Pubblicato in: Commento alle Scritture, Predicazione, Servizio della Parola

LA NONA BEATITUDINE

III DOMENICA DI AVVENTO

anno A (2025)

Is 35,1-6.8.10; Gc 5,7-10; Mt 11,2-11

Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».

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Giovanni era in carcere, da solo. Gettato in quel lugubre posto da Erode, perché gli rimproverava un adulterio inaccettabile. Da solo, forse sentendo imminente il momento della sua morte, Giovanni ha bisogno di esprimere un dubbio dopo aver nuovamente sentito parlare delle opere del Cristo. La sensazione di aver sbagliato tutto o di aver indicato la persona sbagliata. È terribile, quando si è vicini alla morte, pensare che forse hai sbagliato il fine della tua missione, forse tutto quello che hai detto o fatto non era proprio tutto vero o corrispondente alla realtà. Anche S. Francesco sul finire della sua vita fu colpito da un atroce dubbio di questo tipo. Allora Giovanni decide di mandare alcuni dei suoi da Gesù per esternare il suo dubbio con una domanda diretta. Chi ha dubbi/domande nel proprio cammino sicuramente farà crescere e consolidare la sua fede. Chi non ne ha, deve interrogarsi seriamente sulla fede che sta professando. I discepoli giungono dal Signore Gesù e gli recapitano la domanda. Il senso è questo: Gesù, ma sei proprio tu quello (il Messia) per cui ho speso tutta la mia vita? Oppure la mia e l’attesa di tutti gli altri deve allungarsi, perché il Messia è un altro che deve ancora arrivare? Ci sono domande e dubbi gravidi di dolore. Solo chi li ha attraversati può capire. Come Giuseppe, che ha vissuto un dilemma dalla sofferenza simile, se non più grande. Lo sentiremo nell’ultima domenica di Avvento.

Gesù non risponde direttamente alla domanda di Giovanni. Nessuna espressione dottrinale, né un “sono proprio io il Messia che tu hai annunciato”. Gesù rimanda ancora alle opere che i discepoli stessi possono udire e vedere. Sono le opere messianiche profetizzate da Isaia che si realizzano con Lui. Giovanni può capire e continuare a credere: ha fatto bene il suo lavoro, non deve temere. I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. Si tratta di notizie che riempiono di speranza e di gioia, come è nella natura della stessa parola “vangelo”. Si tratta dell’inaugurazione di un mondo nuovo, in cui i poveri, gli emarginati e gli oppressi dalle varie forme di male, hanno un posto speciale. Questo mondo nuovo è il regno di Dio annunziato dai profeti e dall’ultimo dei profeti che è proprio il Battista. Allora Giovanni può restare sicuro: la sua vita, il suo ministero e il battesimo amministrato non sono stati un abbaglio, le parole della sua predicazione non si sono diffuse invano. E infatti Gesù accredita subito dopo Giovanni tessendogli un elogio che non ha eguali: in verità io vi dico, fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista.  

E tuttavia c’è una affermazione centrale di Gesù nel testo di oggi che illumina ancor di più il mistero del disorientamento di Giovanni in carcere. Le beatitudini del racconto evangelico sono otto, ma questa è “la nona beatitudine”, riassuntiva di tutte. Perché se da una parte la risposta che gli manda può assicurarlo circa la sua vocazione/missione, cioè il compimento di una profezia messianica, da un’altra chiede a Giovanni di uscire da quella generale attesa che caratterizzava tutto il popolo di Israele, ovvero aspettarsi un Messia poderoso e glorioso che viene sulla terra per liberare politicamente dal dominatore di turno (Roma) e per ristabilire una giustizia che mette a posto tutto e tutti. Pertanto, beato è colui che non trova in me motivo di scandalo! Perché alla fine molti rimasero, molti rimangono e molti rimarranno scandalizzati da Gesù per come Egli è. A cominciare dai concittadini nazareni, passando ai primi discepoli che non ci capivano niente di tante cose che Gesù diceva e che poi inciamperanno sulla fine ingloriosa del Maestro in Croce. Fino ai tanti sedicenti cristiani di oggi, che non riescono proprio ad accettare l’assoluta diversità e imprevedibilità del Signore eppure già immortalate nel vangelo. Come ieri sera, dopo aver visto con milioni di telespettatori la presentazione dell’apostolo Pietro nel monologo del Benigni nazionale. Una pioggia di risonanze positive, ma anche subito una pioggia di contestazioni, per la tale espressione fuori luogo o per la imprecisione delle informazioni evangeliche e teologiche. Un borbottare di preti che non hanno gradito. Pensavo alla sua carriera, a chi era tanti anni fa questo attore comico, oggi un uomo che Dio ha portato a parlare del vangelo. Certo, ieri sera c’era da chiedersi: e noi preti, vescovi e altri addetti ai lavori, raggiungeremmo così tanta gente per parlare di Gesù e del suo vangelo? Come mai oggi un comico attore e regista, riconosciuto anche nel mondo, annuncia il vangelo meglio di tanto clero? E se non si gioisce di quello che abbiamo ascoltato ieri in tv, non è forse perché ancora oggi Gesù è scandalo, ma non la gioia di tanti cristiani e non cristiani?

