CIO’ CHE GUIDA GESÙ E IL SUO DISCEPOLO

VIII DOMENICA DEL T.O.

ANNO C (2019)

Sr 27,4-8; 1Cor 15,54-58; Lc 6,39-45

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello. Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».

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Sono di rientro dalla Terra Santa. Per me è stata la prima volta. Ho vissuto il pellegrinaggio come un nuovo viaggio di nozze. Lo stupore e il dolore mi hanno accompagnato (è mancato improvvisamente un pellegrino del mio gruppo a Betlemme), e ho imparato ancora una volta come essi possano sorprendentemente coesistere. Sono molte le cose che colpiscono quando si è lì, anche se ne avevo una vaga conoscenza. Una di esse, a Gerusalemme, è la rigida osservanza religiosa di molti fratelli ebrei e musulmani. Nel loro sistema di vita c’è come motore una religione che li separa dagli altri. Proprio il contrario di quello che opera nel cuore umano la fede in Cristo. Il vangelo di oggi infatti offre 3 criteri di discernimento per verificare se abbiamo compreso le sue Beatitudini e se stiamo cercando di vivere le istruzioni di domenica scorsa, che si compendiano nel grande comandamento: siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro (Lc 6,36).

Le Beatitudini
Gesù insegna ai suoi discepoli, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, marzo 2015

Facile a dirsi, ma difficile a credersi e ad agire di conseguenza. Mentre ero in coda per visitare il Santo Sepolcro a Gerusalemme, ho parlato con un uomo di Assisi. Ce l’aveva con i musulmani che hanno ancora le chiavi del luogo sacro e con i cristiani “deboli”. Secondo lui papa Francesco è uno di questi: ci sta portando alla rovina perché dialoga con i musulmani e il cristianesimo che predica è una stoltezza, perché fa arretrare il discepolo davanti all’avanzata musulmana. E’ la solita tentazione del cristiano: pensare che possa esistere un’altra strada di salvezza, pensare di poter ricorrere giustificatamente a mezzi e a modalità che Gesù ha rifiutato per compiere la sua missione, pensare che in certi casi è sacrosanto abbassare il tiro del vangelo, soprattutto quando mette al centro la misericordia di Dio. Ma oggi il vangelo dice che chi ritiene questo comandamento troppo perfetto o “saltabile” in certe occasioni, è un cieco e una guida di ciechi (Lc 6,39). Infatti, chi è il cieco per il vangelo? Se volete saperlo, andate a leggervi il celebre episodio di Gv 9. Se si è onesti, lì ci ricorderemo senza appello che cieco è colui che si fa guida degli altri senza avere in sé, come senso della vita, la misericordia di Dio. Cieco è colui che invece di scoprire il proprio male, è tutto intento a cercare e condannare il male altrui accampando la sua presunta giustizia.

Dunque il vero discepolo di Gesù insegna a vivere di misericordia facendosi misericordioso con gli altri: si prepari bene in materia, se vuole assomigliargli un po’! (Lc 6,40). Chi insegna diversamente è una guida cieca. Quell’uomo di Assisi cui ho solo rivolto qualche domanda mi ha tagliato corto dicendo: “a me hanno insegnato così e credo che sia giusto vedere le cose così, punto”. Liberissimo. Tuttavia i vv.41-42 rincarano la dose, se davvero cerchiamo il discernimento. La guida che insegna diversamente è cieca perché non si accorge di avere una trave nell’occhio. Questa verità ha 2 conseguenze: impedisce di riconoscere il proprio peccato con il suo peso (è una trave!) e impedisce di ricordarsi che il male altrui è chiamato da Gesù pagliuzza (cosa pesa?). Il suo, è l’unico peccato che Gesù apostrofa duramente: l’ipocrisia. L’ipocrita, nel teatro greco, prima di essere un attore che finge, è il protagonista che risponde al coro. Perciò altro modo sottilissimo di essere un falso maestro è farsi protagonista nel sapere tanti discorsi di Gesù, ma applicandoli sempre agli altri! Come faccio tante volte anch’io che sono chiamato ad essere guida per gli altri! Signore Gesù, abbi pietà di me!

Se il peccato fondamentale della vita (con sua conseguente cecità) è non ritenersi bisognosi della misericordia di Dio, possiamo allora comprendere i versetti finali del vangelo. Ogni albero si riconosce dal suo frutto (Lc 6,44). Se le cose stanno così (Lc 6,43), cos’è l’albero buono e cos’è l’albero cattivo? Cos’è il buon tesoro? (Lc 6,45a) Nei vv.39-42 abbiamo visto ciò che distingue le false guide. In questa ultima piccola parabola si evidenzia dove affonda le sue radici: è il cuore dell’uomo. Il problema capitale del discepolo di Cristo, nonché criterio della sua identità, è dunque sapere per davvero di essere una pianta cattiva che produce frutti amari: solo guardando con sincerità sé stessi si vede il proprio male e si sente il bisogno della misericordia di Dio. Un mio maestro diceva che la Bibbia serve per farmi battere il petto, non per batterla in testa agli altri! Il succo della fede cristiana consiste nel riconoscere che l’albero buono è solo Gesù e che frutti buoni li fa Lui, non io. Però, il miracolo della fede è che sono stato innestato in Lui e che può bonificare il mio cuore con la sua misericordia, se credo che Egli è capace di volgere sempre il mio male in bene. Il buon tesoro del mio cuore è Gesù. Prima delle azioni, è la mia parola che rivela se vivo della sua misericordia: la bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda (Lc 6,45b e anche Sir 27,4-8).

