LA VITA E’ BELLA

 

II DOMENICA DEL T.O.

1Sam 3,3-10.19; 1Cor 6,13-15.17-20; Gv 1,35-42

 

In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

 

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La vita è vocazione. Cioè, il senso della vita è udire la voce di Dio che non solo mi ha chiamato all’esistenza, ma in essa scrive con me una nuova pagina di storia sacra dentro il suo imperscrutabile disegno di amore. Ho una missione da compiere sulla terra. Anzi, Papa Francesco direbbe: io sono una missione e per questo mi trovo in questo mondo (EG n.273). Il Card. Angelo Comastri sostiene che la povertà vocazionale di oggi, prima che un problema ecclesiale, è un problema umano e sociale. Sono pienamente d’accordo con lui. Durante la presentazione del Dizionario Biblico della vocazione presso la Radio Vaticana il 30 ottobre del 2007, Mons.Comastri affermò: “E’ un problema che sta prima, perché è in crisi la vocazione alla vita. E’ un problema di tutta la società perché senza vocazione non si può vivere. Perché la vita alla lunga decade, non ha più senso, non ha più valore. Quando si è vuoti di Dio non c’è niente che ti può riempire.” Se una grandissima parte di giovani e meno giovani oggi se ne sta lontano da madre Chiesa (chi mi conosce sa che l’ho sempre sostenuto), vuol dire che qualcosa nell’iniziazione cristiana e nella successiva trasmissione della fede non sta più funzionando. La loro assenza dalle convocazioni e dalle celebrazioni eucaristiche domenicali è un messaggio, non prendiamocela troppo con loro.

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Ecco l’agnello di Dio, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, gennaio 2018

La Parola di Dio di questa domenica ci offre qualche dritta per prendere sul serio la nostra vita come vocazione. La prima lettura e il vangelo ci ricordano innanzitutto che nessuno da sé stesso è in grado di riconoscere la voce di Dio. Abbiamo bisogno della testimonianza di qualcuno che ci accompagni verso di Lui, abbiamo bisogno che qualcuno ci aiuti a distinguere la voce del Signore dalle altre. Samuele frequentava il Tempio forse ancora per abitudine quando cominciò ad avvertire la voce di Dio che lo chiamava. Ma il testo ci dice in modo incontrovertibile che ci volle l’aiuto interpretativo del sacerdote Eli affinché Samuele rispondesse al Signore. La sua obbedienza ad Eli gli permette di diventare ancora più sensibile alla voce di Dio e di comprendere che chiamava proprio lui (cfr. 1Sam 3,9-10). I due primi discepoli di Gesù del vangelo cominciano a seguirlo perché per un certo tempo si sono fidati della testimonianza e della guida di Giovanni Battista. Il quale, dimostra di essere autentica guida vocazionale quando, vedendo passare Gesù, fissa lo sguardo su di Lui e indica ai discepoli che lo devono seguire (Gv 1,35). Dunque viene implicitamente tratteggiato nelle 2 letture di oggi il volto di una guida spirituale vera: è un testimone che sa ascoltare/consigliare, che tiene fisso lo sguardo su Gesù e che sa come indicartelo facendotene innamorare o perlomeno destandoti a una grande curiosità; inoltre, al momento opportuno, sa farsi da parte, cosciente che i “suoi” accompagnati non sono suoi: e i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù (Gv 1,37).

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Che cosa cercate? Acquarello di Maria Cavazzini Fortini, gennaio 2018

Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: “che cosa cercate?” (Gv 1,38). Una volta udita la sua voce che chiama, non basta cercare di seguirlo. Bisogna tornare e ritornare continuamente a dialogare con Lui per scoprire perché lo si sta seguendo. La relazione che si stabilisce con Lui non è simmetrica: prima di tutto, bisogna lasciare la parola a Lui (è la prima volta che qui nel vangelo Gesù apre bocca): è il Signore per primo che fa domande. I discepoli però, rispondono con un’altra domanda: rabbì, dove abiti? (Gv 1,38b). E non potrebbero parlare altrimenti. Non lo conoscono ancora, ma la domanda esprime desiderio di conoscenza, desiderio di sapere davanti a chi ci si trova di fronte. E non c’è desiderio più grande in Dio di rispondere alla domanda dell’uomo che lo cerca e lo vuole conoscere: venite e vedrete (Gv 1,39). Declinando questa brevissima ma densissima risposta: “cammina dietro di me e vedrai chi sono io e chi sei tu. Perché senza di me non vedrai un bel niente, rimarrai cieco e non capirai un granché del tuo e del mio mistero.” Gesù accoglie, invita e promette un futuro. Solo la vita vissuta come vocazione ci permette di scoprirla in tutta la sua bellezza!

