Pubblicato in: Commento alle Scritture, Predicazione, Servizio della Parola

OBBEDIRE SE SI VUOL CAPIRE

II DOMENICA DEL T.O.

Is 62,1-5; 1Cor 12,4-11; Gv 2,1-11

 

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

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Nel vangelo di questa domenica il celebre episodio delle nozze di Cana. Un fatto riguardante la vita di Gesù narrato solo da Giovanni. Sappiamo che l’autore del quarto vangelo, pur conoscendo gli altri vangeli sinottici, ha un’ispirazione e una tradizione tutta sua. Così che mentre Luca, Marco e Matteo ci narrano l’inizio dell’attività pubblica di Gesù in un certo modo, Giovanni, pur riconducendo questo avvio in ambiente battesimale (collegamento alla testimonianza del Battista), ci racconta la manifestazione pubblica del Signore nell’episodio del miracolo di Cana quale primo “segno” dell’opera di Dio. Cioè, Cana inaugura la sezione del libro dei “segni” che Gesù compì nel suo ministero, il primo di sette in cui egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. Se Giovanni scrive così, collocandolo come primo dei segni, vuol dire che il significato da cogliere è importantissimo e riveste, per così dire, un ruolo “programmatico” nella stesura scritta dell’intera vicenda di Gesù.

Una festa di nozze sul punto di fallire clamorosamente. Una festa cominciata che rischia di perdere la sua natura di festa. Un matrimonio la cui celebrazione è a un passo dalla delusione, ricordandoci di quanti giorni e di quali caratteristiche hanno i matrimoni ebraici. Questo il setting dove avviene il fatto. Da notare la persona che si accorge del fattore che sta per mandare all’aria la festa: la Madonna. Maria si accorge che il vino si è esaurito e lo fa rilevare a suo Figlio. Gesù risponde con una certa reticenza. Maria ordina ai servitori presenti: qualsiasi cosa vi dica, fatela. Dopo di che il Signore ordina a quei servi di riempire d’acqua le anfore della purificazione rituale e di portarle al maestro di tavola. Cosa che compiono puntualmente. Ma il passaggio di quelle anfore porta con sé un sorprendente cambiamento. Il direttore del banchetto chiama lo sposo e certifica con le sue considerazioni il vino appena degustato. Dunque le anfore riempitesi d’acqua sono diventate contenitori di una quantità esorbitante di vino.

Il vangelo di Giovanni ha una densità simbolica da decifrare pazientemente. Il miracolo non sottolinea tanto la potenza del Cristo, ma è piuttosto attento ad alcuni particolari, come l’abbondanza del vino, la sua ottima qualità, il fatto stesso che esso sostituisca l’acqua preparata per le abluzioni rituali. Gesù è lo Sposo, il Messia che si manifesta come nuova Alleanza e nuova legge. Notiamo subito come nella messianicità di Gesù sia contenuta l’idea di un cambiamento: c’è qualcosa di vecchio (l’acqua) che deve venir meno per lasciar posto a qualcosa di nuovo (il vino). L’antica legge deve lasciar posto alla nuova. Il messianismo di Gesù viene portato da Giovanni già verso “la sua ora”. È come se Giovanni ci dicesse di andare subito a vedere la fine della storia per capirne l’inizio, di andare a vedere come finisce questa storia per capire perché a Cana Gesù manifestò la sua gloria. Perché la Gloria di Dio è la potenza dell’amore fedele fino alla morte. Gesù è la carne in cui si rese visibile questo amore, il cui segno anticipatore avvenne alle nozze di Cana.

E i discepoli credettero in lui. Questa annotazione dell’autore con la sua particolare costruzione grammaticale ci spiega una qualità della fede cristiana. Essa è slancio verso una persona concreta, non verso una idea o una dottrina. È lo slancio di chi si fida del Signore ed è disposto ad agire ed obbedire, prima che a voler capire. Come dimostra l’atteggiamento di Maria. La fede è conversione, apertura al passaggio dal vecchio al nuovo, disponibilità. Come la fede di Maria che accetta l’apparente rifiuto e si lascia condurre verso un’attesa superiore. Non hanno più vino: in queste parole di Maria intravediamo, delicatamente, la speranza del miracolo. È vero, la risposta di Gesù esprime una chiara recalcitranza, pur acconsentendo, poi, a fare il miracolo. Ma questa ritrosia ha lo scopo di far passare la fede della Chiesa (di cui Maria è modello) alla sua maturità. Infatti gli uomini cercano normalmente nel miracolo una soluzione a un loro imbarazzo, come nel caso del vino esauritosi a Cana. Gesù invece opera il miracolo per una rivelazione superiore. Egli, nel segno del vino nuovo, si rivela lo Sposo venuto a compiere le nozze definitive di Dio con l’umanità. Egli è la gioia di un amore in grado di far superare ogni fallimento della nostra storia. Chi incontra questo amore lo scopre abitante dentro di sé.

