EPIFANIA DEL SIGNORE
anno C (2022)
Is 60,1-6; Ef 3,2-6; Mt 2,1-12
Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”». Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.
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I magi, misteriosi personaggi provenienti da oriente, giungono a Gerusalemme con lo sguardo rivolto al cielo verso una stella e l’intima convinzione che un grande uomo, di stirpe regale, è appena nato sulla faccia della terra. La stella è stata un’ottima bussola fino a quel punto, ma desiderano interpellare la sapienza di quei luoghi per verificare se il popolo presso cui sono stati condotti conferma l’ipotesi del loro viaggio. La richiesta è fatta all’intera città che rimane turbata con il suo re in primis (Mt 2,3). Perché rimanere turbati a una domanda siffatta? Non si dovrebbe rimanere lusingati che un figlio del popolo appena nato sia già famoso oltre i confini nazionali? Non dovrebbe nascere un po’ di curiosità intorno a questi strani uomini venuti da lontano e sincerarsi di ciò che riferiscono? Non sono essi il popolo che attende da secoli il messia del Signore?
Il turbamento spinge Erode a informarsi meglio sulle profezie messianiche, segno che di esse non si era mai curato. I vertici della classe sacerdotale e gli scribi del popolo gli indicano con precisione chirurgica il luogo della nascita, come da profezia di Michea: Betlemme, località a pochissimi chilometri da Gerusalemme (Mt 2,4-5). Inoltre, vuol conoscere anche i tempi in cui la stella è comparsa agli occhi dei magi. Per questo li invita segretamente. Si direbbe che Erode sia preso da un improvviso interesse per il neonato. Ma l’apparenza, come al solito, inganna. Chi non sa vivere con gli occhi levati al cielo vive con lo sguardo sempre per terra, come i serpenti. Erode si muove come loro, esemplare maschera di un potere guardingo verso ogni novità e verso chiunque si affacci sul proprio orizzonte come potenziale antagonista. Infatti, il problema è che i magi hanno chiesto dove possono incontrare un neonato che considerano re (Mt 2,2). E, da vero serpente quale è, comunica falsamente ai magi il programma di visita personale per l’adorazione (Mt 2,8). Invece nasconde un progetto di eliminazione immediata che diventerà poi un piccolo genocidio.
Ottenuto il falso placet di Erode, i magi s’incamminano da soli. Nemmeno un sacerdote, uno scriba o un dottore della legge che si affianchi a loro. Il clericalismo non è fenomeno recente, è sempre stato una piaga che sa solo succhiare e sfruttare la fede di un popolo. Conoscere a menadito i contenuti della propria fede non equivale a vivere di essa. È piuttosto la nauseante manifestazione dell’ambiente religioso che vive di potere, sempre pronto a usare il proprio sapere per dominare e servirsi del popolo, sempre preoccupato di rafforzare la propria posizione in seno ad esso per i propri tornaconti. Perciò una delle sue caratteristiche è l’immobilismo spirituale, come in questo caso. Il fatto che fossero degli sconosciuti a portare in Gerusalemme la notizia di un neonato importante in Israele, non ha fatto balenare in loro nemmeno per sogno che si stesse realizzando la profezia di Michea. Il buon Socrate che diceva di sapere una sola cosa, cioè di non sapere, non avrebbe scalfito la scorza di nessuno di essi.
I magi sono preceduti ancora dalla stella. È gente che crede e si fida di un cielo vivo che accompagna i passi dell’uomo. Ora c’è solo da verificare se il luogo indicato dalle profezie del popolo presso cui si trovano coincide con la verticale della stella che stanno osservando e seguendo da tempo. E la stella si ferma esattamente a Betlemme, sopra il luogo dove si trovava il bambino (Mt 2,9). Stella e Scritture sono d’accordo: quel bimbo è atteso da tempo immemorabile da tutta l’umanità. Una gioia indicibile invade il cuore dei tre cercatori (Mt 2,10). Finalmente essi vedono colui per il quale lasciarono la loro terra, finalmente sono giunti alla meta del loro viaggio: incontrare il Signore e adorarlo con i propri doni (Mt 2,11). Maestri del cammino, sanno anche fidarsi dei propri sogni: uno di questi li invita a cambiare strada nel rientro verso casa (Mt 2,12). Chi cammina nello spirito è disposto a cambiare, perché i propri occhi sanno guardare in alto, ovvero lasciarsi guidare dallo spirito. Non così chi siede immobile e sicuro sul proprio scranno di potere, religioso o politico che sia. Il cambiamento o la novità che la vita porta con sé, gli reca sempre l’odore di una minaccia o di un nemico da togliere di mezzo.