Il Card.Comastri, in quella stessa presentazione di cui vi accennavo prima, concluse il suo intervento raccontando un incontro speciale: “Nel 2001, a Loreto, al termine di una processione in piazza, scendendo dal sagrato della chiesa per andare incontro agli ammalati, rimasi colpito nel vedere una culla. Subito mi accorsi che lì dentro non vi era una bambina, ma una giovane donna affetta da osteogenesi imperfetta. Si chiamava Maria Respigo, perché scomparsa in seguito all’età di 39 anni. Era ospitata presso l’Istituto don Gnocchi a Pavia. La storia della sua vita è stata una storia di abbandoni: abbandonata dal padre appena si accorse della sua deformità, rifiutata dai fratelli e dalle sorelle, perse la madre a soli tre anni. Eppure, ella mi disse che “a un certo punto ho capito che non sono stata abbandonata da Dio e che anch’io ho una vocazione”. Sotto il cuscino conservava 33 fogli con una scritta in grande come titolo: “Maria Respigo, felice di vivere”. Vi leggo solo alcune righe che sono state trovate in quei fogli: “Io esisto per gridare a tutti coloro che hanno la salute che non possono continuare a tenerla stretta in mano, perché la salute è un dono e se non la ridoneranno ad altri essa marcirà nelle loro mani. Io esisto per gridare a tutti quelli che si annoiano dietro a vuoti passatempi, che tutte quelle ore trascorse in uno sterile ozio mancano a qualcuno; e se non le regaleranno a qualcuno, quelle ore non li renderanno felici ma marciranno nelle loro mani. Io esisto per gridare a tutti coloro che passano le notti da una discoteca all’altra, da un locale all’altro, che quelle notti mancano a qualcuno e non li renderanno mai felici finché non le regaleranno a tutti coloro a cui appartengono”. Ad un certo punto mi fissò negli occhi e mi disse: “padre, non è forse bella la mia vocazione?”

Sì Maria, la tua vocazione è stata bellissima. Chi scopre e vive la propria vocazione diventa una persona bella. Con te, ancora una volta, Dio ci ha parlato/illuminato sui suoi misteri con la bocca del piccolo e del disprezzato. Grazie per la tua risposta di amore.

 

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La vida es vocación. O sea, el sentido de la vida es escuchar la voz de Dios que no solo me ha llamado a la existencia, sino que en ella escribe conmigo una nueva página de historia sagrada dentro de su inescrutable designio de amor. Tengo una misión que cumplir sobre la tierra. Más bien, Papa Francisco diría: yo soy una misión y por esto me encuentro en este mundo  (EG n.273). El Cardenal Angelo Comastri sostiene que la pobreza vocacional de hoy, antes que un problema eclesial, es un problema humano y social. Estoy plenamente de acuerdo con él. Durante la presentación del Diccionario Bíblico de la vocación en la Radio Vaticana el 30 de octubre del 2007, Mons. Comastri afirmó: “Es un problema que está antes, porque está en crisis la vocación a la vida. Es un problema de toda la sociedad porque sin vocación no se puede vivir. Porque la vida a la larga decae, no tiene más sentido, no tiene más valor. Cuando se está vacíos de Dios no hay nada que te pueda llenar”. Si una grandísima parte de jóvenes y menos jóvenes hoy se aleja de la madre Iglesia (quien me conoce sabe que siempre lo he sostenido), quiere decir que algo en la iniciación cristiana y en la sucesiva transmisión de la fe no está funcionando más. La ausencia de ellos en las convocaciones y de las celebraciones eucarísticas dominicales es un mensaje, no nos enfademos con ellos.

