QUESTIONE DI VISCERE MATERNE

XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

anno A (2023)

Is 56,1.6-7; Rm 11,13-15.29-32; Mt 15,21-28

 

Partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone. Ed ecco una donna Cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

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Tempo fa (non ero ancora stato ordinato sacerdote), mi passò tra le mani un libro sulla preghiera della madre badessa di un monastero tedesco molto conosciuto. Il titolo era: “Non date tregua a Dio”. Sulle prime mi sembrò un titolo un po’ esagerato, diciamo eccessivamente audace. Col tempo e frequentando più assiduamente le Scritture, mi sono accorto che quella donna consacrata ci aveva preso. Anche se il tema che serpeggia tra le letture della odierna liturgia della parola, è indubbiamente l’amore universale di Dio per tutti i popoli del mondo, potremmo però intitolare il vangelo di oggi anche con il titolo di quel libro. Come fosse l’invito conclusivo che la donna cananea lascia a tutti dopo il suo incontro con Gesù. Anche perché, dire con poche parole cosa sia la preghiera o la fede, non si può. Ma certamente, dopo aver fatto una reale esperienza, qualcosa di importante lo si può dire, anzi, lo si deve dire: la fede, se è veramente tale, si comunica e si condivide. Che cosa ha compreso questa donna? Oppure essa sapeva già qualcosa che non sapeva di avere nel suo cuore? Partiamo da qualche coordinata spazio-temporale di questo vangelo.

L’avvio del racconto, a prima vista, sembra come uno dei tanti che troviamo negli episodi della vita di Cristo. In realtà, nei primi due versetti avviene già un’esplosione di confini. Gesù sconfina verso Tiro e Sidone, in territorio pagano (un pio maestro ebreo non lo farebbe mai). Ma anche la donna di Canaan, avvicinando e pregando Gesù, sconfina dal suo mondo, religiosamente parlando. In Gesù, Dio viene incontro ad ogni uomo per parlargli, rivelargli il suo volto e il suo amore. La donna invece si apre a Gesù per un motivo preciso. Gli grida: pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio (Mt 15,22). La donna grida. Se grida, vuol dire che ha un disperato bisogno di essere ascoltata. Se grida, significa che quanto chiede nasce da un dolore molto profondo. Se grida, vuol dire che c’è un grave pericolo per la propria vita. Il gridare dell’uomo a Dio nella Bibbia è tema che varrebbe la pena approfondire, ma non possiamo in questa sede. Sta di fatto che per la donna, la pietà invocata per sé, è da dirottare a beneficio della figlia sofferente. Solo questo gli sta a cuore.

Cananea 3

Una cosa allora possiamo dirla: ci troviamo di fronte a una vera mamma. Perché solo una vera mamma parla del figlio/a come fosse la propria stessa vita. Solo una vera mamma sa immedesimarsi nella sofferenza dei figli. Solo una vera mamma riesce a parlare, pregare, lottare con Dio, come riesce questa donna. Solo una vera mamma resiste nella fede come questa donna, anche davanti ai silenzi, alle umiliazioni e incomprensioni che si possano presentare davanti alle proprie richieste. Solo una vera mamma non si dà mai per vinta, fino a quando la sua preghiera non venga in qualche modo esaudita. Solo una vera mamma affronta tutto quello che c’è da affrontare per il proprio figlio/a. Solo una vera mamma sa intuire e trovare parole, mezzi, stratagemmi, affinché la vita e il bene trionfino sulla morte e il male. Nella vita mi sono trovato di fronte a tante di queste mamme, per lo più anonime davanti al mondo, ma non davanti a Dio. Da esse, come anche da padri indomiti, ho imparato cosa vuol dire vivere con fede.

Donna, grande è la tua fede! Avvenga come tu desideri (Mt 15,28) – esclama il Signore Gesù meravigliato dal tenace amore della cananea. È il culmine del vangelo di oggi, sul quale aggiungiamo solo qualche pensiero. Come in ogni episodio della sua vita, nei vangeli possiamo contemplare, il mistero di Dio e il mistero dell’uomo ormai uniti per sempre. Dopo che la seconda persona della Divina Trinità è diventato uomo, non possiamo ricevere luce sull’uno senza l’altro. Che cosa allora ci rivela questo celebre episodio, oltre a ciò che ricordavamo sopra? Che se davvero incontri Dio, non puoi non stupirti. Perché a ben vedere, nel dinamismo dia-logico che parte dall’inizio fino alla fine del racconto, non c’è logica. Prima un sottrarsi di Gesù al dialogo con la donna, poi un ritornare nei confini che si erano infranti per tener lontano la donna, poi una considerazione religiosa niente affatto in linea con la sua predicazione, che sembra mettere in scacco la donna. Infine la sorpresa: la donna vince il Signore. Lo avevamo già ricordato meditando il vangelo di qualche domenica fa: c’è qualcosa di asimmetrico in Dio. Non lo puoi mai schematizzare. Ma se il climax del racconto sta in quel versetto ricordato (v.28), allora potremmo rispondere alla domanda iniziale della nostra riflessione. Cioè che la donna scoprì di sapere qualcosa che ancora non sapeva di avere in cuore. Come in uno specchio, immaginando le parole della sua bocca in risposta a quelle di Gesù: Signore, più grande della mia fede è il tuo cuore: Tu sei padre con un cuore di madre!     