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OBEDECER SI SE QUIERE ENTENDER

En el evangelio de este domingo, el célebre episodio de las bodas de Caná. Un hecho referente a la vida de Jesús narrado solo por Juan. Sabemos que el autor del cuarto evangelio, aun conociendo los otros evangelios sinópticos, tiene una inspiración y una tradición propia. Así que mientras Lucas, Marcos y Mateo nos narran el inicio de la actividad pública de Jesús de una cierta manera, Juan, aunque reconduciendo este inicio en ambiente bautismal (conexión con el testimonio del Bautista), nos cuenta la manifestación pública del Señor en el episodio del milagro de Caná como primera “señal” de la obra de Dios. Es decir, Caná inaugura la sección del libro de los “signos” que Jesús realizó en su ministerio, el primero de siete en los cuales él manifestó su gloria y sus discípulos creyeron en él. Si Juan escribe así, colocándolo como el primero de los signos, quiere decir que el significado a captar es importantísimo y reviste, por decirlo así, un papel “programático” en la redacción escrita de toda la historia de Jesús.

Una fiesta de bodas a punto de fracasar clamorosamente. Una fiesta que ha comenzado y que corre el riesgo de perder su naturaleza festiva. Una boda cuya celebración está a un paso de la decepción, recordándonos cuántos días y qué características tienen los matrimonios judíos. Este es el escenario donde ocurre el hecho. La persona que se da cuenta del factor que está a punto de echar a perder la fiesta: la Virgen. María se da cuenta de que el vino se ha agotado y lo hace notar a su Hijo. Jesús responde con cierta reticencia. María ordena a los sirvientes presentes: cualquier cosa que les diga, háganla. Después de eso, el Señor ordena a esos siervos que llenen las ánforas de la purificación ritual con agua y las lleven al maestro de mesa. Lo que hacen puntualmente. Pero el paso de esas ánforas trae consigo un sorprendente cambio. El director del banquete llama al novio y certifica con sus consideraciones el vino recién probado. Entonces las ánforas llenas de agua se han convertido en recipientes de una cantidad exorbitante de vino.

El evangelio de Juan tiene una densidad simbólica que hay que descifrar pacientemente. El milagro no enfatiza tanto la potencia de Cristo, sino que es bastante atento a algunos detalles, como la abundancia del vino, su excelente calidad, el hecho mismo de que reemplaza el agua preparada para las abluciones rituales. Jesús es el Esposo, el Mesías que se manifiesta como nueva Alianza y nueva ley. Notamos enseguida cómo en la mesianidad de Jesús está contenida la idea de un cambio: hay algo viejo (el agua) que debe desaparecer para dejar lugar a algo nuevo (el vino). La antigua ley debe dejar lugar a la nueva. El mesianismo de Jesús es llevado por Juan ya hacia “su hora”. Es como si Juan nos dijera que vayamos inmediatamente a ver el final de la historia para entender el principio, para ir a ver cómo termina esta historia para entender por qué en Caná Jesús manifestó su gloria. Porque la gloria de Dios es el poder del amor fiel hasta la muerte. Jesús es la carne en la que se hizo visible este amor, cuyo signo anticipado ocurrió en las bodas de Caná.

Y los discípulos creyeron en él. Esta anotación del autor con su particular construcción gramatical nos explica una cualidad de la fe cristiana. Es un impulso hacia una persona concreta, no hacia una idea o doctrina. Es el impulso de quien confía en el Señor y está dispuesto a actuar y obedecer, antes que querer entender. Como demuestra la actitud de María. La fe es conversión, apertura al paso del viejo al nuevo, disponibilidad. Como la fe de María que acepta el aparente rechazo y se deja llevar hacia una espera superior. No tienen más vino: en estas palabras de María entrevemos, delicadamente, la esperanza del milagro. Es cierto que la respuesta de Jesús expresa una clara renuencia, aunque consiente, después, a hacer el milagro. Pero esta reticencia tiene el objetivo de hacer pasar la fe de la Iglesia (de la que María es modelo) a su madurez. En efecto los hombres buscan normalmente en el milagro una solución a su vergüenza, como en el caso del vino agotado en Caná. Jesús, en cambio, obra el milagro para una revelación superior. Él, en el signo del vino nuevo, se revela como el Esposo que ha venido a celebrar las nupcias definitivas de Dios con la humanidad. Él es la alegría de un amor capaz de superar cada fracaso de nuestra historia. Quien encuentra este amor lo descubre habitando dentro de sí.