IL RE SI RICORDA DI TE

CRISTO GESÙ RE DELL’UNIVERSO

2 Sam 5,1-3; Col 1,11-20; Lc 23,35-43

 

Dopo che ebbero crocifisso Gesù, il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

 

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(Live)

Hanno appena finito di crocifiggere Gesù. Il forte trambusto diffusosi lungo tutto il calvario si tramuta in agitazione carica di attesa. Il Rabbi è appeso, sfinito e impotente, al legno maledetto (cfr. Dt 21,23), in un mare di sofferenza. Il Benefattore è stato messo nel posto del malfattore: è condannato al supplizio più ignominioso che si conoscesse allora. Dirà o farà qualcosa da lì?

Il popolo stava a vedere (v.35). Che cosa vedeva? Come vedeva? Come tutti coloro che, guardinghi, vivono osservando gli altri dai balconi sicuri delle proprie idee. Come tutti quelli che son sempre a sbirciare dalla tendina di una finestra, guardando cosa stanno dicendo e facendo gli altri, come lo stanno dicendo e come lo stanno facendo, sempre attenti a non sporcarsi le mani, ma piuttosto attendendo il momento propizio per criticare a oltranza. Come tutti quelli che spiano il parlare e l’agire altrui, per coglierli in fallo, guardandosi però dall’uscire per primi allo scoperto. Come tutti quelli che si aspettano sempre una prova in più per potersi fidare di qualcuno, perché si fidano solo di se stessi. O come tutti quelli che si accomodano opportunisticamente su interpretazioni della realtà offerte da altri, in genere di persone che contano, ossia quando “salire sul carro con tutti è più rassicurante e da meno responsabilità”. Oppure, come tutti quelli che oggi assistono alla morte atroce di migliaia e migliaia di esseri umani inghiottiti dal mare o dalla guerra, senza essere minimamente toccati dal loro dramma e anzi prodigandosi a chiudere i propri e gli altrui occhi, a caccia di nuove giustificazioni. Come…

I capi deridevano Gesù, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, novembre 2016
I capi deridevano Gesù, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, novembre 2016

I capi invece deridevano Gesù dicendo: “ha salvato gli altri! Salvi se stesso se è lui il Cristo di Dio, l’eletto” (v.36). Le autorità religiose, non contente dell’improvvisato e falso processo contro di Lui, non sono sfiorate da alcun dubbio. Anzi, raggiungono il colmo: lo scherniscono anche nel suo orribile supplizio. Se Gesù è veramente quello che tutti aspettiamo, scenderà dalla croce e dimostrerà a tutti chi veramente è. Perché il messia, se è tale, non può che essere uno che sbaraglia i suoi nemici lasciando tutti a bocca aperta. L’eletto di Dio, o è così, o non lo è. Se si salverà la pelle, gli crederemo! Gesù ode un misterioso ritorno di parole: se tu sei il Figlio di Dio, buttati giù; sta scritto infatti “ai suoi angeli darà ordine per te, perché essi ti custodiscano, essi ti sosterranno con le mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra” (Lc 4,9b.10-11). Ma Gesù non parla. Non scende. E nemmeno gli angeli scendono dal Cielo a soccorrerlo.

Anche i soldati lo deridevano, Acquarello di Maria Cavazzini Fortini, novembre 2016
Anche i soldati lo deridevano, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, novembre 2016

Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: “se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso” (vv.36-37). I soldati, presenza dell’autorità politica dominante, aggiungono altra derisione a quella dei capi religiosi. Vediamo se veramente è un re, come dice quella scritta appesa in cima alla croce (v.38). Se lo è, si salverà la pelle, come fanno tutti i re e i dominatori di questo mondo. Infatti, quando le cose si mettono male, non sono forse i primi a darsela a gambe? Non sono forse i primi a mettere al sicuro se stessi e la propria famiglia con le proprie ricchezze? Bene, allora se questo Gesù è un re, non può continuare a star lì, ma scenderà da lì. I veri re, sanno sempre come cavarsela; avranno sempre con loro mezzi, sudditi e territori su cui contare. A Gesù ritornano all’orecchio altre parole: ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio. Se ti prostri dinanzi a me, tutto sarà tuo (Lc 4,6-7). Ma il Signore rimane lì. Non parla e non scende. Nessun potere, nessuna gloria, nessuna guardia del corpo, nessun possesso da difendere e mettere al sicuro.

