XXXI DOMENICA DEL T.O.
anno B (2021)
Dt 6,2-6; Eb 7,23-28; Mc 12,28-34
Si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
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Il vangelo di domenica scorsa ci ha consegnato l’invito a passare dal desiderio di Giacomo e Giovanni, espressione insipiente e fuorviante dalla strada indicata da Gesù, a quello del cieco Bartimeo, richiesta sapiente ed esemplare per poterci ritrovare sull’unica via battuta dal Signore e diventare suoi discepoli. La domanda dello scriba di oggi permette a Gesù di chiarire come la via della Croce fin qui indicata si identifichi con la via dell’amore. Uno scriba che forse sentiva un urgente bisogno di risposta alla sua domanda, poiché grande era (ed è sempre) il rischio di perdere l’anima, il fulcro ispiratore e unificatore della Legge, con dispersione e smarrimento della propria religiosità nel labirinto di tanti precetti. Insomma, è davvero urgente e vitale sapere cosa conta di più per Dio, cosa tiene uniti tutti i comandamenti.
È interessante che Gesù, da Rabbi ebreo qual era, risponde evocando prima lo Shema’ (Dt 6,4) che in Israele si prega all’inizio e alla fine della giornata. La fede ebraica e il cristianesimo suppongono infatti l’apertura dell’orecchio umano quale condizione imprescindibile per la conoscenza di Dio. Prima del comando c’è l’accoglienza di Colui che comanda. Prima della risposta c’è da accogliere Colui che fa la proposta. Prima di sapere il suo contenuto, c’è da aprire l’udito a Colui che parla. Non è dunque scontato che si viva la risposta che Gesù dà allo scriba. Non a caso, intravedendo in lui saggezza per aver riconosciuto il centro che cercava, aggiunge: non sei lontano dal regno di Dio (Mc 12,34a). Affermazione che avrebbe dovuto indurre lo scriba a chiedergli: “perché? Come posso avvicinarmi di più? Cosa manca per entrarci?”. Marco però annota che davanti a questa affermazione nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo (Mc 12,34b), nemmeno lo scriba.
Qui dobbiamo ricordare un personaggio di qualche domenica fa. Quel tale che aveva un’altra domanda, cioè cosa fare per entrare nella vita eterna. Lì Gesù rispose di andare a verificare l’osservanza dei comandamenti, cosa che costui praticava sin dalla giovinezza. Gesù lo guardò con amore, ma la sua risposta gettò in crisi l’uomo: una sola cosa ti manca. Poi l’indicazione di lasciare l’amore per le ricchezze condividendole con i poveri, e incamminarsi dietro di Lui per amarlo al di sopra di tutto. Ma non fu così, perché il suo cuore confidava nella propria ricchezza. Analogamente, anche qui vediamo che lo scoglio resta la persona di Gesù. Manca una sola cosa allo scriba per entrare nel regno di Dio: non solo riconoscerlo come maestro di fede, ma aderire a Gesù con il suo cuore. Perché per adempiere al più grande dei comandamenti non è sufficiente l’adesione intellettiva o la buona volontà, occorre prima di tutto lasciarsi amare da Lui, poiché in questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio ma è Lui che ha amato noi mandando il suo Figlio (1Gv 4,10).
Gesù è il regno di Dio che si è già fatto vicino all’uomo. Lo scriba non era lontano perché ha cominciato a riconoscere autorità alla sua parola. Ma avrà continuato a cercare una relazione anche affettiva con Lui? Non lo sappiamo. Questo però è il fondamento per poter vivere il primo dei comandamenti. Amare Dio e il prossimo come se stessi è un processo che si realizza radicando bene il nostro povero, fragile amore sull’amore divino, quello sicuro e fedele. Come dire, se si vuole fare l’esperienza gioiosa di questo comandamento, bisogna ancorarsi bene alla verticale dell’amore che è la relazione con Dio. In questo tempo così confuso, dove l’insicurezza dell’amore è una cifra interpretativa del generale smarrimento umano, resta prioritario per il credente (ma anche per chi non crede) mantenere l’unità dei 2 comandamenti: chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede (1Gv 4,20). E tuttavia rimane vero che tanti fallimenti nell’amore sono la conseguenza del suo stacco dalla sorgente, poiché l’uomo pensa di poter fare a meno di Dio in questo campo. Chi ama e confida in Gesù invece, fa ristabilire l’armonia del movimento verticale e orizzontale dell’amore dentro di sé.