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LA NOVENA BEATITUD

Juan estaba en la cárcel, solo. Echado en aquel lúgubre lugar por Herodes, porque le reprochaba un adulterio inaceptable. Solo, quizás sintiendo inminente el momento de su muerte, Juan necesita expresar una duda después de haber oído hablar nuevamente de las obras del Cristo. La sensación de haberse equivocado todo o de haber señalado a la persona equivocada. Es terrible, cuando estás cerca de la muerte, pensar que tal vez te equivocaste en el fin de tu misión, tal vez todo lo que dijiste o hiciste no era exactamente cierto o correspondía a la realidad. También S. Francisco al final de su vida fue golpeado por una duda atroz de este tipo. Entonces Juan decide enviar algunos de los suyos a Jesús para expresar su duda con una pregunta directa. Quien tiene dudas/preguntas en su camino seguramente hará crecer y consolidar su fe. Quien no tiene, debe preguntarse seriamente sobre la fe que está profesando. Los discípulos llegan al Señor Jesús y le hacen la pregunta. El sentido es este: Jesús, pero ¿eres tú precisamente (el Mesías) por quien he gastado toda mi vida? O la mía y la espera de todos los demás debe alargarse, porque el Mesías es otro que todavía tiene que llegar? Hay preguntas y dudas cargadas de dolor. Solo quien las ha atravesado puede entenderlas. Como José, que vivió un dilema de sufrimiento similar, tal vez más grande. Lo sentiremos en el último domingo de Adviento.

Jesús no responde directamente a la pregunta de Juan. Ninguna expresión doctrinal, ni un “soy precisamente el Mesías que tú has anunciado”. Jesús remite también a las obras que los propios discípulos pueden oír y ver. Son las obras mesiánicas profetizadas por Isaías que se realizan con él. Juan puede entender y seguir creyendo: ha hecho bien su trabajo, no tiene que temer. Los ciegos recuperan la vista, los cojos caminan, los leprosos son purificados, los sordos oyen, los muertos resucitan, a los pobres se les anuncia el Evangelio. Se trata de noticias que llenan de esperanza y alegría, como es en la naturaleza de la misma palabra “evangelio”. Se trata de la inauguración de un mundo nuevo, en el que los pobres, los marginados y los oprimidos por las diversas formas de mal, tienen un lugar especial. Este mundo nuevo es el reino de Dios anunciado por los profetas y por el último de los profetas que es precisamente el Bautista. Entonces Juan puede estar seguro: su vida, su ministerio y el bautismo administrado no fueron un engaño, las palabras de su predicación no se difundieron en vano. En efecto, Jesús acredita inmediatamente después de Juan haciéndole un elogio que no tiene igual: en verdad les digo, entre los nacidos de mujer no ha surgido nadie más grande que Juan el Bautista.

Sin embargo, hay una afirmación central de Jesús en el texto de hoy que ilumina aún más el misterio de la desorientación de Juan en la cárcel. Las bienaventuranzas del relato evangélico son ocho, pero ésta es “la novena bienaventuranza”, resumida de todas ellas. Porque si por una parte la respuesta que le envía puede asegurarle sobre su vocación/misión, es decir el cumplimiento de una profecía mesiánica, por otra pide a Juan salir de aquella general espera que caracterizaba a todo el pueblo de Israel, o esperar un Mesías poderoso y glorioso que viene a la tierra para liberar políticamente del dominador de turno (Roma) y para restablecer una justicia que pone todo y todos en su lugar. Por tanto, bienaventurado es aquel que no encuentra en mí motivo de escándalo! Porque al final muchos permanecieron, muchos permanecen y muchos quedarán escandalizados por Jesús por como es. A partir de los conciudadanos nazarenos, pasando a los primeros discípulos que no entendían nada de tantas cosas que Jesús decía y que luego tropezarán con el final inglorioso del Maestro en la Cruz. Hasta los muchos autoproclamados cristianos de hoy, que no consiguen aceptar la absoluta diversidad e imprevisibilidad del Señor y sin embargo ya inmortalizadas en el evangelio. Como ayer por la noche, después de haber visto con millones de telespectadores la presentación del apóstol Pedro en el monólogo del Benigni nacional. Una lluvia de resonancias positivas, pero también inmediatamente una lluvia de impugnaciones, por tal expresión fuera de lugar o por la imprecisión de las informaciones evangélicas y teológicas, como si fueran solo estos los criterios de autenticidad de la fe. Todo un murmullo de sacerdotes que no les gustó. Pensaba en su carrera, a quien era hace tantos años este actor cómico, hoy un hombre que Dios ha llevado a hablar del evangelio. Cierto, ayer por la noche había que preguntarse: ¿y nosotros sacerdotes, obispos y otros profesionales, llegaríamos a tanta gente para hablar de Jesús y de su evangelio?  ¿Cómo es posible que hoy un comediante, actor y director, reconocido también en el mundo, anuncie el evangelio mejor que tanto clero? Y si no se regocija de lo que oímos ayer en la televisión, ¿no es quizás porque todavía hoy Jesús es un escándalo, pero no la alegría de tantos cristianos y no cristianos?