría, explotó en un himno de bendición a Dios diciendo: Yo te alabo, Padre, Señor del Cielo y de la tierra, porque has mantenido ocultas estas cosas a los sabios y entendidos y las has revelado a la gente sencilla (Mt 11,25). Omito el resto del texto que seguramente nos recordamos. En el evangelio de hoy nos viene dicho por qué el conocimiento de Dios está cerrado a estos y abierta a aquellos. Por qué los pequeños entran y por qué inteligentes y sabios no (a menos que se hagan pequeños). Quizás ya han intuido que me detendré mayormente en la parte central (vv. 10-17) del evangelio de hoy. Antes de nada, recordemos que el cap. 13 de Mateo inicia el así dicho “discurso parabólico”. Entonces esta primera, célebre parábola del sembrador es como la madre de todas las otras parábolas. Acogida esta, puede hacerse amplia la comprensión de las otras. Jesús proclama esta parábola y concluye diciendo: quien tiene oídos, escuche (Mt 13,9). De hecho, entre los espectadores hay también oídos que oyendo no escuchan. La clausura de la parábola es como la puerta de entrada para comprender el diálogo sucesivo entre Jesús y sus discípulos con la conclusión que declara la bienaventuranza de estos últimos.

Todo parte de una pregunta: ¿por qué les hablas con parábolas? (Mt 13,10) Mientras tanto notamos quién se acerca y pregunta: los discípulos. Lo que hacen los identifica. Se acercan y preguntan. La parábola misma se cuenta porque suscita preguntas en el auditorio. El problema es que no todos tienen preguntas. Si los discípulos hacen una, significa que la palabra de Jesús se ha hecho una brecha en sus corazones. Por eso son discípulos: están en la disposición adecuada, tienen preguntas que hacerle al Señor y se las hacen. Cuando vamos los domingos a misa, o cuando vamos a una reunión o a un retiro y no volvemos a casa con preguntas que hacerle, mala señal. Probablemente ya estamos saciados e incapaces de reconocer nuestra sordera y ceguera, ¡quizás creemos que ya somos buenos conocedores de las cosas de Dios! La respuesta perentoria de Jesús crea una alternancia entre un ustedes y un ellos que no deja lugar a dudas. ¡No es que haya venido a seleccionar una secta de iluminados y descartar una multitud de inadecuados, nunca! Sin embargo, el Señor da una explicación clara: a ustedes se les da a conocer los misterios del reino de los cielos, pero a ellos no se les da. (Mt 13,11) Precisamos una vez más: Dios quiere dar sus dones y sobre todo darse a sí mismo a todos, pero no todos quieren verdaderamente acoger a Dios con sus dones por lo que son verdaderamente.

¿Cuál es la explicación? Hay un problema en el corazón humano, una “esclerosis cardíaca”. De hecho, el verbo griego del texto original sugiere como un engorde del corazón, una especie de obesidad cardíaca interna que obstruye y entumece las facultades del espíritu. Jesús dice que se cumple una profecía de Isaías, el cual previó que en la apertura asombrada de muchos frente a su predicación, habría hecho de contrapunto la incredulidad de muchos otros que mirando no ven, oyendo no escuchan y no entienden. Y por eso, al no ir al encuentro de Jesús abiertos a reconocer este estado de su corazón, no pueden ver y oír realmente a quien tienen delante. En otras palabras, no pueden descubrir al médico divino y hacerle actuar, convenciéndose de que están enfermos y necesitados de Él (Mt 13,15). Si me acerco al Señor para escucharlo como si fuera una persona sana en el corazón, nunca sentiré realmente su necesidad ni sentiré nunca necesidad de conversión; así haré vana su palabra que quiere curarme de la ceguera y sordera espiritual. He aquí todo el recorrido de la semilla ilustrado por la parábola que atraviesa varios terrenos con resultados diferentes.

Si se quiere conocer, si se quiere entender a Jesús, primero hay que estar dispuesto a hacerse curar. En mi ministerio me cruzo con muchos que están curiosos por Jesús, están interesados en lo que Jesús pueda decir y dar, están de acuerdo con las cosas que enseña Jesús. Pero no están dispuestos a mirar lo que hay en lo profundo de sus corazones, solo quieren discutir sobre Jesús, así que cuidado en ayudarlos a descubrir que están enfermos y necesitan su cuidado. No, eso es lo que otros necesitan, ellos no. Por eso, aunque quizás vivan cerca, como cristianos, en todos los lugares y espacios de la Iglesia de Jesús, forman parte de aquellos ellos del cual se dice en el Evangelio de hoy. Y después de esta reflexión surge espontánea la pregunta: ¿y yo? ¿Estoy entre los ustedes a quienes Jesús dice que es dado a conocer los misterios del reino de los cielos? ¿O están entre los ellos a los que no se les da? Existe un primer criterio inconfundible para saber si están entre estos o aquellos. Las mismas palabras de Jesús nos lo indica: ¡Dichosos los ojos de ustedes, que ven!; ¡dichosos los oídos de ustedes, que oyen! Yo se lo digo: muchos profetas y muchas personas santas ansiaron ver lo que ustedes están viendo, y no lo vieron; desearon oír lo que ustedes están oyendo, ¡y no lo oyeron! Si has sentido dentro de ti el asombro ante estas u otras palabras del evangelio, no temas. Pero si no te asombras más de Jesús y de sus palabras, mejor temer, créeme. ¡Quien tiene oídos, escuche!