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JESUS, EL AMOR VERTICAL Y HORIZONTAL DE DIOS
El evangelio del domingo pasado nos ha entregado la invitación de pasar del deseo de Santiago y Juan, expresión ensimismada y engañosa del camino indicado por Jesús, a la del ciego Bartimeo, pedido sabio y ejemplar para podernos encontrar en el único camino hecho por el Señor y volvernos sus discípulos. La pregunta del escriba de hoy permite a Jesús aclarar cómo el camino de la Cruz hasta aquí indicada se identifica con el camino del amor. Un escriba que quizás sentía una urgente necesidad de respuesta a su pregunta, porque grande era (y siempre es) el riesgo de perder el alma, el eje inspirador y unificador de la Ley, con dispersión y pérdida de la propia religiosidad en el laberinto de tantos preceptos. Es decir, es de verdad urgente y vital saber qué es lo que cuenta más para Dios, qué es lo que tiene unido a todos los mandamientos.
Es interesante que Jesús, de Rabí hebreo el cual era, responde evocando antes el Shemá (Dt 6,4) que en Israel se reza al comienzo y al final del día. La fe hebraica y el cristianismo suponen de hecho el abrirse del oído humano cual condición imprescindible para el conocimiento de Dios. Antes del mando está la acogida de Aquél que manda. Antes de la respuesta hay que acoger a Aquél que hace la propuesta. Antes de saber su contenido, hay que abrir el oído a Aquél que habla. No es entonces descontado que se viva la respuesta que Jesús da al escriba. No por gusto, notando en él sabiduría por haber reconocido el centro que buscaba, agrega: no estás lejos del reino de Dios (Mc 12,34a). Afirmación que hubiera tenido que inducir el escriba a preguntarle: “¿Por qué? ¿Cómo puedo acercarme más? ¿Qué me falta para entrar?”. Pero Marcos anota que frente a esta afirmación nadie tenía más el coraje de interrogarlo (Mc 12,34b), ni siquiera el escriba.
Aquí debemos recordar a un personaje de algunos domingos atrás. Aquél tal que tenía otra pregunta, o sea qué hacer para entrar a la vida eterna. Allí Jesús responde de ir a verificar el cumplimiento de los mandamientos, cosa que este practicaba desde la juventud. Jesús lo miró con amor, pero su respuesta lanzó en crisis al hombre: una sola cosa te falta. Luego la indicación de dejar el amor por las riquezas compartiéndolas con los pobres, e ir detrás de Él para amarlo sobre todas las cosas. Pero no fue así, porque su corazón confiaba en la propia riqueza. Analogamente, también aquí vemos que el escollo se queda la persona de Jesús. Falta una sola cosas al escriba para entrar en el reino de Dios: no solo reconocerlo como maestro de fe, sino adherir a Jesús con su corazón. Porque para cumplir al más grande de los mandamientos no es suficiente la adhesión intelectual o la buena voluntad, es necesario antes que nada dejarse amar por Él, porque en esto está el amor: no hemos sido nosotros a amar a Dios sino es Él que ha amado a nosotros mandando a su Hijo (1Jn 4,10).
Jesús es el reino de Dios que ya se ha hecho cercano al hombre. El escriba no estaba lejano porque ha comenzado a reconocer autoridad a su palabra. Pero ¿habrá continuado a buscar una relación también afectiva con Él? No lo sabemos. Pero esto es el fundamento para poder vivir el primer mandamiento. Amar a Dios y al prójimo como a mí mismo es un proceso que se realiza radicando bien nuestro pobre, frágil amor sobre el amor divino, aquello seguro y fiel. Como decirlo, si se quiere hacer la experiencia gozosa de este mandamiento, es necesario aferrarse bien a la vertical del amor que es la relación con Dios. En este tiempo así confuso, donde la inseguridad del amor es una cifra interpretativa del general perdición humana, queda prioritario para el creyente (pero también para quien no cree) mantener la unidad de los 2 mandamientos: quien de hecho no ama al propio hermano que ve, no puede amar a Diios que no ve (1Jn 4,20). Y no obstante se queda verdadero que tantos fracasos en el amor son la consecuencia del soltarse de la fuente, porque el hombre piensa poder prescindir de Dios en este campo. Quien ama y confía en Jesús en cambio, hace restablecer la armonía del movimiento vertical y horizontal del amor dentro de sí.