La Palabra de Dios de este domingo nos ofrece algunas directivas para tomar en serio nuestra vida como vocación. La primera lectura y el evangelio nos recuerdan sobretodo que ninguno por sí mismo está en grado de reconocer la voz de Dios. Necesitamos del testimonio de alguien que nos acompañe hacia Él, necesitamos que alguien nos ayude a distinguir la voz del Señor de las otras. Samuel frecuentaba el Templo quizás todavía por costumbre cuando comenzó a advertir la voz de Dios que lo llamaba. Pero el texto nos dice de manera irrefutable que es necesaria la ayuda interpretativa del sacerdote Elí para que Samuel responda al Señor. Su obediencia a Elí le permite volverse todavía más sensible a la voz de Dios y de comprender que lo llamaba justamente a él (cfr. 1Sam 3,9-10). Los dos primeros discípulos de Jesús del evangelio comienzan a seguirlo porque por un cierto tiempo se confiaron del testimonio y de la guía de Juan Bautista. El cual, demuestra ser auténtica guía vocacional cuando, viendo pasar a Jesús, fija la mirada sobre Él e indica a sus discípulos que lo deben seguir (Jn 1,35). Entonces viene implícitamente marcado en las dos lecturas de hoy el rostro de un guía espiritual verdadero: es un testimonio que sabe escuchar/aconsejar, que tiene fija la mirada en Jesús y que sabe cómo indicártelo haciéndote enamorar o por lo menos despertándote a una gran curiosidad; además, en el momento oportuno, sabe ponerse a lado, consciente que “sus” acompañados no son suyos: y sus dos discípulos, escuchándole hablar así, siguieron a Jesús (Jn 1,37)

Jesús entonces se  dio vuelta y, viendo que lo seguían, les preguntó: “¿Qué buscan?” (Jn 1,38). Una vez escuchado su voz que llama, no basta intentar a seguirlo. Es necesario regresar y regresar continuamente a dialogar con Él para descubrir por qué se le está siguiendo. La relación que se establece con Él no es simétrica: primero de todo, se necesita dejar la palabra a Él (es la primera vez que aquí en el evangelio Jesús abre la boca): es el Señor el primero que hace las preguntas. Pero los discípulos, responden con otra pregunta: rabí, ¿dónde vives? (Jn 1,38b). Y no podrían hablar de otro modo. No lo conocen todavía, pero la pregunta expresa deseo de conocimiento, deseo de saber delante a quién se encuentran. Y no hay deseo más grande en Dios que responder a la pregunta del hombre que lo busca y lo quiere conocer: vengan y verán (Jn 1,39). Declinando esta brevísima pero muy densa respuesta: “camina detrás de mí y verás quién soy yo y quién eres tú. Porque sin mí no verás nada, te quedarás ciego y no entenderás casi nada del tuyo y de mi misterio”.  Jesús acoge, invita y promete un futuro. ¡Solo la vida vivida como vocación nos permite descubrirla en toda su belleza!

El cardenal Comastri, en esa misma presentación de la cual les hablaba antes, concluyó su intervención contando un encuentro especial: “En el 2001, en Loreto, al terminar una procesión en la plaza, bajando del sagrario de la iglesia para ir al encuentro de los enfermos, me quedé impresionado al ver una cuna. Inmediatamente me di cuenta que allí dentro no había una niña, sino una joven mujer enferma de osteogenesi imperfecta. Se llamaba María Respigo, porque falleció luego a la edad de 39 años. Estaba hospitalizada en el Instituto de P. Gnocchi en Pavia. La historia de su vida ha sido una historia de abandonos: abandonada por el padre apenas se dio cuenta de su deformidad, rechazada por los hermanos y hermanas, perdió a la madre apenas a los tres años. Y sin embargo, ella me dijo que “a un cierto punto he entendido que no he sido abandonada por Dios y que también yo tengo una vocación”. Debajo de la almohada conservaba 33 hojas con un título en grande: “María Respigo, feliz de vivir”. Les leo solo algunas líneas que fueron encontradas en esas hojas: “yo existo para gritar a todos aquellos que tienen la salud que no pueden continuar a tenerla agarrada en sus manos, porque la salud es un don y si no la donas a otros esa se marchitará en sus manos. Yo existo para gritar a todos aquellos que se aburren detrás de vacíos pasatiempos, que todas esas horas transcurridas en un estéril ocio a alguien le falta; y si no lo regalamos a alguien, esas horas no los hará felices sino que se marchitará en sus manos. Yo existo para gritar a todos aquellos que pasan las noches de una discoteca a otra, de un local a otro, que esas noches falta a alguien y no los hará felices hasta que no lo regalarán a todos aquellos a los cuales les pertenece”. A un cierto punto me fijó a los ojos y me dijo: “padre, ¿no es acaso linda mi vocación?”.

