I DOMENICA DI AVVENTO
anno C (2024)
Ger 33,14-16; 1Ts 3,12-4,2; Lc 21,25-28.34-36
Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina. State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».
___________________
All’inizio del tempo di Avvento, la chiesa ci fa leggere un testo evangelico che (nel suo contesto) ci parla della fine del Tempio di Gerusalemme e della fine del mondo. Il discorso di Gesù prende le mosse da alcuni che, pur avendo ascoltato di lì a poco la raccomandazione del Maestro a guardarsi da una religiosità apparente e priva di interiorità, rimangono estasiati per le pietre preziose e i doni votivi del Tempio di Gerusalemme, ricevendo subito dal Signore la tremenda profezia della sua distruzione. Alla richiesta di essi circa il tempo di detta distruzione, Gesù avvia quello che chiamiamo un discorso “escatologico”, poiché la fine di Gerusalemme annunciata diventa come un’anticipazione della fine del mondo, senza però che si riesca a distinguere nettamente questa da quella. Il messaggio che c’è dentro è tuttavia semplice. Non importa se la fine del mondo è vicina o lontana nel tempo. Quel che importa è che occorre essere sempre pronti per la venuta del Signore. Il suo ritorno è certo. Quel che importa è capire cosa significhi vegliare in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo.

In ogni epoca c’è sempre stato chi si sente investito da un sacro furore per annunciare l’imminenza della fine del mondo, offrendo addirittura puntuali coordinate spazio-temporali secondo gli eventi catastrofici naturali o umani che ci circondano. Insomma, c’è sempre un Nostradamus di turno. Anche il nostro tempo offre sufficienti stravolgimenti che possono indurre più di qualcuno a dire che siamo vicini alla fine. In realtà noi siamo sempre vicini alla fine: quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina. Eppure Gesù profetizza sul fatto che una parte dell’umanità vedrà accrescere la sua ansia e paura di vivere, a causa dei molteplici disastri che si abbatteranno sul pianeta: gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Il suo obiettivo però, non è quello di far crescere l’angoscia tra gli uomini, quanto piuttosto di farci concentrare su ciò che dona alla nostra vita più fiducia e speranza. Insomma, se per alcuni gli stessi sconvolgimenti diventano fonte di ansia e paura, per i cristiani sono solo il segno della vicinanza di Dio e della realizzazione della sua promessa di liberazione dal male.
Il punto capitale dell’istruzione del Maestro, affinché non si venga inghiottiti da questa crescente spirale di paura, ma si possa restare sereni e speranzosi davanti a quanto accade attorno a noi, è concentrato nei versetti 34-36. Gesù si raccomanda di stare attenti a noi stessi, il che significa che prima di tutto l’attenzione del discepolo non deve dirigersi verso gli eventi esterni. Il nostro cuore è la prima realtà di cui occuparci, poiché continuamente minacciato da dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita che l’appesantiscono. Nella grande desertificazione spirituale odierna, rischiamo di vedere il male agire sempre fuori da noi, mentre Gesù invita i suoi a occuparsi di sé stessi, perché nessuno è indenne dalla sua azione; se infatti non si coltiva questa attenzione verso sé stessi, quel giorno ci piomberà all’improvviso. Quel giorno si riferisce alla sua seconda venuta, che si può intendere sia come la sua venuta gloriosa per il giudizio finale sull’umanità, ma anche la sua venuta alla nostra morte. Ecco allora che, mentre il discepolo impara a vivere un’attesa serena difronte alle incipienti catastrofi umane e naturali, chi non si occupa di quanto avviene nel proprio cuore e si lascia trascinare dalle preoccupazioni del mondo, vivrà un’attesa diametralmente opposta, dominata dalla paura di quanto deve accadere.
Se quel giorno si riferisce al ritorno certo del Signore, un dato di fede confermato in lungo e largo dal Nuovo Testamento, allora questa certezza sarà per alcuni liberazione e salvezza, per altri invece un giudizio severo e senza riguardi, tanto che Luca sente il bisogno di concludere invitando a pregare per trovare la forza di comparire davanti al Figlio dell’uomo. Un giudizio che avverrà sulla base della posizione che si assume nel presente nei confronti di Gesù Cristo, come si dice in Lc 9,26: chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell’uomo, quando ritornerà nella sua gloria. Il giudizio di condanna sarà per tutti coloro che hanno rifiutato il Re della verità e dell’amore, provandone vergogna, perché si è preferita la via dell’egoismo, perché si è amata la via della violenza e del successo cercato a qualunque costo. Alla luce di quanto stiamo dicendo, ne consegue che ogni istante della nostra vita è preziosissimo, perché pieno di infinite possibilità per prendere posizione nei confronti del Signore e ritrovare la strada da Lui percorsa. Una conversione da riprendere in questo tempo di Avvento a partire dalla preghiera, senza della quale non si può avere la forza per compiere ciò che ci proponiamo: vegliate in ogni momento pregando, diventa alla lunga un “modus vivendi” propriamente cristiano.
