IV DOMENICA DI AVVENTO
anno C (2024)
Mi 5,1-4; Eb 10,5-10; Lc 1,39-45
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
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Giunti oramai alle porte del Natale e alla porta santa da aprire per l’inizio del Giubileo nell’anno del Signore 2025, non poteva esserci miglior vangelo che quello della celebre visitazione di Maria ad Elisabetta per prepararci e introdurci al mistero della gioia divina, che sarà comunicata alla chiesa come grazia e dono in questi prossimi giorni. Maria, visitata dallo Spirito Santo, si muove rapida e decisa per visitare Elisabetta, a sua volta visitata dalla bontà divina con il dono di una impensabile gravidanza. Nell’icona evangelica che ci sta davanti, vediamo il Nuovo Testamento incontrarsi con l’Antico, la realizzazione delle promesse di Dio con la sua profezia, l’annuncio del compimento con l’attesa di tutte le attese. Il giubilo di Dio avvolge profondamente le due donne in un reciproco stupore pieno di gratitudine che, dopo le parole di Elisabetta, esploderà nel “magnificat” di Maria. Una gioia talmente diversa dalle gioie di questo mondo, da rendere Maria capace di riempire di Spirito Santo e di far trasalire di gioia, con il suo solo saluto, non solo sua cugina, ma persino il piccolo Giovanni che si sta formando nel suo grembo. Gesù appena concepito nel suo utero, è la gioia trasbordante di Maria.

Credo che la chiesa debba sempre guardare questa icona per identificarsi con Maria che annuncia la gioia della presenza di Dio con il suo semplice saluto. Credo debba sempre interrogarsi se nelle sue parole e nei suoi gesti riesca a comunicare questa gioia. Infatti, troppe volte mi capita di sentire, all’interno dei rapporti umani ed ecclesiali, la voce di chi, ferito dal male subito da qualche fratello o sorella nella fede, giunge a togliergli il saluto, oppure chi mi dice di non riuscire a comprendere come mai il tale o la tale si giri dall’altra parte e non lo saluti più. Non posso tacere e ricordare a tutti che, dopo l’incarnazione di Dio, anche noi con un saluto o una mancanza di esso possiamo dare la vita o la morte. Dentro di noi c’è lo stesso Spirito Santo che mosse Maria: lo possiamo seguire ed obbedire oppure contristare con le nostre decisioni. Ricordo ancora quel giorno che fui chiamato ad andare in un ospedale per una richiesta del sacramento dell’unzione degli infermi. La persona malata si trovava in un reparto di oncologici terminali. Quando giunsi alla porta di quel reparto incrociai subito il mio sguardo con quello di una infermiera che, vedendomi entrare in clergyman e forse salutarla così volentieri, subito cambiò espressione nel suo volto ed esclamò: “venga, entri pure padre, sia lei benvenuto e benedetto, che porta vita in questo luogo spesso così triste e pieno di morte”. Non potrò mai dimenticare quella reazione e la meditazione che ne feci successivamente.
In un corso speciale sui dieci comandamenti che predichiamo, alla 5a parola che recita “non uccidere”, spieghiamo che il suo senso più autentico non è semplicemente l’imperativo di non commettere omicidio fisicamente, ma è piuttosto il comando di amare sempre, in qualsiasi circostanza, poiché il non amare dell’uomo è sempre apportatore di morte. Insomma, anche se tendiamo a non crederci fino in fondo, non amare l’altro significa sempre in qualche modo ucciderlo. Del resto, tanti omicidi reali cominciano sempre così, a partire dall’amore che si spegne nel cuore, dalla pace che si perde e dalla luce che svanisce nell’intelletto. Siamo sempre molto abili a giustificarci e a non volerlo comprendere. Non esiste un’azione umana che ci garantisca una zona “franca”, neutrale. I nostri gesti o danno vita agli altri o gliela tolgono. Le nostre decisioni o ci aprono agli altri o ci chiudono nel nostro egoismo. Un ultimo, semplice appunto, offerto come piccola regola di discernimento. Elisabetta mossa dallo Spirito Santo proclama beata la Vergine Maria perché ha creduto alla parola che il Signore le ha detto. Quando Dio ci visita, se crediamo a quello che ci dice, ci riempie di gioia. Se invece non gli crediamo, diamo fiducia alla menzogna che ci suggerisce il maligno, la quale ci riempie di angustia e tristezza. Dunque, quando per qualche vecchia ruggine o conflittualità difficile da sciogliere giungiamo a privare del nostro saluto una persona, il nemico è ormai alla porta del nostro cuore, se non vi è già entrato.