Sí María, tu vocación ha sido bellísima. Quien descubre y vive la propia vocación se vuelve una bella persona. Una vez más, Dios nos ha hablado/iluminado sobre sus misterios con la boca del pequeño y del despreciado. Gracias por tu respuesta de amor.

 

8 Comments

  1. Bentornato! Mi piacerebbe far risuonare alcune frasi…”è in crisi la vocazione alla vita”…come è vero questo! Quante persone tristi si vedono in giro, magari hanno tutto e non se ne rendono conto. Cerco spesso di fare un esercizio personale e di trasmetterlo ai miei figli, guardandomi attorno con gratitudine per ciò che ho avuto e che ho ancora! Penso anche ai giovani pieni di salute e di benessere che vanno a cercare metodi per sballarsi perché sono insoddisfatti di quello che hanno, non riescono a riconoscere la bellezza della vita.
    Qualche giorno fa sono stata richiamata per ripetere la mammografia di screening e, ovviamente, essendo medico, sono stata un po’ in ansia finché non l’ho ripetuta. Mi è sembrato per un giorno intero che le cose che mi circondavano assumessero una luce diversa, mi sembrava che ogni attimo fosse da vivere più intensamente, senza perdere nemmeno un secondo e le persone che mi circondavano fossero più “nitide”. Che strana questa reazione! C’è bisogno di uno “spauracchio” per vivere di più la vita? ……..”una volta udita la sua voce bisogna tornare e ritornare a dialogare con Lui per scoprire perché lo si sta seguendo…” così ci dici e condivido pienamente. La fiducia non viaggia sempre su una linea retta. Quella frase di Gesù “venite e vedrete” a volte ci scuote, a volte ci trova intorpiditi…..la nostra risposta e’ “ad elastico” mentre invece ci viene offerto l’ unico modo per dare un senso alla vita.
    Un altro tuo pensiero che mi è piaciuto è “Samuele frequentava il Tempio forse ancora per abitudine quando comincio’ ad avvertire la voce di Dio che lo chiamava”, ma poi Eli l’ha aiutato ad interpretare. E’ molto suggestivo pensare che la nostra fede ha resistito nei secoli alle brutture della storia attraverso il “passaparola” da parte di persone che avevano riconosciuto Gesu’ e ancora oghi e’ cosi’. Certo che questo ci rende ancor piu’ responsabili perche’ il messaggio deve continuare a passare attraverso di noi…..bella la frase di Papa Francesco “ognuno di noi e’ una missione”

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  2. “Ognuno di noi é una missione…” quante volte, io per prima, me ne dimentico e non lo capisco fino in fondo! Se lo comprendessimo veramente e facessimo nostra questa meravigliosa espressione di Dio=Amore, sicuramente, vivremmo in maniera più vera, più intensa, non facendoci mancare agli altri, come aveva invece aveva ben capito Maria Respiago.
    Cerco sempre di essere grata a Dio per i tantissimi doni che fa ed anche per quelli che non colgo e cerco di sensibilizzare le mie figlie a questo sentimento di gratitudine, ma sicuramente non lo farò mai abbastanza!
    Grazie , carissimo don Giacomo, perché attraverso la tua spiegazione della Parola di Dio, mi porti ogni volta a guardare dentro me stessa in maniera più profonda e riesci a farmi capire quanta strada debba continuamente fare per avvicinarmi in maniera vera a Gesù!

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  3. Alla domanda che cosa cercate di Gesù, deve far seguito un bisogno
    di verità da parte dei discepoli.
    La vocazione é arte, é risposta a quel
    Dio che ci interpella e ci
    cerca;come dici tu d.Giacomo,bisogna tornare e ritornare a dialogare con Lui, non basta averlo sentito una volta.
    Molto bella la testimonianza di Maria Respigo, seppure nel dolore
    aveva capito che …”é donando che si riceve”.
    Ancora Grazie a queste belle riflessioni sulla Parola.

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  4. Toccante testimonianza di Maria Respighi, fa capire quanto siamo piccoli di fronte a tanta sofferenza, la salute se manca é deteriorante per questo occorre gioire e donare se la abbiamo. Ultimamente ho passato dei brutti momenti sull’orlo di una crisi nervosa e solo il pensiero che Dio mi avrebbe aiutato e il coraggio infuso dal mio compagno e dal mio giovane figlio benedetto mi hanno tirato su. Grazie P. Giacomo per questo commento rivelatore

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