II DOMENICA DI QUARESIMA
anno A (2020)
Gen 12,1-4; 2Tm 1,8-10; Mt 17,1-9
Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».
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Chissà cosa avranno pensato o cosa si aspettavano Pietro, Giacomo e Giovanni, quando Gesù chiese solo a loro di seguirlo su un monte (Mt 17,1). Forse non era facile capire Gesù. Forse non era facile capire le sue richieste. Forse stare con Gesù non era così semplice. Era spesso come stare davanti all’imprevedibile. E a noi non sempre piace l’imprevedibile. Provate a leggere poco indietro al vangelo di oggi. Pietro ode su di sé parole sublimi dalla bocca del Maestro e, subito dopo, quella stessa bocca gli dà del diavolo. Così vicino e così lontano in un brevissimo lasso di tempo (Mt 16,16-23). Forse che non ci si sente molte volte così nel nostro cammino con Dio? Una cosa è certa. Gesù guida il gioco della vita, l’iniziativa è sua: li prese con sé. E se ci prende con sé, per portarci in disparte, dobbiamo lasciarlo fare. Qualunque cosa abbiano pensato, o qualunque fosse la loro attesa, i discepoli fanno la cosa giusta: obbediscono perché rinnovano la fiducia in Gesù, malgrado tutto.

E mentre salgono su quella vetta, ecco una metamorfosi. Questo il significato letterale del verbo in greco tradotto con: fu trasfigurato davanti a loro (Mt 17,2). Gesù assume una forma nuova agli occhi dei discepoli, non secondo un processo tipicamente pagano per cui la divinità assume sembianze umane, ma piuttosto l’inverso. La sua umanità risplende improvvisamente in una modalità che all’evangelista riesce difficile descrivere: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Una intensa luminosità, una percezione di chiarezza della persona di Gesù che fu difficile descrivere persino ai tre discepoli. E poi la presenza di due personaggi-chiave della storia di Israele che parlano con Lui (Mt 17,3). Come a dire che in quegli indicibili frangenti di tempo c’era nei discepoli una sensazione viva di pienezza di significato. Non sembrava più chiara soltanto l’identità di Gesù, ma anche cos’era la loro storia. O meglio, cominciava ad essere più chiara, perché doveva ancora arrivare il mistero della croce.
Che cosa è importante per noi aspiranti discepoli di oggi accogliere da questo vangelo in tempo di quaresima? Mi sembra sostanzialmente 3 cose. 1) Il nostro cammino di fede è un lento apprendistato a fidarci di Dio. A noi il cercare di essergli fedeli, non il cercare a tutti i costi esperienze “speciali” per l’appetito dei nostri sensi. Lasciamo al Signore Gesù questa libertà di rivelarsi a noi come e quando vuole. Altrimenti rischiamo di voler tenere noi le redini della nostra vita, che in genere ci procura più guai che benefici. 2) Se stiamo diventando davvero discepoli suoi, al di là dei momenti difficili che tutti attraversiamo, allora stare davanti a Gesù, vivere con Lui la propria vita, è la cosa più bella che ci possa capitare: è bello per noi stare qui (Mt 17,4). Se uno non trova bello stare in disparte con il Signore, o non sa ancora chi è il Signore o non lo ha ancora come Signore della propria vita. 3) Se vogliamo camminare nella traiettoria dei punti 1 e 2, c’è un solo principio di vita da amare/rispettare. La voce del Padre proveniente dalla nube luminosa non lascia spazio a soggettive interpretazioni. Ciò che dà forma “cristiana” alla nostra esistenza, è ascoltare Gesù (Mt 17,5). Chi lo ascolta diventa della sua stessa forma, perché le parole di Gesù sono ogni parola che esce dalla bocca di Dio (Dt 8,3). Chi lo ascolta viene generato a una vita nuova.
Una persona che ha inciso molto nella mia formazione dice che la nostra trasfigurazione comincia quando, invece di pensare e ascoltare noi stessi, cominciamo ad ascoltare Gesù. Non può che essere così. Dio mostrò ai discepoli per qualche istante la sua Gloria nella umanità di Gesù perché ci specchiassimo nel suo volto. Chi ascolta e segue Gesù, ha lo splendore divino come suo destino. La sua forma diventa progressivamente luminosa, come quella di una donna di 94 anni che oggi pomeriggio sono andato a visitare. Una donna di preghiera che da tanto tempo non riceveva la visita di un sacerdote. Era letteralmente fuori di sé per la gioia e la gratitudine che sentiva. Non smetteva di dirmi in continuazione, mentre mi guardava stupefatta per la mia presenza in casa sua: “lei non può immaginare quale gioia e quale regalo mi ha fatto questa sera”. Mentre i suoi occhi mi fissavano come se vedessero qualcun altro, io vedevo nei suoi occhi e nel suo fragilissimo corpo un piccolo riflesso della Gloria che avvolgeva entrambi, come la nube luminosa avvolse quel giorno i discepoli sul Tabor. Augurandoci che, davanti ai nostri occhi, rimanga sempre e solo Gesù (Mt 17,8).