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DIOS EN UN SALUDO
Llegados ya a las puertas de la Navidad y a la puerta santa que se abrirá para el inicio del Jubileo para el año del Señor 2025, no podía haber mejor evangelio que el de la célebre visitación de María a Isabel para prepararnos e introducirnos al misterio de la alegría divina, que será comunicada a la iglesia como gracia y don en estos próximos días. María, visitada por el Espíritu Santo, se mueve rápida y resueltamente para visitar a Isabel, a su vez visitada por la bondad divina con el don de un embarazo impensable. En el icono evangélico que tenemos ante nosotros, vemos al Nuevo Testamento encontrarse con el Antiguo, la realización de las promesas de Dios con su profecía, el anuncio del cumplimiento con la espera de todas las esperas. El júbilo de Dios envuelve profundamente a las dos mujeres en un mutuo asombro lleno de gratitud que, después de las palabras de Isabel, explotará en el “magnificat” de María. Una alegría tan diferente de las alegrías de este mundo, que hace a María capaz de llenar de Espíritu Santo y de hacer sobresaltar de alegría, con su único saludo, no solo a su prima, sino incluso al pequeño Juan que se está formando en su seno. Jesús recién concebido en su útero, es la alegría que transborda a María.
Creo que la iglesia debe siempre mirar este icono para identificarse con María que anuncia la alegría de la presencia de Dios con su simple saludo. Creo que siempre debe preguntarse si en sus palabras y gestos logra comunicar esta alegría. En efecto, demasiadas veces me sucede oír, dentro de las relaciones humanas y eclesiales, la voz de quien, herido por el mal sufrido por algún hermano o hermana en la fe, llega a quitarle el saludo, o quien me dice que no puede entender por qué el tal o la tal se vuelva hacia el otro lado y no lo salude más. No puedo callar y recordar a todos que, después de la encarnación de Dios, también nosotros con un saludo o una falta de él podemos dar la vida o la muerte. Dentro de nosotros está el mismo Espíritu Santo que movió a María: podemos seguirlo y obedecerlo o contristarlo con nuestras decisiones. Todavía recuerdo aquel día que fui llamado a ir a un hospital para pedir el sacramento de la unción de los enfermos. La persona enferma se encontraba en un pabellón de oncología terminal. Cuando llegué a la puerta de esa sala inmediatamente cruzé mi mirada con el de una enfermera que, viéndome entrar en clergyman y tal vez saludarla tan gustosamente, inmediatamente cambió de expresión su rostro y exclamó: “venga, entre padre, sea usted bienvenido y bendecido, que trae vida a este lugar tan a menudo triste y lleno de muerte“. Nunca podré olvidar esa reacción y la meditación que hice después.
En un curso especial sobre los diez mandamientos que predicamos, a la quinta palabra que dice “no matar“, explicamos que su sentido más auténtico no es simplemente el imperativo de no cometer asesinato físicamente, sino más bien el mandamiento de amar siempre, en cualquier circunstancia, porque el no amar del hombre es siempre portador de muerte. En fin, aunque si tendemos a no creer profundamente, no amar al otro significa siempre matarlo de alguna manera. Por lo demás, muchos asesinatos reales comienzan siempre así, a partir del amor que se apaga en el corazón, de la paz que se pierde y de la luz que se desvanece en el intelecto. Somos siempre muy hábiles para justificarnos y no querer entenderlo. No existe una acción humana que nos garantice una zona “franca”, neutral. Nuestros gestos o dan vida a los demás o la quitan. Nuestras decisiones o nos abren a los demás o nos cierran en nuestro egoísmo. Una última, simple observación, ofrecida como pequeña regla de discernimiento. Isabel, movida por el Espíritu Santo, proclama bienaventurada a la Virgen María porque ha creído en la palabra que le ha dicho el Señor. Cuando Dios nos visita, si creemos en lo que nos dice, nos llena de alegría. En cambio si no le creemos, confiamos en la mentira que nos sugiere el maligno, el cual nos llena de angustia y tristeza. Por lo tanto, cuando por algún viejo pleito o conflicto difícil de disolver llegamos a privar de nuestro saludo a una persona, el enemigo está ya en la puerta de nuestro corazón, si es que no ha entrado ya.