Uno dei malfattori lo insultava, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, novembre 2016
Uno dei malfattori lo insultava, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, novembre 2016

Il malfattore alla sinistra prende affannosamente la parola. Anche lui lo insulta: non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi! (v.39). La voce del malfattore esplicita il pensiero del popolo pusillanime e sordo che sta guardare, riecheggiando quella dei capi e dei soldati. Se Gesù è il messia, adesso deve salvarsi e deve salvare anche noi. Perché crederemo (e vorremo) solo un Dio che ci salvi da tutte le esperienze di morte: dalla malattia e dal terremoto, dall’incidente stradale e dalla morte casuale, dalla cattiveria dei violenti come da quella dei politici ladri e ingiusti, da ogni delusione d’amore e da qualsiasi tracollo della salute e dell’economia, da ogni dolorosa perdita e da tutto ciò che ci fa soffrire. Perché se Dio esiste, deve fare questo mestiere: farci scansare la sofferenza. Altrimenti non è Dio! Altrimenti quell’uomo lì che pende dal legno, che dice di essere il figlio inviato da Dio, è un impostore! Ma Gesù non parla. Non scende dalla croce. Non mette in salvo la sua vita. Eppure, sta salvando la nostra: mors mea vita vestra.

Ricordati di me, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, novembre2016
Ricordati di me, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, novembre 2016

Ecco, anche il malfattore alla destra ha qualcosa da dire. L’atroce sofferenza che l’avvolge non gli ha impedito di ascoltare le parole sprezzanti rivolte a Gesù: perché così tanto accanimento? Sente provenire gli insulti anche dall’altro messo in croce, ora non riesce più a trattenersi: non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; Egli invece non ha fatto nulla di male (vv.40-41). Finalmente, il Figlio di Dio ha trovato un difensore! Tardi, ma l’ha trovato. Quel giorno, non si trovò una voce che lo difendesse al di fuori di un delinquente! Sembra che Dimas* intraveda qualcosa che gli altri non vedono. Dalla bocca di Gesù nessuna parola offensiva, nessuna maledizione. Come mai? Gesù resta lì con loro, nella tortura di quel supplizio, e non cerca di salvarsi. C’è qualcosa che non quadra. Perché tutti lo hanno abbandonato? Perché patisce quell’inferno insieme a loro due? Non dovrebbe essere lì! Qualcosa sul volto sfigurato del Signore si trasfigura agli occhi del ladrone. Ora Dimas vede l’Invisibile ed è pronto a udire l’Inaudito. Ora, dopo aver proferito l’innocenza del Signore e la propria colpevolezza nel male, Dimas vede quelle cose che occhio mai vide e che orecchio umano mai udì, quelle cose che mai entrarono in cuore di uomo e che Dio ha preparato per quelli che lo amano (1Cor 2,9). Dalle profondità del suo cuore sorge la misteriosa sapienza che s’impara solo sul legno della croce. Ora Dimas vede chiaramente, accanto a sé, un Re:

Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno (v.42) 

E gli chiede una sola cosa, una soltanto: di non essere dimenticato. Perché non c’è nulla che fa soffrire maggiormente l’animo umano più del sentire di non essere nel cuore di nessuno. Il buon “ladrone” si slancia verso Gesù con fiducia, lo chiama per nome, è sicuro che quel suo regno esiste: forse ci sarà un posticino anche per lui. Ricordo ancora (dicembre 2008) la prima volta che lasciai la popolazione peruviana, dopo quasi 6 anni tra loro; ricordo il volto e le parole di quei poveri che salutavano benedicendomi: “padre Giacomo… per favore, non dimenticarti di noi!”. E come dimenticare? Se io che sono solo un peccatore non posso dimenticarli, può forse Dio dimenticarsi di chi gli chiede con fiducia di ricordarsi? Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se esistessero donne così, io invece, non ti dimenticherò mai (Is 49,15). E Gesù gli rispose:

In verità io ti dico: oggi stesso sarai con me nel paradiso (v.43) 

Dimas, il “buon ladrone”, che ho scelto come mio santo protettore, ha un messaggio perenne da dare anche a te che hai letto oggi il vangelo; a te che hai avuto la pazienza di leggere questo mio lungo e povero commento: non aver paura, il Re si ricorda di te.