****************
ÉL REGRESA, REGRESA TAMBIÉN TÚ
Al comienzo del tiempo de Adviento, la iglesia nos hace leer un texto evangélico que (en su contexto) nos habla del fin del Templo de Jerusalén y del fin del mundo. El discurso de Jesús se mueve a partir de algunos que, a pesar de haber escuchado la recomendación del Maestro a guardarse de una religiosidad aparente y carente de interioridad, permanecen extasiados por las piedras preciosas y los dones votivos del Templo de Jerusalén, recibiendo inmediatamente del Señor la terrible profecía de su destrucción. A la petición de ellos sobre el tiempo de dicha destrucción, Jesús inicia lo que llamamos un discurso “escatológico”, ya que el fin anunciado de Jerusalén se convierte en una anticipación del fin del mundo, sin que se logre distinguir claramente ésta de aquella. Sin embargo, el mensaje que contiene es simple. No importa si el fin del mundo está cerca o lejos en el tiempo. Lo que importa es que hay que estar siempre preparados para la venida del Señor. Su regreso es seguro. Lo que importa es entender qué significa estar despiertos en todo momento, para que tengan la fuerza de huir de todo lo que está por suceder y de aparecer ante el Hijo del hombre.
En cada época siempre ha habido quien se siente investido por un furor sagrado para anunciar la inminencia del fin del mundo, ofreciendo incluso puntuales coordenadas espacio-temporales según los eventos catastróficos naturales o humanos que nos rodean. Siempre hay un Nostradamus de turno. Nuestro tiempo también ofrece suficientes cambios que pueden hacer que más de uno diga que estamos cerca del final. En realidad, siempre estamos cerca del final: cuando estas cosas empiecen a suceder, levántense y levanten la cabeza, porque su liberación está cerca. Sin embargo, Jesús profetiza que una parte de la humanidad verá aumentar su ansiedad y miedo a vivir, debido a los múltiples desastres que abundarán sobre el planeta: los hombres morirán por el miedo y por la espera de lo que deberá suceder en la tierra. Su objetivo, sin embargo, no es hacer crecer la angustia entre los hombres, sino más bien centrarnos en lo que da a nuestra vida más confianza y esperanza. En resumen, si para algunos los mismos trastornos se convierten en fuente de ansiedad y miedo, para los cristianos son solo el signo de la cercanía de Dios y de la realización de su promesa de liberación del mal.
El punto central de la instrucción del Maestro, para que no seamos tragados de esta creciente espiral de miedo, sino que podamos permanecer serenos y esperanzados ante lo que sucede a nuestro alrededor, está concentrado en los versículos 34-36. Jesús recomienda que estemos atentos a nosotros mismos, lo cual significa que la atención del discípulo no debe dirigirse primero hacia los acontecimientos externos. Nuestro corazón es la primera realidad del cual debemos ocuparnos, ya que continuamente amenazado por disidencias, borracheras y preocupaciones de la vida que lo pesan. En la gran desertificación espiritual de hoy, corremos el riesgo de ver al mal actuar siempre fuera de nosotros, mientras que Jesús invita a los suyos a ocuparse de sí mismos, porque nadie está libre de su acción; si no se cultiva esta atención hacia sí mismo, Ese día nos caerá de improviso. Ese día se refiere a su segunda venida, que puede entenderse tanto como su gloriosa venida para el juicio final sobre la humanidad, pero también su venida a nuestra muerte. He aquí que, mientras el discípulo aprende a vivir una espera serena ante las incipientes catástrofes humanas y naturales, quien no se preocupa de lo que sucede en su corazón y se deja arrastrar por las preocupaciones del mundo, vivirá una espera diametralmente opuesta, dominada por el miedo de lo que debe suceder.
Si ese día se refiere al regreso cierto del Señor, un dato de fe confirmado a lo largo y ancho en el Nuevo Testamento, entonces esta certeza será para algunos liberación y salvación, para otros, en cambio, un juicio severo y sin reparos, tanto que Lucas siente la necesidad de concluir invitando a orar para encontrar la fuerza de aparecer ante el Hijo del hombre. Un juicio que se hará sobre la base de la posición que se asume en el presente con respecto a Jesucristo, como se dice en Lc 9,26: quien se avergüence de mí y de mis palabras, se avergonzará de él el Hijo del hombre, cuando regrese en su gloria. El juicio de condenación será para todos los que han rechazado al Rey de la verdad y del amor, sintiendo vergüenza, porque se ha preferido el camino del egoísmo, porque se ha amado el camino de la violencia y del éxito buscándolo a cualquier costo. A la luz de lo que estamos diciendo, se deduce que cada instante de nuestra vida es muy valioso, porque está lleno de infinitas posibilidades para tomar una posición frente al Señor y encontrar el camino por El ya recorrido. Una conversión que se debe retomar en este tiempo de Adviento a partir de la oración, sin la cual no se puede tener la fuerza para cumplir lo que nos proponemos: velad en todo momento rezando, se convierte a largo plazo en un “modus vivendi” propiamente cristiano.