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QUIEN CAMINA ENCUENTRA EL GOZO Y CAMBIA
Los magos, misteriosos personajes provenientes del oriente, llegan a Jerusalén con la mirada dirigida al cielo hacia una estrella y la íntima convicción que un gran hombre, de estirpe real, recién ha nacido sobre la faz de la tierra. La estrella ha sido una óptima brújula hasta ese punto, pero desean interpelar la sabiduría de aquellos lugares para verificar si el pueblo donde han sido conducidos confirma la hipótesis de su viaje. El pedido ha sido hecho a la entera ciudad que se queda turbada con su rey en primis (Mt 2,3). ¿Por qué se queda turbada a una pregunta tal? ¿No se debería quedar halagados de que un hijo del pueblo recién nacido sea ya famoso más allá de los confines nacionales? ¿No debería nacer un poco de curiosidad alrededor a estos hombres extraños venidos de lejos y sincerarse de lo que informan?
La turbación empuja a Herodes a informarse mejor sobre las profecías mesiánicas, signo que de ellas nunca se habían preocupado. El vértice de la clase sacerdotal y los escribas del pueblo le indican con precisión quirúrgica el lugar del nacimiento como de la profecía de Miqueas: Belén, localidad a poquísimos kilómetros de Jerusalén (Mt 2,4-5). Además, quiere conocer también los tiempos en el cual la estrella ha aparecido a los ojos de los magos. Por esto los invita secretamente. Se diría que Herodes esté tomado de imprevisto interés por el recién nacido. Pero la apariencia, como siempre, engaña. Quien no sabe vivir con los ojos levantados al cielo vive con la mirada siempre a la tierra, como las serpientes. Herodes se mueve como ellos, ejemplar máscara de un poder cauteloso hacia cada novedad y hacia quien se asome sobre el propio horizonte como potencial antagonista. De hecho, el problema es que los magos han preguntado dónde pueden encontrar al recién nacido que consideran rey (Mt 2,2). Y, de verdad serpiente como es, comunica falsamente a los magos el programa de visita personal para la adoración (Mt 2,8). En cambio, esconde un proyecto de eliminación inmediata que se volverá luego un pequeño genocidio.
Obtenido el falso consenso de Herodes, los magos se encaminan solos. Ni siquiera un sacerdote, un escriba o un doctor de la ley que se una a ellos. El clericalismo no es fenómeno reciente, siempre ha estado una plaga que sabe succionar y explotar la fe de un pueblo. Conocer a fondo los contenidos de la propia fe no equivale a vivir de ella. Es más bien la nauseante manifestación del ambiente religioso que vive de poder, siempre listo a usar el propio saber para dominar y servirse del pueblo, siempre preocupado de reforzar la propia posición en seno a ellos para los propios provechos. Por lo cual una de sus características es el inmovilismo espiritual, como en este caso. El hecho que fueran los desconocidos a llevar a Jerusalén la noticia de un recién nacido importante en Israel, no ha hecho provocar en ellos ni siquiera en sueños que se estuviera realizando la profecía de Miqueas. El buen Sócrates que decía saber una sola cosa, o sea de no saber, no hubiera arañado la corteza de ninguno de ellos.
Los magos precedidos todavía de la estrella. Es gente que cree y se fía de un cielo vivo que acompaña los pasos del hombre. Ahora está solo por verificar si el lugar indicado de la profecía del pueblo en el cual se encuentran coincide con la vertical de la estrella que están observando y siguiendo desde hace tiempo. Y la estrella se detiene exactamente en Belén sobre el lugar donde se encontraba el niño (Mt 2,9). Estrella y Escrituras están de acuerdo: aquel niño es esperado desde hace mucho tiempo inmemorable por toda la humanidad. Un gozo indecible invade el corazón de los tres buscadores (Mt 2,10). Finalmente ellos ven a aquél por el cual dejaron sus tierras, finalmente han llegado a la meta de su viaje: encontrar al Señor y adorarlo con los propios dones (Mt 2,11). Maestros del camino, saben también confiarse de los propios sueños: uno de ellos los invita a cambiar camino de regreso hacia casa (Mt 2,12). Quien camina en el espíritu está dispuesto a cambiar, porque los propios ojos saben mirar en alto, es decir, dejarse guiar por el espíritu. No así quien se sienta inmóvil y seguro sobre el propio puesto de poder, religioso o político que sea. El cambio o la novedad que la vida lleva consigo, le trae siempre el olor de una amenaza o de un enemigo para quitar de en medio.