(*Dimas o Dismas, è il nome tradizionalmente attribuito nella chiesa al “buon ladrone” del vangelo di Luca)

 

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(En vivo) 

Han apenas terminado de crucificar a Jesús. El fuerte trasiego difundido a lo largo de todo el calvario se convierte en agitación cargada de espera. El Rabí está colgado, cansado e impotente, al madero maldito (cfr. Dt 21,23), en un mar de sufrimiento. El Benefactor ha sido puesto en el lugar del malhechor: está condenado al suplicio más vergonzoso que se conociera entonces. ¿Dirá o hará algo desde allí?

La gente estaba ahí mirando (v.35). ¿Qué miraba? ¿Cómo estaba mirando? Como todos aquellos que, siempre mironean, viven observando a los demás desde los balcones seguros de las propias ideas. Como todos aquellos que están siempre a espíar desde la cortina de una ventana, mirando qué están diciendo y haciendo los demás, cómo lo están diciendo y cómo lo están haciendo, siempre atentos a no ensuciarse las manos, sino más bien esperando el momento propicio para criticar a ultranza. Como todos aquellos que espían el hablar y el actuar de los demás, para agarrarlos en el error, pero cuidandose de no salir primero descubiertos. Como todos aquellos que se esperan siempre una prueba más para poder confiar de alguien, porque se fian solo de sí mismos. O como todos aquellos que se acomodan oportunamente sobre interpretaciones de la realidad ofrecidas por otros, en general de personas que cuentan, o sea cuando “subir al carro con todos es más tranquilizador y de menos responsabilidad”. O también como todos aquellos que hoy asisten a la muerte atroz de millones y millones de seres humanos engullidos por el mar, sin ser minimamente tocados por sus dramas y más bien desvelándose a cerrar los propios y los ajenos ojos, en busca de nuevas justificaciones. Como…

Los jefes, por su parte, se burlaban diciendo: “Ya que salvó a otros, que se salve a sí mismo, para ver si es el Cristo de dios, el Elegido” (v.35). Las autoridades religiosas, no contentos del improvisado y falso proceso contra Él, no son rosados por ninguna duda. Más bien, llegan al colmo: lo escarnecen también en su horrible suplicio. Si Jesús es verdareramente lo que todos esperan, bajará de la cruz y demostrará a todos quién es verdaderamente. Porque el mesias, si es tal, no puede ser uno que desbarata a sus enemigos dejando a todos con la boca abierta. El elegido de Dios, o es así, o no lo es. ¡Si se salvará la piel, le creeremos! Jesús oye un misterioso regreso de palabras: si tu eres el Hijo de Dios, tírate de aquí para abajo; está escrito de hecho “Dios ordenará a sus ángeles que te protejan. Ellos te llevarán en sus manos para que no tropiecen tus pies en alguna piedra” (Lc 4,9b.10-11). Pero Jesús no habla. No baja. Y ni siquiera los ángeles bajan del Cielo para socorrerlo.

Los soldados también se burlaban de él. Cuando le ofrecieron de su vino agridulce para que lo tomara le dijeron: “Si tú eres el rey de los judíos, sálvate a ti mismo” (vv.36-37). Los soldados, presencia de la autoridad política dominante, agregan otra burla a aquella de los jefes religiosos. Veámos si verdaderamente es un rey, como dice ese cartel colgado encima de la cruz (v.38). Si lo es, se salvará el pellejo, como hacen todos los reyes y los dominadores de este mundo. De hecho, cuando las cosas se ponen mal, ¿no son quizás los pirmeros en escapar? ¿no son quizás los primeros en ponerse al seguro ellos mismos y la propia familia junto a sus riquezas? Bien, entonces si este Jesús es un rey, no puede continuar estando allí, sino que bajará de allí. Los veraderos reyes, siempre saben como arreglárselas; tendrán siempre con ellos medios, soldados, subditos y territorios sobre el cual reinar. A Jesús regresarán a sus oídos otras palabras: te daré poder sobre estos pueblos y te entregaré sus riquezas, porque me han sido entregadas y las doy a quien quiero. Todo será tuyo si te arrodillas delante de mí (Lc 4,6-7). Pero el Señor se queda allí. No habla y no baja. Ningún poder, ninguna gloria, ningún guardia del cuerpo, ninguna posesión que defender y poner al seguro.