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UNA CUESTIÓN DE VISCERAS MATERNAS

Hace tiempo (todavía no había sido ordenado sacerdote), me pasó entre las manos un libro sobre la oración de la madre abadesa de un monasterio alemán muy conocido. El título era: “No den tregua a Dios“. Al inicio me pareció un título un poco exagerado, digamos excesivamente atrevido. Con el tiempo y frecuentando más asiduamente las Escrituras, me di cuenta de que aquella mujer consagrada nos había tomado. Aunque el tema que serpentea entre las lecturas de la liturgia de la palabra de hoy es indudablemente el amor universal de Dios a todos los pueblos del mundo, podríamos sin embargo titular el evangelio de hoy también con el título de ese libro. Como si fuera la invitación conclusiva que la mujer cananea deja a todos después de su encuentro con Jesús. También porque, decir con pocas palabras qué es la oración o la fe, no se puede. Pero ciertamente, después de haber hecho una experiencia real, algo importante se puede decir, más aún, se debe decir: la fe, si es verdaderamente tal, se comunica y se comparte. ¿Qué comprendió esta mujer? ¿O sabía ya algo que no sabía que tenía en su corazón? Empecemos con alguna coordenada espaciotemporal de este evangelio.

El inicio del relato, a primera vista, parece uno de los muchos que encontramos en los episodios de la vida de Cristo. En realidad, en los dos primeros versículos ya se produce una explosión de fronteras. Jesús cruza hacia Tiro y Sidón, en territorio pagano (un piadoso maestro judío nunca lo haría). Pero también la mujer de Canaán, acercándose y rezando a Jesús, traspasa de su mundo, religiosamente hablando. En Jesús, Dios sale al encuentro de cada hombre para hablarle, revelarle su rostro y su amor. En cambio, la mujer se abre a Jesús por un motivo preciso. Le grita: piedad de mí, Señor, ¡hijo de David! Mi hija está muy atormentada por un demonio (Mt 15,22). La mujer grita. Si grita, significa que tiene una necesidad desesperada de ser escuchada. Si grita, significa que lo que pide nace de un dolor muy profundo. Si grita, significa que su vida está en peligro. El grito del hombre a Dios en la Biblia es un tema que valdría la pena profundizar, pero no podemos hacerlo aquí. Es un hecho que, para la mujer, la piedad invocada para sí misma, es desviada en beneficio de la hija que sufre. Solo esto le interesa.

Entonces podemos decir una cosa: estamos ante una verdadera madre. Porque solo una verdadera madre habla del hijo/a como si fuera su propia vida. Solo una verdadera madre sabe identificarse con el sufrimiento de los hijos. Solo una verdadera madre puede hablar, rezar, luchar con Dios, como lo hace esta mujer. Solo una verdadera madre resiste en la fe como esta mujer, incluso ante los silencios, humillaciones e incomprensiones que se pueden presentar ante las propias exigencias. Solo una verdadera madre nunca se da por vencida, hasta que su oración sea contestada de alguna manera. Solo una verdadera madre afronta todo lo que hay que afrontar por su hijo/a. Solo una verdadera madre sabe intuir y encontrar palabras, medios, estratagemas, para que la vida y el bien triunfen sobre la muerte y el mal. En la vida me he encontrado frente a muchas de estas madres, en su mayoría anónimas ante el mundo, pero no ante Dios. De ellas, como también de padres indomables, he aprendido lo que significa vivir con fe.

¡Mujer, grande es tu fe! Hágase como tú deseas (Mt 15,28) – exclama el Señor Jesús asombrado por el tenaz amor de la cananea. Es el culmen del Evangelio de hoy, sobre el que añadimos solo algunos pensamientos. Como en cada episodio de su vida, en los evangelios podemos contemplar el misterio de Dios y el misterio del hombre ya unidos para siempre. Después de que la segunda persona de la Divina Trinidad se haya hecho hombre, no podemos recibir luz sobre uno sin el otro. ¿Qué nos revela entonces este célebre episodio, además de lo que recordábamos arriba? Que, si realmente encuentras a Dios, no puedes dejar de sorprenderte. Porque si se mira bien, en el dinamismo lógico que comienza desde el principio hasta el final del relato, no hay lógica. Primero un sustraerse de Jesús al diálogo con la mujer, luego un volver a los confines que se habían roto para alejar a la mujer, luego una consideración religiosa nada en línea con su predicación, que parece poner en jaque a la mujer. Finalmente, la sorpresa: la mujer vence al Señor. Ya lo habíamos recordado meditando el evangelio de hace unos domingos: hay algo asimétrico en Dios. Nunca puedes esquematizarlo. Pero si el clímax del relato está en ese versículo recordado (v.28), entonces podríamos responder a la pregunta inicial de nuestra reflexión. Que la mujer descubrió que sabía algo que aún no sabía que tenía en su corazón. Como en un espejo, imaginando las palabras de su boca en respuesta a las de Jesús: Señor, más grande que mi fe es tu corazón: ¡Tú eres padre con un corazón de madre!