 

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LO QUE GUIA A JESUS Y A SU DISCIPULO

 

Estoy de regreso de la Tierra Santa. Para mi ha sido la primera vez. He vivido el peregrinaje como un nuevo viaje de luna de miel. La maravilla y el dolor me han acompañado (ha muerto de improviso un peregrino de mi grupo en Belén), y he aprendido una vez más como ellas puedan sorprendentemente vivir juntas. Son muchas las cosas que impresionan cuando se está allí, a pesar de que tenía un vago conocimiento. Una de ellas, en Jerusalén, la rígida observancia religiosa de muchos hermanos hebreos y musulmanos. En su sistema de vida como motor hay una religión que los separa de los demás. Justamente contrario a lo que en el corazon humano obra la fe en Cristo. El evangelio de hoy de hecho ofrece 3 criterios de discernimiento para verificar si hemos comprendido sus Bienaventuranzas y si estamos intentanto vivir las instrucciones del domingo pasado, que se concentran en el gran mandamiento: sean misericordiosos como es misericordioso el padre de ustedes (Lc 6,36).

Es fácil decirlo, pero difícil de creerlo y de actuar de consecuencia. Mientras estaba en la fila para visitar el Santo Sepulcro en Jerusalén, he hablado con un hombre de Asís. Molesto con los musulmanes que todavía tienen las llaves del lugar sagrado y también con los cristianos “débiles”. Según este hombre el papa Francisco es uno de estos: nos está llevando a pique porque dialoga con los musulmanes y el cristianismo que predica es una estupidez, porque hace retroceder al discípulo ante el avance musulmano. Es la misma tentación del cristiano: pensar que pueda existir otro camino de salvación, pensar de poder recurrir justificadamente a los medios y a la modalidad que Jesús ha rechazado para cumplir su misión, pensar que en ciertos casos es sacrosanto bajar el tiro del evangelio, sobretodo cuando pone al centro la misericordia de Dios. Pero hoy el evangelio dice que quien retiene este mandamiento demasiado perfecto o “saltable” en ciertas ocasiones, es un ciego y un guía de ciegos (Lc 6,39). De hecho, ¿Quién es el ciego para el evangelio? Si quieren saberlo, vayan a leerse el célebre episodio de Jn 9. Si somos honestos, allí nos recordaremos sin llamamientos que ciego es aquél que se hace guía de los demás sin tener en sí, como sentido de la vida, la misericordia de Dios. Ciego es aquél que en cambio de descubrir su proprio mal, está proyectado a buscar y condenar el mal de los demas apoyándose en su presunta justicia.

Entonces el verdadero discípulo de Jesús enseña a vivir de misericordia haciéndose misericordioso con los demás: ¡”se prepare bien en la materia, si quiere parecerse un poco”! (Lc 6,40). Quien enseña diversamente es un guía ciego. Aquél hombre de Asís con el cual he solo hecho algunas preguntas me ha callado rápidamente diciendo: “a mí me han enseñado así y creo que sea justo ver las cosas así, punto”. Libre. Sin embargo los vv.41-42 traen consigo la dosis, si de verdad buscamos el discernimiento. El guía que enseña de otro modo es ciego porque no se da cuenta que tiene un tronco en el ojo. Esta verdad tiene 2 consecuencias: impide reconocer el propio pecado con su peso (¡es una viga!) e impide recordarse que el mal ajeno es llamado por Jesús peluza (¿qué cosa pesa?). El suyo, es el único pecado que Jesús señala duramente: la hipocresía. El hipócrita, en el teatro greco, antes de ser un actor que finge, es el protagonista que responde al coro. Por lo cual otro modo sutilisimo de ser un falso maestro es hacerse protagonista en el saber tantos discursos de Jesús, ¡pero aplicándolo siempre a los demás! Como hago tantas veces también yo que soy llamado a ser guía ¡para los demás! ¡Señor Jesús, ten piedad de mi!

Si el pecado fundamental de la vida (con su consecuente ceguera) es no retenerse necesitado de la misericordia de Dios, podemos entonces comprender los versiculos finales del evangelio. Cada árbol se reconoce de su fruto (Lc 6,44). Si las cosas están así (Lc 6,43), ¿qué es el árbol bueno y qué es el árbol malo? ¿Qué es el buen tesoro? (Lc 6,45a) En los vv.39-42 hemos visto lo que caracteriza a las falsas guías. En esta última pequeña parábola se evidencia donde ahonda sus raíces: es el corazón del hombre. El problema capital del discipulo de Cristo, así como el criterio de su identidad, es entonces saber de verdad de ser una planta mala que produce frutos amargos: solo mirando con sinceridad a sí mismos se ve el propio mal y se siente la necesidad  de la misericordia de Dios. Un maestro mio decía que la Biblia sirve para hacerme golpear el pecho, no para golpearla en la cabeza a los demás! La esencia de la fe cristiana consiste en el reconocer que el árbol bueno es solo Jesús y que frutos buenos los hace Él, no yo. Pero, el milagro de la fe, es que he sido injertado en Él y que puede bonificar mi corazón con su misericordia, si creo que Él es capaz de volcar siempre mi mal en bien. El buen tesoro de mi corazón es Jesús. Antes de las acciones, es mi palabra que revela si vivo de su misericordia: la boca de hecho expresa lo que del corazón sobreabunda (Lc 6,45b y también Sir 27,4-8).