El malhechor de la izquierda toma afanosamente la palabra. También él lo insulta: ¿Así que tú eres el Cristo? ¡Sálvate, pues, y también a nosotros! (v.39). La voz del malhechor explícita el pensamiento del pueblo pusilánime y sordo que está a mirar, retumbando el de los jefes y de los soldados. Si Jesús es el mesías, ahora debe salvarse y debe salvar también a nosotros. Porque creemos (y queremos) solo a un Dios que nos salve de todas las experiencias de muerte: de la enfermedad y del terremoto, del accidente automovilístico y de la muerte casual, de la maldad de los violentos como de aquella de los políticos ladrones e injustos, de cada desilusión de amor y de cualquier quiebre de la salud y de la economía, de cada dolorosa pérdida y de todo lo que nos hace sufrir. Porque si Dios existe, debe hacer este trabajo. ¡Sino no es Dios! Sino ese hombre allí que cuelga del madero, que dice ser el hijo enviado de Dios, es un ¡impostor! Pero Jesús no habla. No baja de la cruz. No pone a salvo su vida. Sin embargo, está salvando la nuestra: mors mea vita vestra.

He aquí, que también el malhechor de la derecha tiene algo que decir. El atroz sufrimiento que lo envuelve no le ha impedido escuchar las palabras desdeñozas dirigidas a Jesús: ¿por qué así tanto tesón? Siente también provenir los insultos del otro malhechor, ahora no logra más aguantar: ¿no temes a Dios, tú que estás en el mismo suplicio? Nosotros lo tenemos merecido, y pagamos nuestros crímenes, pero Él no ha hecho nada malo (vv.40-41). Finalmente, ¡el Hijo de Dios ha encontrado un defensor! Tarde, pero lo ha encontrado. Aquél día, no se encontró una voz que lo defendiera más que el de un ¡delincuente! Parece que Dimas* entrevea algo que los otros no ven. De la boca de Jesús ninguna palabra ofensiva, ninguna maldición. ¿Cómo así? Jesús se queda allí con ellos, en la tortura de aquel suplicio, y no busca salvarse. Hay algo que no cuadra. ¿Por qué todos lo han abandonado? ¿Qué es lo que lo hace patir aquel infierno junto a esos dos? ¡No debería estar allí! Algo sobre el rostro desfigurado del Señor se transfigura a los ojos del ladrón. Ahora Dimas ve lo Invisible y oye lo Inaudito. Ahora, después de haber proferito la inocencia del Señor y la personal culpa del mal, Dimas ve lo que el ojo no ha visto, el oído no ha oído, a nadie se le ocurrió pensar lo que Dios ha preparado para los que lo aman (1Cor 2,9). Desde la profundidad de su corazón surge la misteriosa sabiduría que se aprende solo sobre el madero de la cruz. Ahora Dimas ve claramente, a lado suyo, un Rey:

Jesús, acuérdate de mí cuando llegues a tu reino (v.42) 

Pide una sola cosa: de no ser olvidado. Porque no hay nada que haga sufrir mayormente el ánimo humano más que el sentir no estar en el corazón de nadie. El buen ladrón se lanza hacia Jesús con confianza, lo llama por nombre, está seguro que ese reino suyo existe: quizás habrá un lugarcito también para él. Recuerdo todavía (diciembre 2008) la primera vez que dejé el pueblo peruano, después de casi 6 años entre ellos; recuerdo el rostro y las palabras de aquellos pobres que me saludaban bendiciéndome: “padre Giacomo… por favor, no te olvides de nosotros”. ¿Y cómo olvidar? Si yo que soy solo un pecador no puedo olvidarlos, puede quizás Dios olvidarse de quien le pide con confianza de acordarse? Pero, ¿puede una mujer olvidarse del niño que cría, o dejar de querer al hijo de sus entrañas? Pues bien, aunque alguna lo olvidase, ¡Yo nunca me olvidaría de ti! (Is 49,15) Y Jesús le responde:

En verdad, te digo que hoy mismo estarás conmigo en el paraíso (v.43) 

Dimas, el “buen ladrón”, que eligi mi único santo protector, tiene un mensaje perenne que dar a ti que has leído hoy el evangelio, a ti que has tenido la paciencia de leer este largo y pobre comentario: no tengas miedo, el Rey se acuerda de ti.