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JESÚS, DIOS EN FORMA ESPLÉNDIDA
Quién sabe lo que tuvieron que pensar o esperar Pedro, Santiago y Juan, cuando Jesús les pidió sólo a ellos que lo siguieran en una montaña (Mt 17,1). Tal vez no fue fácil entender a Jesús. Tal vez no fue fácil entender sus demandas. Tal vez estar con Jesús no era tan simple. Y a menudo era cómo pararse frente a lo impredecible. Y no siempre nos gusta lo impredecible. Traten de leer sólo unos pocos versículos anteriores del Evangelio de hoy. Pedro oye palabras sublimes sobre sí mismo de la boca del Maestro y, poco después, esa misma boca le da de diablo. Tan cerca y tan lejos en un período muy corto de tiempo (Mt 16,16-23). ¿Quizás no nos sentimos muchas veces así en nuestro camino con Dios? Una cosa es segura. Jesús lidera el juego de la vida, la iniciativa es suya: se los llevó con él. Y si nos lleva con él, para llevarnos a un lado, tenemos que dejarlo hacer. Sea lo que sea que pensaron, o cualquier cosa hayan sido sus expectativas, los discípulos hacen lo correcto: obedecen porque renuevan la confianza en Jesús, a pesar de todo.
Y mientras suben aquella cima, aquí hay una metamorfosis. Este es el significado literal del verbo en griego traducido con: fue transfigurado delante de ellos (Mt 17,2). Jesús toma una nueva forma a los ojos de los discípulos, no según un proceso típicamente pagano para el cual la divinidad adquiere apariencia humana, sino más bien al revés. Su humanidad brilla repentinamente en una modalidad que el evangelista apenas puede describir: su rostro brillaba como el sol y sus vestiduras se volvieron tan blancas como la luz. Un brillo intenso, una percepción de claridad de la persona de Jesús que era difícil de describir incluso a los tres discípulos. Y luego la presencia de dos personajes claves de la historia de Israel que hablan con Él (Mt 17,3). Como para decir que en esas indescriptibles circunstancias de tiempo había una sensación viva de plenitud de significado en los discípulos. No sólo la identidad de Jesús parecía más clara, sino también cuál era la historia de ellos. O, mejor dicho, comenzaba a ser más claro, porque el misterio de la cruz aún no había llegado.
¿Qué es importante para nosotros, aspirantes discípulos de hoy en día, para acoger de este Evangelio en tiempos de Cuaresma? Me parece básicamente 3 cosas. 1) Nuestro camino de fe es un lento aprendizaje para confiar en Dios. A nosotros tratar de ser fieles, no buscar a toda costa experiencias “especiales” para el apetito de nuestros sentidos. Dejemos esta libertad al Señor Jesús para que se revele a nosotros cómo y cuándo quiere. De lo contrario, corremos el riesgo de querer tener las riendas de nuestra vida, lo que generalmente nos da más problemas que beneficios. 2) Si realmente nos estamos convirtiendo en sus discípulos, más allá de los momentos difíciles por los que todos pasamos, entonces estar ante Jesús, vivir con Él la propia vida, es lo más hermoso que nos puede pasar: es hermoso para nosotros estar aquí (Mt 17,4). Si a uno no le parece agradable estar a solas con el Señor, o aún no sabe quién es el Señor o todavía no lo tiene como Señor de la propia vida. 3) Si queremos caminar en la trayectoria de los puntos 1 y 2, sólo hay un principio de vida para amar/respetar. La voz del Padre que viene de la nube luminosa no deja lugar a interpretaciones subjetivas. Lo que da forma “cristiana” a nuestra existencia, es escuchar a Jesús (Mt 17.5). Quien lo escucha llega a ser de su misma forma, porque las palabras de Jesús son cada palabra que sale de la boca de Dios (Dt 8,3). Quien lo escucha es generado a una nueva vida.
Una persona que ha tenido mucho impacto en mi formación dice que nuestra transfiguración comienza cuando, en lugar de pensar y escucharnos a nosotros mismos, comenzamos a escuchar a Jesús. Sólo puede ser así. Dios mostró a los discípulos por unos momentos su Gloria en la humanidad de Jesús para reflejarnos en su rostro. Aquellos que escuchan y siguen a Jesús tienen esplendor divino como destino. Su forma se vuelve progresivamente luminosa, como la de una mujer de 94 años que esta tarde fui a visitar. Una mujer de oración que durante mucho tiempo no recibía la visita de un sacerdote. Estaba literalmente fuera de sí misma por la alegría y la gratitud que sentía. No dejaba de decirme todo el tiempo, mientras me miraba asombrada por mi presencia en su casa: “usted no puede imaginar qué alegría y qué regalo me ha dado esta tarde”. Mientras sus ojos me fijaban como si vieran a alguien más, yo veía en sus ojos y en su cuerpo frágil un pequeño reflejo de la Gloria que envolvía a ambos, como la nube luminosa envolvía ese día a los discípulos en el Tabor. Esperando que delante de nuestros ojos permanezca siempre y sólo Jesús (Mt 17,8).