(*Dimas o Dismas, es el nombre tradicionalmente atribuido en la iglesia al “buen ladrón” del evangelio de Lucas)

3 Comments

  1. Mi chiedo spesso come può una mente imbevuta di realtà odierna accettare una figura di Re come quella presentata nel brano di oggi. Il Re apparentemente sconfitto e abbandonato da tutti non attira nessuno e invece Lui ha detto “attirero’ tutti a me..”
    C’è qualcosa di misterioso ed inspiegabile in tutto ciò e forse è meglio mettersi tranquilli e non elucubrare più di tanto…anche perché vedere un pover’uomo crocifisso senza aver commesso reato alcuno, “schernito nel suo supplizio”, provoca angoscia da una parte e rabbia dall’ altra. Tornando allora ai “giorni nostri “, guardandoci attorno, quanti Gesù vediamo? Ne possiamo vedere tanti!Come forse ho già detto in altre occasioni, di Gesù io ne ho davanti tutti i giorni, piegati e piagati in un letto, dipendenti dall’ umanità di altri, consumati dalla vita e dalla solitudine, in attesa anche solo di uno sguardo: eppure “non hanno fatto nulla di male…”
    Poi ci sono quei Gesù che si trovano da un momento all’altro senza lavoro oppure privati di un affetto, oppure ………………..eppure “non hanno fatto nulla di male…”
    Allora forse capisco perché il nostro Gesù non è sceso dalla sua Croce, non ha accolto l’ennesima provocazione /tentazione del demonio.
    Non è possibile che certe condizioni di vita non valgano niente!Non è possibile! Anche se vogliono farci credere questo, non è possibile che il malato terminale non valga più nulla ed è meglio se muore in fretta!Non è possibile che chi ha un lavoro modesto o una posizione sociale bassa non valga niente!Non è possibile che chi non riesce a badare a se stesso perché diversamente” abilitato” dalla vita non valga niente!Non è possibile che chi non vuole “far carriera” ma badare alla propria famiglia non valga niente! O chi sceglie un figlio invece della carriera, accettando il figlio inaspettato che arriva, non valga niente!
    E allora Gesù diventa il “significato” di tutto ciò, la rivalsa. Non è più vero che l’indifeso non vale niente. L’apparentemente sconfitto diventa il vero Re. È bello rileggere a questo proposito il brano di San Paolo agli Efesini….”se Cristo non è risorto è vana la nostra fede”.
    Sapere che in ogni condizione umana di fragilità c’è Cristo ed è quel Cristo che riesce a trasformare il male di ogni genere in speranza, è molto confortante.
    Ed è invece molto triste che tanti non accettino di essere tirati sulla Croce insieme a Gesù

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  2. Tanti si sono scandalizzati e ancora si scandalizzato nel vedere la croce di
    Cristo.
    Il Vangelo di oggi ci presenta un Gesù crocifisso, il suo trono regale è la croce.
    I discepoli di Gesù sono impauriti,
    fuggono, sono costernati, si nascondono per non vedere la morte del Maestro.
    Seppure la croce faccia ribrezzo per alcuni, per altri è ancora motivo di fascino…ma questo come è possibile?
    “Ma Gesù non parla. Non mette in salvo la sua vita. Eppure sta salvando la nostra”. (dal tuo commento)
    “Gesù ricordati di me quando entrerai nel tuo regno” (v42)
    E’ la domanda di Dimas, il buon ladrone, ma può essere anche la nostra domanda.
    L’amore lo si apprende nel servizio,
    nell’oblazione, nel sacrificio.
    Da una lettera di Padre Mauro…
    “Gesù non compie nessun miracolo, nessun gesto spettacolare per passare da questo mondo al Padre nè
    indica ai suoi particolari esperienze rituali o da iniziati per introdurli in quel passaggio.
    Spiega invece in quel suo gesto che è
    solo la totalità e la gratuità dell’amore l’unico coefficiente capace di attuare questo esodo pasquale per
    vivere la stessa vita di Dio.
    Come lui, per lui e in lui, ciascuno di noi, tutti i giorni, tutte le volte che proviamo l’indispensalità di passare
    da questo mondo al Padre, amando fino alla fine, possiamo entrare”.

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